Le strategie del premier per rompere l’assedio giudiziario prima del 6 aprile

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Le strategie del premier per rompere l’assedio giudiziario prima del 6 aprile

17 Febbraio 2011

Come treni in corsa i magistrati milanesi tirano dritto in direzione del procedimento a carico di Silvio Berlusconi. E lo fanno, lo ha detto l’altro ieri il Guardasigilli Alfano, non curanti del voto con cui, lo scorso 3 febbraio, la Camera ha respinto la richiesta di perquisire l’ufficio di Giuseppe Spinelli (il presunto "cassiere" delle ragazze dei party di Arcore), indicando come competente il Tribunale dei ministri. Secondo il gip Cristina Di Censo, invece, la competenza è da attribuire al tribunale di Milano, quindi avanti tutta.

Un attimo. E’ legittimo o no un procedimento del genere nei confronti del premier? Non è certo la politica che può deciderlo, ma è evidente che è in corso un conflitto fra poteri dello Stato e che, molto probabilmente, il caso Ruby finirà in Corte costituzionale. E’ quanto ipotizza il costituzionalista Tommaso Edoardo Frosini, al quale ci siamo affidati per capire quali potrebbero essere le strade percorribili dal premier e dai suoi legali per resistere alla trappola giudiziaria tesa dai magistrati milanesi che lo attendono al varco. Le opzioni potrebbero essere quattro, procediamo con ordine.      

Secondo il professor Frosini lo scenario più probabile è quello in cui la Camera sollevi un conflitto d’attribuzione presso la Corte costituzionale, poiché la Procura di Milano non ha tenuto conto della disposizione di Montecitorio affermata con il voto del 3 febbraio. La procedura è la seguente: attraverso una delibera dell’Ufficio di Presidenza la Camera potrebbe far ricorso alla Corte costituzionale costituendosi “parte lesa”. Poi, dovrebbe dar mandato a un legale esterno affinché scriva il ricorso e, infine, attendere che la Consulta si pronunci. A questo punto però, al di là delle considerazioni di carattere tecnico, ce n’è una tutta politica da valutare: l’Ufficio di presidenza è presieduto da Gianfranco Fini e dalle file della maggioranza molti sostengono che il procedimento fin qui illustrato, per quanto sembri essere il più corretto dal punto di vista istituzionale, possa invece diventare un un boomerang il premier.

Il percorso non è in discesa, dunque, ma le vie d’uscita non si esauriscono qui. Un altro scenario potrebbe essere quello in cui i legali di Berlusconi, durante la prima udienza del processo che si terrà il 6 aprile al tribunale di Milano, sollevino un conflitto d’attribuzione perché riconoscono nel Tribunale dei ministri il “giudice naturale” di quel processo. In questo modo la palla passerebbe nel campo della Consulta, chiamata a stabilire quale dovrebbe essere tra le due competenze la più legittima.

Terza ipotesi: il legittimo impedimento. Gli avvocati del Cavaliere, sempre in sede processuale, potrebbero sollevare la questione di un impedimento del premier a comparire in aula a causa di un impegno di carattere istituzionale e, dice Frosini, guadagnare tempo utile. Anche in questo caso, infatti, la decisione finale spetterebbe alla Corte costituzionale. Una quarta e ultima possibilità è stata spiegata dal Foglio: chiedere alla Camera l’improcedibilità nei confronti del Presidente del Consiglio in base all’articolo 96 della Costituzione. Se la maggioranza di Montecitorio accogliesse la richiesta, sarebbero i magistrati a sollevare il conflitto d’attribuzione presso la Consulta. Ma la mossa potrebbe essere comunque rischiosa perché in questi casi il voto è segreto e il rischio di agguati esiste.

Insomma, quale sarà la mossa, è difficile dirlo. Ma ieri in conferenza stampa a Palazzo Chigi, mentre tutti si aspettavano qualche colpo di scena, Silvio Berlusconi ha detto di non essere preoccupato, glissando sulle questioni di ordine giudiziario. Sicuramente, qualcosa bolle in pentola.