Le spiagge abruzzesi sono un patrimonio da difendere

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Le spiagge abruzzesi sono un patrimonio da difendere

28 Febbraio 2011

di V. S.

Viso rassicurante e capelli bianchi. Ma un nome, che solo a pronunciarlo getta nel panico una buona fetta di imprenditori.

E’ il signor Frits Bolkestein, al secolo economista e politico olandese. Ma per i balneatori di tutta Italia, il suo nome evoca qualcosa di molto più sinistro. Prende il suo nome, infatti, la direttiva sulla libera circolazione dei servizi in seno all’Unione Europea, la cosiddetta Direttiva Bolkestein, che ha gettato nell’incertezza più assoluta un comparto importante e decisivo per l’economia nazionale.

Il conto alla rovescia verso la data del 2015, ormai inesorabilmente cominciato, per alcuni rappresenta un vero e proprio incubo. Perché se le cose non cambieranno, a partire dal primo gennaio 2016, le concessioni demaniali potrebbero essere messe a bando pubblico. Questo significa che a migliaia potrebbero passare attraverso la vendita all’asta: concessioni che vantano almeno 200 anni di storia potrebbero essere prese d’assalto da grandi gruppi turistici. Multinazionali contro piccole imprese familiari. Una lotta impari, che avrebbe l’effetto di sconvolgere l’assetto economico e sociale di intere città.

Una situazione inaccettabile, contro la quale l’Abruzzo sta combattendo una battaglia di buon senso, in difesa non solo delle prerogative del comparto, ma dell’intera stabilità economica regionale.

Per questo, questa mattina i titolari degli stabilimenti balneari di Emilia Romagna, Marche, Abruzzo e Molise – che è come dire la colonna portante del turismo adriatico -, sono scesi in piazza. Insieme chiedono che il loro lavoro riconosciuto e protetto. Un lungo fiume di gente che ha percorso gran parte della riviera nord di Pescara per poi presentarsi davanti ai cancelli della Regione Abruzzo

Cifre alla mano, infatti, non si può non riconoscere la portata dirompente di una norma, che andando a modificare, senza tener conto delle dovute specificità, l’organizzazione del settore, rischia di avere ripercussioni importanti. Le cifre, appunto: 28mila imprese in Italia e 800 solo in Abruzzo. Che tradotto in numeri occupazionali equivale a circa 400mila addetti al livello nazionale o quasi 12mila al livello regionale. Ma la riflessione più preoccupante riguarda l’indotto: i rappresentanti di categoria parlano di un fatturato annuo totale pari a tre milioni di euro che vale il 12 per cento del Pil nazionale.

Senza contare che, sotto la minaccia della direttiva, alcune aziende collaterali hanno già iniziato a rivedere i propri investimenti. Il rischio di mettere in ginocchio migliaia di famiglie è troppo grande per poter essere sottovalutato.

Lo sanno bene le istituzioni regionali, che da tempo sono scese in campo a difesa dei balneatori. A ricordarlo è il consigliere regionale Federica Chiavaroli, promotrice, insieme alla Provincia di Pescara, all’assessorato regionale al Turismo e alle associazioni di categoria di numerosi incontri e iniziative, proprio per sensibilizzare non solo l’opinione pubblica, ma anche le competenti sedi istituzionali sulla gravità della situazione. “La classe dirigente – ha spiegato il consigliere Chiavaroli – a tutti i livelli conosce bene la portata del problema e se ne è fatta carico. Sappiamo che ad essere in gioco è il futuro di una intera categoria. E che, soprattutto per la sua caratterizzazione, quella cioè di essere un’impresa a conduzione per lo più familiare, la nuove regole imposte dall’Europa provocherebbero uno strappo nel tessuto sociale della nostra regione. Quello che chiedo ai balneatori è perciò fiducia e collaborazione. Comprendiamo che mai come in questo caso il tempo è tiranno e che ogni giorno che passa ha l’effetto di aumentare l’ansia e la preoccupazione. Ma come abbiamo più volte ribadito, siamo pienamente consapevoli del problema e siamo attivi su tutti i fronti per risolverlo. La priorità in questo momento, sulla quale stiamo concentrando tutti i nostri sforzi, è quella di fare in modo che l’Italia possa uscire dalla procedura di infrazione”.  

Inoltre è già allo studio una soluzione per la normativa nazionale che è quella di una legge quadro. “Nello specifico – continua Federica Chiavaroli – il nostro obiettivo è quello di promuovere l’elaborazione di una regola generale che detti la nuova disciplina per le concessioni da mettere a bando e una norma transitoria per salvaguardare le concessioni esistenti, tenendo nel giusto conto la specificità delle spiagge italiane e nel nostro caso abruzzesi”.

E a sventolare la bandiera della “tipicità”, non solo idealmente ma anche materialmente, è Riccardo Ciferni, presidente del Ciba, il Consorzio delle imprese balneari dell’Adriatico.  “Non è più il momento di fare sconti a nessuno – spiega Ciferni -. Fino ad oggi abbiamo pazientato, ma ci siamo resi conto che un atteggiamento troppo responsabile può essere scambiato per debolezza. Il nostro è un servizio irrinunciabile Negli anni abbiamo investito, abbiamo migliorato le spiagge, le abbiamo mantenute pulite e soprattutto sicure. Noi chiediamo che questo ruolo ci venga riconosciuto e dalla politica e soprattutto dalle istituzioni abruzzesi, ci aspettiamo una risposta forte. E’ impossibile pensare che tra quattro anni l’Europa pretenda di cancellare imprese che lavorano da quaranta o cinquant’anni”.

Una strada da percorrere secondo l’associazione dei balneatori, è di escludere le concessioni dalla direttiva, senza modificare la stessa. E l’appiglio normativo potrebbe essere rappresentato dall’interesse nazionale che caratterizza il servizio, al pari di altre categorie, come i farmacisti e i notai e gli edicolanti, per i quali il governo italiano ha già agito con successo.

“Siamo grati alla sensibilità di alcuni politici – conclude Ciferni -, come i senatori Quagliariello, Tancredi, Di Stefano e Gasparri che si sono fatti interpreti con il governo delle nostre preoccupazioni. Ci dispiace invece che il ministro per i Rapporti con le Regioni, Fitto, non sia stato altrettanto comprensivo. Ma noi siamo convinti delle nostre posizioni. Negli anni abbiamo investito, abbiamo migliorato le spiagge, le abbiamo mantenute pulite e soprattutto rese sicure. Noi chiediamo che questo ruolo ci venga riconosciuto”.

Quando si parla di tipicità italiana, dunque, a questo si fa riferimento, alla passione con cui i balneatori vivono quotidianamente il loro lavoro. Che forse è diversa da quella di un operatore del Nord Europa. O per lo meno, varrebbe la pena di verificare.