L’Ecofin riforma il patto di stabilità per tenere d’occhio i conti degli Stati Ue

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L’Ecofin riforma il patto di stabilità per tenere d’occhio i conti degli Stati Ue

16 Marzo 2011

Il vertice Ecofin a Bruxelles tra i ministri economici dell’Unione Europea, ha raggiunto un importante accordo su un nuovo pacchetto di misure volte al rafforzamento della governance europea e, più nello specifico, all’interno dell’area Euro. L’accordo fa seguito alle sfide lanciate dalla recente crisi dei debiti sovrani che proprio la scorsa settimana ha visto la Grecia e il Portogallo di nuovo sotto stress per effetto del downgrading dei propri debiti effettuato dalle agenzie di rating internazionali. L’accordo muove dalla considerazione che l’attuale architettura di regole europee sul debito si è rivelata finora insufficiente per stimolare una netta riduzione del debito pubblico e degli squilibri macroeconomici.

Certamente, una delle motivazioni principali per la mancata riduzione del rapporto debito/Pil è stata la mancanza di crescita dell’economia reale la quale, nonostante timidi segnali di ripresa mostrati nel corso del 2010, sembra ancora lontana dal consolidarsi, anche a causa del recente choc petrolifero dovuto all’escalation della crisi libica nonché da una crescita sostenuta dei prezzi dei beni alimentari.

Anche per queste ragioni, l’Unione Europea ha ritenuto che bisognasse agire tempestivamente sul rafforzamento della disciplina di bilancio e sulla sorveglianza delle politiche economiche degli stati membri. Un team di lavoro, guidato dal presidente del Consiglio Europeo Van Rompuy, ha concluso che l’unione monetaria europea non è in grado di funzionare adeguatamente nel lungo periodo senza un adeguato coordinamento delle politiche economiche. Così, l’Ecofin di ieri ha formulato quattro proposte per la riforma del Patto di Stabilità e Crescita miranti al rafforzamento della sorveglianza delle politiche fiscali e all’applicazione di misure penalizzanti gli stati membri inadempienti.

Tra le novità più interessanti presentate, una delle più importanti riguarda l’introduzione di una spesa "benchmark", alla quale gli stati membri dovranno guardare, poiché la crescita della loro spesa annua non dovrà eccedere un tasso di crescita di medio termine del Pil di riferimento, obbligando così i governi nazionali a destinare le nuove entrate alla riduzione dello stock di debito. Il mancato rispetto di questo benchmark potrà comportare l’irrogazione di sanzioni. Un altro benchmark verrà poi introdotto per garantire che il rapporto debito/Pil converga velocemente verso la soglia 60%. In particolare, la diminuzione del rapporto verrà considerata "sufficiente" se la distanza dal rapporto di riferimento del 60% verrà diminuita ad un tasso annuale pari a un dodicesimo nei precedenti tre anni. Previsto, inoltre, un nuovo schema di sanzioni per gli stati che sforeranno il Patto. A tale riguardo, un deposito infruttifero pari allo 0.2 per cento del Pil potrà essere imposto già dal momento in cui la decisione di assoggettamento di un paese alla procedura di deficit eccessivo sarà stata presa. Inoltre, nel caso in cui le correzioni previste dalla raccomandazione del Consiglio non saranno state prese, è prevista una multa.

Infine, il pacchetto legislativo prevede un rafforzamento della sorveglianza sulle politiche economiche nazionali, stabilendo un nuovo meccanismo per la prevenzione e la correzione di squilibri macroeconomici eccessivi ed introducendo una nuova sanzione per quei paesi che si verranno a trovare in una situazione di squilibrio eccessivo, misurata sulla base di una serie di indicatori economici.

L’accordo raggiunto ieri è senz’altro da considerarsi positivo, in quanto prosegue un ormai istituzionalizzato percorso di consolidamento delle finanze pubbliche nazionali. L’equilibrio dei conti pubblici è da considerarsi come uno degli elementi fondanti delle politiche fiscali europee, il coordinamento delle quali si sta sempre più venendo a definire. Con un po’ più di coraggio si potrebbe fare il passo successivo, peraltro sostenuto dalla Germania, di introdurre un vero e proprio principio di pareggio di bilancio all’interno delle costituzioni nazionali, elemento caratterizzante l’architettura di uno stato liberale che per troppo tempo, sotto la spinta delle teorie keynesiane, si era ormai creduto superato e che adesso, invece, sta riscoprendo la sua importanza.