Le ricette anti-crisi a cui il Governo deve guardare
30 Ottobre 2008
Il dato diffuso dall’Ocse sul divario tra le fasce di reddito nei paesi industrializzati, stando alle cifre fornite per l’Italia, è allarmante. Il Belpaese, sostiene l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo, ha una disparità di reddito tra le classi sociali che è il sesto più grande Gap tra i 30 paesi dell’Ocse. Una fotografia impietosa che dimostra come ormai siamo di fronte ad una stratificazione a due livelli: la fascia reddituale benestante da una parte, e quella meno abbiente dall’altra. E’ come se le classi medie fossero state all’improvviso inghiottite dagli sconvolgimenti dell’economia reale.
Le cause di questo divario le lasciamo alle analisi di più avveduti economisti. Ora è il momento ristudiare le mosse per la ripresa. Non sarà facile, hanno avvertito autorevoli istituti economici come il Fondo monetario internazionale, che ha messo in guardia dall’arrivo della recessione globale.
Il Governo Berlusconi, dopo aver assicurato garanzie al sistema bancario (operazioni necessarie, si badi) ha i numeri per studiare una strategie di ripresa dei consumi, di facilitazione di accesso al credito per le famiglie, di taglio della spesa improduttiva (la manovra economica d’estate ha anticipato quest’obiettivo), di revisione del Welfare State (che significa allungamento indispensabile dell’età pensionabile), di introduzione di misure a sostegno delle piccole e medie imprese, il vero motore dell’economia nazionale che non vuol dire incentivare la rottamazione dei frigoriferi e delle auto (ipotesi, per fortuna smentita da Palazzo Chigi), ma deve essere la principale preoccupazione dell’esecutivo.
Berlusconi guardi a Sarkozy e al premier Fillon che stanno lavorando ad un piano a sostegno delle famiglie bisognose che hanno difficoltà ad arrivare al famoso “fine mese” e che, tra le altre, cose prevede un capitale di 175 miliardi di euro a favore delle imprese.
Non è semplice, ma in questo determinato periodo storico è necessario coniugare una serie di ricette anti-crisi, compatibilmente, ovviamente, con la spesa pubblica che le misure comportano.
Per la fine dell’anno, è stato annunciato, il governo Berlusconi varerà la “Social Card” per le spese di prima necessità. Forse sarebbe stato più opportuno anticiparne gli effetti, ma meglio tardi che mai. Non basta questo provvedimento: il Governo deve pensare ad alimentare i consumi, quel “Delta”, moltiplicatore degli investimenti di keynesiana memoria, che darebbe impulso al sistema paese (più infrastrutture, più opere pubbliche, più consumi delle famiglie) filosofia che il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, non ha affatto escluso nel suo ultimo libro (“La Paura e la Speranza, edizioni Mondadori). Certo, è una politica che dà effetti in ritardo, ma da una parte è giusto cominciare.
Non è il ritorno dell’interventismo. E’ la mano necessaria dello Stato a rivoluzionare il sistema che trova d’accordo anche Confindustria. In un secondo tempo, pensano anche la Marcegaglia e gli altri, lo Stato centrale dovrà ritirarsi per lasciare il mercato libero di agire e di autoregolarsi. E poi, come dicevamo, sarà prioritario per il Governo varare misure a beneficio delle famiglie, dando subito attuazione al programma elettorale nella parte in cui prevedeva il “Quoziente familiare” (utile alternativa all’improbabile e difficoltoso taglio tout court delle tasse come chiede Veltroni), e poi attraverso politiche oculate di sostegno ai redditi (in questo quadro rientra anche la riforma dei contratti).
Ma la riforma più urgente è il ritorno all’allungamento dell’età pensionabile, che il precedente governo di centrosinistra ha abolito (intervenendo sciaguratamente sulla Legge Maroni). Lo sostiene il vicedirettore di Bankitalia, Ignazio Visco, per il quale «il mantenimento e l’espansione del livello di vita raggiunto nel Paese non può non richiedere che si lavori di più, in più e più a lungo». Un ragionamento opposto porterebbe al collasso del nostro sistema di tutela sociale.