Le vittime in Libia salgono a 10mila
23 Febbraio 2011
di Jasmine Trio
Dieci mila morti e 50mila feriti: questo lo spaventoso bilancio, secondo quanto riferisce la tv satellitare Al Arabiya, della rivolta libica, nella furia che il regime ha scatenato bombardando i manifestanti. A riferire questi agghiaccianti numeri è stato il componente libico della Cpi, Sayed al Shanuka, parlando da Parigi. Il presidente della Commissione Giustizia e Sviluppo del della Corte Penale Internazionale ha sottolineato che “il popolo libico, come la maggior parte dei popoli arabi, ha sofferto, ma gli è stata data l’opportunità di ribellarsi” e ha ricordato che da quando c’è Gheddafi al potere ha assassinato migliaia anche nelle stesse carceri.
Una conferma sul numero delle vittime è arrivata da un medico francese, Gerard Buffet – attivo per un anno e mezzo al Bengasi Medical Center, intervistato da Le Point – che ha detto che gli scontri nella seconda città della Libia avrebbero causato “oltre 2.000 morti”. Secondo quanto affermato dal medico Bengasi è stata attaccata di giovedì e “le nostre ambulanze sul terreno hanno contato il primo giorno 75 morti, il secondo 200, e poi più di 500”.
Mentre l’ambasciatore italiano a Tripoli, Vincenzo Schioppa afferma: “Non posso confermare che ci siano stati bombardamenti o azioni di questo genere a Tripoli perché ce ne saremmo accorti. Ritengo che i titoli dei giornali siano stati perlomeno esagerati”, quello che sconcerta maggiormente in queste ore, in Libia, sono le decine e decine di fosse comuni scavate in perfetta linea, alcune delle quali già sigillate con il cemento. A mostrare la drammatica verità delle aree destinate alla sepoltura dei cadaveri è stato un video amatoriale pubblicato dal quotidiano britannico The Telegraph. Il filmato mostra le fosse su una spiaggia del lungomare della capitale libica, sulla quale lavorano molti uomini intenti ad allestire il gigante cimitero.
Altro fattore che preoccupa soprattutto gli Stati europei che si affacciano sul Mediterraneo è l’esodo dai territori teatro di rivolta: 20mila persone, riferisce Al Jazeera, citando un suo inviato al confine che ha parlato con fonti militari egiziane, hanno lasciato la notte scorsa il paese attraverso il valico di Sallum con l’Egitto. Intanto si apprende che Al Qaeda ha costituito un emirato islamico a Derna, nell’Est del Paese, come ha riferito il viceministro degli Esteri libico, Khaled Kam, incontrando i diplomatici europei.
L’Italia, seguendo gli sviluppi delle rivolte, esprime i suoi timori. “Non vorremmo che evolvesse in una direzione pericolosa con il fondamentalismo islamico che prevale”, ha dichiarato il premier Silvio Berlusconi. Per il Cav. è fondamentale il “no alle violenze” e capire come si evolverà la situazione quando saranno cambiati quei regimi, “con i quali tutti noi dell’Occidente abbiamo trattato” e che sono importanti per fornitori di energia.
Franco Frattini, dal canto suo, ha sottolineato che “mille morti purtroppo è una cifra verosimile” e che nel discorso del colonnello Gheddafi c’erano “accuse piene di una retorica anti-italiana condita da indicazioni palesemente false, come che l’Italia abbia fornito razzi ai rivoltosi della Cirenaica”. Il capo della Farnesina, intervenendo alla Camera, ha chiesto a maggioranza e opposizione di restare uniti per affrontare l’emergenza libica, che potrebbe causare un “esodo biblico” con l’arrivo di 2-300 mila immigrati.
La rivolta nelle strade di Tripoli sta infuocando gli animi dei libici in giro per il mondo. Mentre a Roma, nel primo pomeriggio, circa 300 cittadini africani hanno manifestato davanti all’ambasciata libica, a Bruxelles, gli ambasciatori dei 27 Paesi membri dell’Unione Europea si sono riuniti con l’Alto rappresentante per la politica estera Ue, Catherine Ashton, per discutere di eventuali misure da prendere per la crisi in Libia. Ieri è già stato annunciato lo stop ai negoziati tra Ue e Tripoli e adesso non vengono escluse le sanzioni, volute soprattutto da quei paesi, quali Francia e Germania, che hanno adottato nei confronti del governo libico una linea “dura”.
Intanto, fonti della Casa Bianca indicano che il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama terrà un discorso pubblico sulla situazione in Libia. Oggi il suo portavoce, Jay Carney, ha ribadito che Obama condanna "con forza" le violenze che stanno imperversando in territorio libico e ha ricordato che gli Stati Uniti stanno lavorano insieme alle Nazioni Unite – senza escludere l’ipotesi di sanzioni – per fare pressione su Tripoli.