Le tre strade della Consulta per giudicare il Lodo Alfano

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Le tre strade della Consulta per giudicare il Lodo Alfano

06 Ottobre 2009

 

La decisione della Consulta sul Lodo Alfano ha, in astratto, tre possibili esiti. Proviamo a ipotizzarli. Il primo, il più auspicato dai nemici del Presidente del Consiglio, consiste nella secca dichiarazione di incostituzionalità del contenuto principale della legge: ovvero la caduta della sospensione dei processi penali per reati comuni, prevista fino al termine del mandato a favore delle alte quattro cariche politico-istituzionali. A sostegno di tale soluzione militano le considerazioni contenute nelle ordinanze contro le quali i tribunali di Milano e Roma hanno rimesso alla Corte la questione.

Il lodo – questo è il ragionamento che la Corte potrebbe fare – prevede una irragionevole sospensione automatica ex lege dei processi per reati comuni, senza possibilità di una valutazione caso per caso sull’opportunità di tale sospensione. La lesione al principio dell’eguale soggezione di tutti i cittadini alla giurisdizione sembrerebbe così una lesione inaccettabile. Inoltre, il lodo introdurrebbe con legge ordinaria dello Stato quella che sostanzialmente appare un’immunità, scelta che sarebbe possibile prevedere solo con una legge costituzionale, la quale avrebbe richiesto altra procedura e altre maggioranze. Se la soluzione fosse questa, si immaginino le ricadute sugli equilibri politico-istituzionali, in un clima già reso incandescente dalla sentenza civile sul lodo Mondadori, che ingiunge a Fininvest un ingentissimo risarcimento a favore di Cir. Quale ricaduta giudiziaria, il processo Mills potrebbe teoricamente riprendere da subito, con il premier imputato, anche se in concreto il collegio dovrebbe essere radicalmente sostituito, perché condannando nel frattempo Mills si è già di fatto pronunciato anche sulla colpevolezza di Berlusconi, e non fornirebbe più garanzie di imparzialità.

La seconda soluzione possibile è che la Corte dichiari non fondate le censure sollevate dai giudici, salvando quindi il lodo nella sua integralità. Qui, la strada maestra consisterebbe, per la Consulta, nell’attestarsi sul proprio precedente del 2004. Quella sentenza dichiarò incostituzionale il precedente Lodo Schifani non per ragioni di principio ma per specifici motivi, che il nuovo legislatore ha tenuto diligentemente presenti: la carica istituzionale imputata può ora rinunciare alla protezione in ogni momento, la durata dello scudo processuale sembra non più indefinita, poiché la legge stabilisce che la sospensione opera per la durata della carica o funzione e non è reiterabile, salvo il caso di nuova nomina nel corso della stessa legislatura, né si applica in caso di successiva investitura in altra delle cariche o funzioni. Ancora, la vittima del reato ha ora agevolazioni procedurali per trasferire la causa in sede civile, onde ottenere comunque in tempi stretti un risarcimento.

In definitiva, non si tratterebbe di una immunità, ma di una peculiare ipotesi di sospensione processuale, adeguata alle prescrizioni della Corte, ciò che renderebbe non necessaria la legge Costituzionale. Conseguenza di questa pronuncia sarebbe la delusione di tanti “giuristi militanti”, una maggior serenità della maggioranza e del governo e, quale ricaduta processuale, la circostanza che il processo Mills rimarrebbe sospeso fino al termine della legislatura.

Ma c’è una terza ipotesi possibile, cioè una soluzione di compromesso che raccolga l’accordo della maggioranza dei giudici della Corte. Non essendo a conoscenza di indiscrezioni, lavoro di fantasia. L’ipotesi potrebbe per esempio essere che la durata dello scudo presenti tuttora qualche problema. Si faccia il caso che il presidente del Consiglio, in prossimità della scadenza della legislatura, assurga alla presidenza della Repubblica. Per un’ipotesi del genere, la legge è ambigua: letteralmente non esclude infatti la reiterabilità dello scudo per il caso di “nuova nomina” nella stessa legislatura. Cosa si intende? Solo una nuova nomina nella stessa funzione già ricoperta, o una nuova nomina anche per altra carica? In questo secondo caso, la sospensione seguirebbe il neo-eletto per l’intera durata del nuovo mandato da Capo dello Stato, andando con ciò ben oltre la durata della legislatura. Questo ovviamente allungherebbe i tempi della sospensione, rendendola quantitativamente assai rilevante.

Se la Corte facesse cadere questa ambiguità, salvando tuttavia il contenuto essenziale della legge, tutti potrebbero dire di aver vinto. La Corte avrebbe dichiarato parzialmente incostituzionale il Lodo ma la sospensione processuale continuerebbe ad operare finché il premier, in questa legislatura resti in carica.

(da Libero)