L’economia gira più lentamente ma reagisce all’urto
05 Marzo 2009
L’economia italiana gira più lentamente. La cronaca della giornata di ieri ci mette di fronte a tre dati che, almeno all’apparenza, convergono tutti nel delineare un quadro di recessione bello e definito. Il primo dato è arrivato da Bankitalia, ed è una correzione alla stima del Prodotto interno lordo (Pil): nel 2009 calerà del 2,6% e non del 2%. Il secondo dato è stato diffuso dall’Inps e concerne il ricorso delle aziende alle integrazioni salariali durante il mese di febbraio. Complessivamente si è registrato un aumento delle ore autorizzate del 169,74% (+201,63% nell’industria e +29,45% nell’edilizia). Il terzo dato è della Confcommercio: i consumi del mese di gennaio hanno subito una flessione del 4,6%. C’è infine un quarto dato, sempre dell’Inps, non arrivato in pasto ai media: è quello relativo all’andamento delle domande dei lavoratori per la disoccupazione cresciute del 46,13% (+ 116.983 istanze) nel primo bimestre 2009 rispetto allo stesso periodo del 2008, ma a febbraio in forte discesa (+27,61%) rispetto al mese di gennaio (+ 76,60%).
Il dato di Bankitalia è una «stima». Come tale dunque va considerato, vale a dire dentro i margini di probabilità di verifica. La stima riguarda il Pil italiano e, in particolare, è una correzione al ribasso del valore previsionale per il 2009. Con i dati reali aggiornati a settembre 2008, la Banca d’Italia aveva stimato per il 2009 un calo del 2%. Adesso, con la disponibilità dei dati relativi a tutto l’anno 2008, la previsione viene aggiornata con l’ulteriore ribasso di oltre mezzo punto percentuale. Ignazio Visco, il numero due di Bankitalia che ha dato ieri la notizia, ha spiegato che il nuovo dato deriva dalla forte incidenza – nel calcolo di previsione – del Pil del quarto trimestre 2008, sceso come noto dell’1,8% rispetto al trimestre precedente. Pertanto «tenendone “meccanicamente” conto e mantenendo il profilo di graduale ma continua uscita dalla crisi», ha spiegato lo stesso Visco, «si vede come da una caduta del Pil del 2 per cento si passi per quest’anno a una caduta del 2,6 per cento».
Il dato dell’Inps esprime fedelmente la realtà del mondo produttivo ed è, tutto sommato, allarmante ma non preoccupante. Per adesso, almeno. Il boom del ricorso alla cig denota l’insufficienza di commesse; la crescita più contenuta del ricorso alla cigs dimostra che poche imprese stanno avendo seri problemi di stabilità. Ma vediamo i dati da vicino. L’Inps spiega che tra industria ed edilizia a febbraio 2009 è stato autorizzato un monte ore di cassa integrazione (ordinaria e straordinaria) del 169,74% in più rispetto allo stesso mese del 2008. Il dato scende al 131,77% se confrontato sul primo bimestre 2009 (gennaio e febbraio) con l’analogo periodo del 2008. Guardando alla sola gestione industria – palesemente in difficoltà in questo avvio di nuovo anno: si pensi al settore auto – il ricorso alla cig nel mese di febbraio 2009 ha subito un incremento del 553,17% rispetto allo stesso mese del 2008. Il dato scende al 443,26% considerando il bimestre (gennaio più febbraio). Il ricorso alla cigs è stato più contenuto: a febbraio 2009 l’incremento è stato del 44,8% rispetto allo stesso mese del 2008, che diventa un più 26,65% se il dato è riferito al primo bimestre (gennaio più febbraio). L’aspetto per così dire “rassicurante” di questi dati, al momento, è la supremazia della cig rispetto alla cigs. La cassa integrazione ordinaria è concessa all’azienda colpita da crisi dipendente da eventi temporanei – come la mancanza di commesse, eventi meteorologici – e di cui sia certa la ripresa dell’attività produttiva. La cassa integrazione straordinaria, all’opposto, sostiene le imprese durante i processi di ristrutturazione, riorganizzazione, riconversione; in caso di crisi aziendale o in caso di fallimento. Appare evidente, dunque, che il forte aumento del ricorso alla cig esprime la “sofferenza” del mondo produttivo per il calo della domanda di consumi; mentre il basso rincaro del ricorso alla cigs lascia nutrire la speranza di poche imprese in serie difficoltà di sopravvivenza.
Il dato sui consumi di Confcommercio è quello che desta qualche preoccupazione. Subito mitigata, tuttavia, dall’indagine Isae sul clima di fiducia dei consumatori che segnala, anche a febbraio 2009 (dopo il forte rialzo del mese di gennaio), un’ulteriore tendenza al recupero. I consumi segnalano, a gennaio 2009, una riduzione tendenziale del 4,6% in termini di quantità. Dall’analisi viene fuori che è risultata particolarmente negativa (meno 24,8% rispetto allo stesso mese del 2008) la dinamica della domanda relativa a beni e servizi per la mobilità. Un dato atteso: per gli acquisti di autovetture e moto da parte delle persone fisiche, infatti, il dato riflette non tanto le difficoltà che interessano il settore a livello mondiale, quanto piuttosto le attese per gli incentivi da parte del Governo e che dovrebbero dare i primi risultati positivi nei prossimi mesi. Si sono ridotti, inoltre, i consumi di beni e servizi per la casa (-3,5%); di beni e servizi ricreativi (-1,7%); di alimentari, bevande e tabacchi (-1,4%); di abbigliamento e calzature (-1,3%); di beni e servizi per la cura della persona (-1,2%); sono cresciuti invece i consumi di beni e servizi per le comunicazioni (+4,4%), mentre sono rimasti pressoché stabili quelli di alberghi, pasti e consumazioni fuori casa (+0,3%).
L’ultimo dato riguarda l’andamento giornaliero delle acquisizioni delle domande, da parte dell’Inps, sui trattamenti di disoccupazione. Queste domande sono presentate dai lavoratori che hanno perso il posto di lavoro per licenziamento. Complessivamente, nei mesi di gennaio e febbraio 2009 (rispetto al 2008), sono cresciute di 116.983 unità, ossia del 46,13%. A gennaio il dato più alto: una differenza di 73.423 domande con un boom del 76,60%. A febbraio, invece, il dato si è più che dimezzato, scendendo a un + 27,61% (43.560 domande in più rispetto al 2008).
Prevedere da questi dati un abisso per il futuro è poco realistico. L’occupazione sembra resistere (il dato sulle richieste delle indennità di disoccupazione) come pure le aziende, che chiedono sostegni temporanei più che interventi per una loro riedificazione (il dato sulla cassa integrazione guadagni).
La sensazione che si avverte, dunque, è quella di un Italia che, per ora, preferisce stare alla finestra a guardare, ad aspettare che la bufera passi e un tempo migliore rassereni gli animi e le aspettative. Consumi e investimenti, stando così le cose, possono ancora aspettare.