Le Ragioni del Libertarismo Pro Life
10 Aprile 2011
Il primo errore di valutazione che si può commettere contemplando la teoria politica libertaria è credere che una dottrina il cui fine è il perseguimento della libertà individuale possa soltanto contemplare interpretazioni relativiste, che in bioetica delegano le scelte di vita o di morte alla sola libertà decisionale dei singoli. In verità, nel libertarismo di matrice angloamericana non sono assenti le correnti pro life, ma ciò non deve indurre a credere che i loro fautori siano, per così dire, dei libertari di serie B, più propensi al cosiddetto paleoconservatorismo[1]che a un presunto libertarismo ortodosso. Le lotte intestine alla teoria politica prospettano uno scenario in cui ogni corrente anela a dominare le rivali, al fine di poter conquistare un primato che attesti le maggiori veridicità e ortodossia delle proprie affermazioni. Nella stessa misura in cui la scienza è giunta a conclusioni discordanti circa le tematiche più dibattute della bioetica, dovremmo comprendere che è naturale anche per le teorie politiche dividersi in correnti propense a posizioni talvolta agli antipodi, senza reputare più fedeli alla linea le une o le altre.
Giuridicamente, il libertarismo considera la vita di ogni individuo come sua proprietà e di conseguenza asserisce che qualsiasi tipo di attacco sferrato a essa debba essere punito. Partendo da questo assunto, si può constatare che per un libertario è lecito avere un’opinione favorevole o contraria all’aborto a seconda di una presa di posizione del tutto personale che esula dalla teoria politica, ma che riguarda, anzi, il momento della gestazione in cui egli considera quella del nascituro una vita umana a tutti gli effetti.
I libertari pro life hanno le loro ragioni per dichiararsi antiabortisti, a prescindere dalla convinzione principale secondo cui la vita ha la sua origine nel momento del concepimento. Occorre, infatti, precisare che, eccezion fatta per i casi di abuso sessuale, i partner che hanno un rapporto sono sempre consapevoli delle eventuali – e talvolta indesiderate – conseguenze. La scienza ha dimostrato che nessuna pratica contraccettiva è sicura al 100%[2]e di conseguenza, in un’ottica di responsabilità individuale come quella del libertarismo, gli amanti devono assumersi la responsabilità dei propri gesti piuttosto che riversarla sul malcapitato nascituro, la cui vita, se riconosciuto come un individuo, è in diritto di essere tutelata. Enunciata questa argomentazione – spesso non menzionata da quanti sostengono la libertà di scelta – il pensiero dei libertari pro life si profila più ragionevole e meno dogmatico. Le azioni hanno sempre delle conseguenze e tale assunto è valido sia nel caso in cui queste ultime siano conosciute e calcolate, sia nel caso in cui vengano ignorate. Non è dunque coerente con la teoria libertaria asserire che la libertà di abortire tutela le donne che non conoscono le eventuali conseguenze di un rapporto sessuale. Se questo principio di tutela dell’ignoranza altrui venisse applicato per giustificare e legalizzare l’aborto, allora dovrebbe essere applicato anche a tutte quelle pratiche nocive per gli individui – quali l’uso di droghe o di sostanze alcoliche – di cui essi potrebbero ignorare gli effetti devastanti, proprio come una donna che rimane suo incinta suo malgrado. Questo procedimento logico risulta chiaramente in antitesi con il principio fondante del libertarismo che, ribadiamo, consiste nella responsabilità individuale intesa come capacità di farsi carico delle conseguenze scaturite dalle proprie azioni.
