Le primarie riavvicinano la gente alla politica, in attesa di riforme vere

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Le primarie riavvicinano la gente alla politica, in attesa di riforme vere

06 Giugno 2011

La politica italiana continua a soffrire di una forte opacità nei confronti dell’opinione. Si tratta di un infelice retaggio della prima Repubblica che ancora ci portiamo appresso. La distanza tra le trame che si tessono nei palazzi romani e i desiderata dell’opinione rimane forte. Un retaggio negativo peggiorato dal fatto che non ci sono argini alla nascita di formazioni politiche personali che affollano pesantemente l’arena pubblica.

Rispetto a una simile situazione non è difficile indicare delle riforme che potrebbero incoraggiare una maggiore permeabilità tra opinione pubblica e universo politico, creando un’osmosi virtuosa. Ottimo sarebbe, per le elezioni politiche, un ritorno al collegio uninominale. In questo modo la scelta del premier sarebbe accompagnata e, per così dire, filtrata dalla candidatura locale. Da un lato migliorando la qualità della rappresentanza, dall’altro favorendo un legame con il territorio rappresentato. Un altro assai auspicabile aggiustamento potrebbe riguardare le elezioni locali. Qui l’elezione diretta del sindaco o del presidente della Regione non ha creato le condizioni per un salutare sfoltimento del formato partitico, perché le leggi elettorali per i consigli, favorendo la creazione di liste di sostegno ai candidati extra partitiche, incoraggiano la frammentazione. Nate con l’idea di fare spazio alla società civile, le liste di sostegno si sono di fatto rivelate enclaves che favoriscono minicosche partitocratiche, lobby sezionali, coagulazioni clientelari. Un ciarpame non solo inutile, ma dannoso perché costituisce il brodo di coltura di una scomposizione permanente del quadro politico, innestando una dinamica centrifuga che potrebbe risultare eversiva. Non meno opportuna sarebbe una riscrittura dei regolamenti parlamentari volta a scoraggiare o impedire le scissioni, rendendo impossibile la creazione di nuovi gruppi parlamentari al di sotto di un cospicua numero di eletti. Tuttavia, per nessuno di questi pur auspicabili aggiustamenti sembrano sussistere al momento le condizioni favorevoli. Pertanto, abbandonando il libro dei sogni, sarà opportuno concentrarsi su di una innovazione che appare più perseguibile, come quella della introduzione delle primarie.

Apparentemente la scelta delle primarie sembra sconsigliata dall’esperienza, visti i risultati non esaltanti che il Pd ha ottenuto ricorrendo a questo sistema. In Puglia all’epoca delle regionali e a Milano più recentemente i democratici hanno visto i propri candidati scavalcati da esponenti massimalisti. Da guinness dei primati il risultato negativo ottenuto a Napoli. Nel capoluogo campano le faide interne al partito di Bersani hanno liquidato un ottimo candidato riformista spianando la strada a un magistrato datosi alla politica. Così il nuovo sindaco partenopeo è l’esponente di un partito giustizialista, un orientamento politico (ammesso che lo si possa definire tale) che confligge strutturalmente con l’ordinata divisione dei poteri propria delle democrazia rappresentative.

Pure, non bisogna trarre conclusioni affrettate da questa esperienza. Non solo in base a una valutazione politica generale, cioè il triste cupio dissolvi che caratterizza le scelte della dirigenza del Pd dopo l’abiura alla vocazione maggioritaria, ma per una ragione più sostanziale. Le primarie tenute dal Partito democratico sono una selezione a carattere privato. Tuttavia, in queste materie il bricolage, per quanto volonteroso e ben intenzionato, non basta, perché non presenta le garanzie che circondano le elezioni, risultando esposto a inquinamenti ambientali. Ad esempio, non raccomanderemmo questo tipo di primarie private per scegliere il candidato sindaco a Casal di Principe. Le primarie vanno regolamentate per legge. In questo modo possono creare un’intermediazione virtuosa tra ceto politico e correnti di opinione. Il partito di massa e di integrazione sociale è tramontato ma la politica necessita sempre di un legame con la società, che delle primarie regolate per legge possono aiutare.

Inoltre questo delle primarie potrebbe riaprire un dialogo sulle riforme con l’opposizione ricominciando a tessere la tela interrotta di quella parziale riscrittura della Costituzione che aspettiamo da troppo tempo. Un nodo da sciogliere che verrà al pettine inevitabilmente se oltre a formalizzare le primarie per la selezione dei candidati alle cariche locali (comune, provincia, regione) si dovranno prendere in considerazione le primarie per la scelta del candidato a premier. In sostanza anche analizzando un aggiustamento parziale come l’introduzione delle primarie ci si accorge che il sistema politico italiano è sempre in ritardo di una riforma costituzionale.