Il rischio comportato dalle correnti abortiste nel vasto mondo del libertarismo americano è quello di smarrire il senso più intimo della teoria politica in questione e lasciare spazio a derive relativiste e libertine che abbracciano la suddetta filosofia per condividerne le libertà ma non gli oneri che esse comportano. Taluni libertari giustificano l’aborto – sebbene lo condannino moralmente – perché promulgando una legge che ne vieti il compimento si acconsentirebbe a un intervento statale, coercitivo nei confronti degli individui; tuttavia, in una qualsiasi società in cui vigesse il diritto naturale, fosse anche essa priva di stato, l’omicidio sarebbe punito e l’aborto, qualora quella aggredita fosse considerata una vita, non farebbe alcuna eccezione. Tal altri sostengono che il feto sia a tutti gli effetti proprietà della madre, in quanto alimentato grazie al sostentamento ricevuto da quest’ultima[3]. Tuttavia, scientificamente, la madre non è in grado di decidere se destinare parte della sua alimentazione al feto tramite il cordone ombelicale; se anche smettesse di alimentarsi per impedire al feto di crescere, morirebbe anche essa di stenti. Alla luce di questa considerazione sembrerebbe più opportuno parlare di rapporti di interdipendenza tra feto e madre, piuttosto che subordinazione del primo nei confronti della seconda. Anche in questo caso è cruciale la caratteristica che si attribuisce al nascituro, poiché, se viene considerato come un individuo, non può essere subordinato senza il proprio consenso a nessun altro essere umano; affermare il contrario legittimerebbe la schiavitù: fenomeno che il libertarismo, per ovvie ragioni, condanna fermamente.
E’ possibile, inoltre, fare un’obiezione a quanti vorrebbero applicare alla tematica dell’aborto la metafora kantiana del legno storto dell’umanità, secondo cui le leggi non sono in grado di correggere i comportamenti umani [4] . Questo principio è senza alcun dubbio valido per le questioni di carattere prettamente morale in cui potremmo iscrivere i vizi umani, ma fanno eccezione quei comportamenti che implicano danni a terzi[5] e dunque, benché sia utopico credere che potranno mai essere sradicati dalla natura umana, devono essere puniti; nessun libertario, infatti, da buon sostenitore dei natural rights, metterebbe in discussione la necessità all’interno di una società di principi giuridici che puniscano quanti trasgrediscono l’assioma di non aggressione [6]. Se però è ugualmente vero che le leggi tendono a creare un costume nella società, un provvedimento che rende legale l’aborto con l’auspicio di sconfiggere le operazioni clandestine, insicure per le donne, rischia di inoltrare un messaggio errato al paese, ovvero che qualsiasi comportamento diviene buono, giusto, e morale quando è una maggioranza a deciderlo attraverso la promulgazione di una legge e, soprattutto, quando si attinge dai soldi dei contribuenti per finanziarlo. In ogni caso, permettere alle donne di abortire per scoraggiare l’abuso di pratiche di interruzione della gravidanza è come curare l’anemia con un salasso.
Un ulteriore dibattito interno alla questione dell’aborto riguarda la legittimità di porre fine alle gravidanze nel caso in cui l’amniocentesi attesti che il feto è portatore di malattie o malformazioni che non possono essere guarite o corrette con il ricorso a cure specifiche. Anche in questo caso, se il feto malato fosse riconosciuto come un individuo, l’aborto equivarrebbe a una soppressione e si incapperebbe in una distinzione “genetista” [7] tra feti geneticamente superiori, e quindi degni di vedere la luce, e feti geneticamente inferiori, che verrebbero espulsi dal grembo materno secondo una concezione per cui la vita può essere considerata tale soltanto se dispone di una perfetta salute fisica e mentale. Anche nella migliore delle ipotesi in cui i genitori optino per l’aborto al fine di evitare sofferenze al bambino una volta in vita, al nascituro sarebbe negata la possibilità di giudicare da sé la dignità della sua vita in determinate condizioni; una coercizione, quella di subire le conseguenze di decisioni altrui, che il libertarismo non tollera. Per di più la medicina, benché sia una scienza, è sempre soggetta a un margine d’errore, per cui si rischia di impedire il proseguimento di molte gravidanze per colpa di un fatale errore di calcolo. Si sono infatti registrate centinaia di casi in cui, al momento della nascita, diagnosi mediche drammatiche sono state smentite dalle perfette condizioni di salute del neonato.
In conclusione, per non dare adito a polemiche e causare ulteriori fratture interne al vasto universo libertario, basterebbe comprendere che quella dell’aborto è la madre delle questioni che dimostrano come le teorie politiche non sempre detengono la soluzione con la quale interpretare ogni fenomeno della realtà. Tuttavia occorre porre attenzione affinché il dibattito sull’aborto non assuma i connotati di uno scontro culturale fondato su due visioni in eterno contrasto: quella religiosa e quella laicista. L’intenzione delle argomentazioni sopra riportate è infatti quella di chiarire che le ragioni del libertarismo pro life sono tutt’altro che fondate su un sentimento religioso e irrazionale, in contrasto con l’assiduo uso della ragione proprio della tradizione liberale e libertaria. Affondano, anzi, la loro origine in un’interpretazione dei natural rights perfettamente in linea con quella del libertarismo pro choice, ma rivendicano la concessione anche ai nascituri dei diritti inalienabili di cui gode ogni essere umano. In sostegno di questa tesi accorre, infatti, l’attività di numerose associazioni di cittadini americani i quali, benché si professino atei o agnostici, in bioetica rivendicano posizioni pro life. Tra queste ultime si annoverano Libertarians For Life dell’atea e oggettivista [8] Doris Gordon, nata nel 1976 con l’intento di persuadere il Libertarian Party ad acquisire posizioni pro life, e la Atheist and Agnostic Pro-Life League, che raccoglie un consenso trasversale tra repubblicani, libertari ma anche democratici.
La questione, dunque, è squisitamente giuridica e il volerla a tutti i costi tacciare di dogmatismo religioso equivale a liquidarla senza comprenderne la profondità e attribuirle la dovuta importanza, con il rischio di instaurare un paradossale dispotismo etico a ruoli invertiti, in cui le uniche ragioni a non essere ritenute valide sono quelle di chi al diritto dei genitori antepone quello dei nascituri.
NOTE
[1] Il Paleoconservatorismo è una corrente del conservatorismo americano nata negli anni ‘50 del Novecento per prendere le distanze dal nascente movimento neoconservatore. I paleocon sono, infatti, avversi alle politiche estere interventiste e al welfare. Al suo interno vi è una frangia di strenui sostenitori del libero mercato: i paleolibertarians.
[2] Per una prospettiva scientifica sulla fallibilità dei metodi contraccettivi secondo l’indice Pearl cfr. la tabella riportata alla pagina web http://en.wikipedia.org/wiki/Comparison_of_birth_control_methods
[3] Cfr. M. N. Rothbard, L’etica della libertà, Macerata, Liberilibri, 1996, pp. 153-156
[4 ]«Da un legno storto come quello di cui l’uomo è fatto non può uscire nulla di interamente diritto» cit. I. Kant, Idea di una storia universale dal punto di vista cosmopolitico, in Scritti politici, Utet, Torino, 1952, p. 130
[5 ]Per un’analisi sulla distinzione tra vizi e crimini cfr. L. Spooner, I vizi non sono crimini, Liberilibri, Macerata, 1998, p. 3
[6 ]«Il credo libertario si basa su un assioma centrale: nessuno può aggredire la persona o la proprietà altrui. Lo si potrebbe chiamare “assioma della non-aggressione”. L’“aggressione” viene definita come l’uso o la minaccia della violenza fisica contro la persona o la proprietà di altri» cit. M. N. Rothbard, Per una nuova libertà, Liberilibri, Macerata, 1996, p. 47
[7 ]Per una definizione più approfondita del concetto di genetismo, cfr. il film di fantascienza Gattaca, USA, 1997, con Ethan Hawke, Uma Thurman e Jude Law, regia di Andrew Niccol.