L’economia sociale di mercato potrebbe essere la risposta alla crisi

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L’economia sociale di mercato potrebbe essere la risposta alla crisi

09 Dicembre 2010

Nessuno viene obbligato ad essere felice, ma ognuno deve avere l’opportunità di realizzare la felicità della propria vita attraverso il rendimento e lo sforzo. In ciò consiste la promessa del’economia sociale di mercato. È una prospettiva attuale anche per l’Italia? Il fatto che la Germania, patria di questa visione economica, sia tornata ad essere la locomotiva economica del vecchio continente, la prima nazione a dare segnali forti di ripresa, il paese europeo a trainare l’esportazione, può essere un valido motivo per interrogarsi sulla sua fattibilità nel nostro contesto? Se lo sono chiesto nei giorni scorsi i relatori invitati presso l’istituto don Sturzo per un dibattito organizzato dalla fondazione K. Adenauer, a Roma.

L’uomo di oggi, dopo la crisi finanziaria ed economica che sta ancora scuotendo le fondamenta del nostro ordine economico, portando innanzi ai nostri occhi il risultato di un’avidità sfacciata e dello scollegamento tra profitto e rischio, il convegno dal tema “C’è ancora lavoro in Europa”, ha voluto mettere al centro dell’economia la dignità dell’uomo. La visione cristiana esige che la politica economica si adegui all’uomo e non viceversa. Perciò occorre un ordine economico che tuteli le basi di un’economia liberale – libertà contrattuale, proprietà privata, concorrenza e certezza del diritto – rendendo impossibile, attraverso la regolamentazione, l’uso eccessivo della libertà da parte di alcuni.

L’economia occidentale sembra stentare ad uscire dalla crisi che ci attanaglia ormai da oltre due anni. Economisti, politici e imprenditori alternano annunci positivi ad affermazioni più pessimistiche e prudenti. E anche l’attenzione all’etica in economia sta passando in secondo piano.  Appena scoppiata la crisi, tutti ad invocare norme e leggi per impedire di nuovo la catastrofe partita dall’America e velocemente propagatasi nelle diverse economie occidentali. Ora sembra tutto sia ritornato ad un “lasciamo correre, vediamo se la crisi passa, anche senza regole etiche”.

Quante volte abbiamo sentito dire che il “mercato da solo non basta”, che occorre trovare un equilibrio tra “mercato e ragioni sociali”. Ma non si sono visti particolari impegni e risultati, forse perché troppi interessi di parte vengono toccati.

L’economia sociale di mercato, che non va confusa con l’economia del mercato sociale, riporta la dignità della persona al centro del processo economico, stimola l’efficienza della concorrenza in quanto permette all’operatore pubblico di inserirsi nel gioco delle parti stabilendo le regole per una concorrenza libera, rispettosa di tutti i soggetti che operano nel mercato, affinché non ci siano distorsione né imparzialità. Secondo questa visione una maggiore concorrenza porta maggiore produttività e quindi la necessità sociale di maggior distribuzione. Se in Germania l’economia sociale di mercato ha portato grandi risultati nella società e nel sistema produttivo, in Italia la sua declinazione esige ancora molto tempo e riflessione.

L’esperienza di questa crisi “dovrebbe portarci a ricostruire un nuovo umanesimo del mercato del lavoro”. Nel nostro paese un’economia sociale comporterebbe scelte strategiche che avrebbero conseguenze non facili da gestire ed accogliere. Il debito pubblico è stato giustamente tenuto sotto controllo dal ministro Tremonti, e questo ci sta evitando i disastri che, Grecia prima, Irlanda adesso e forse Portogallo e Spagna in futuro, stanno vivendo. Ma occorre continuare nella lotta all’evasione fiscale per recuperare non solo il denaro ma anche, e soprattutto, una culture della legalità e della responsabilità civile, che renderebbero più “sociale” la nostra economia e società. Irrobustire i servizi sociali, combattendo inefficienze e sperperi, attraverso il principio della sussidiarietà è sempre una priorità del nostro sistema.

Secondo alcuni esperti, l’Italia sta vivendo un fenomeno abbastanza inusuale per la storia dell’economia moderna: una crescita senza occupazione. Occorre, secondo la prospettiva dell’economia sociale, rafforzare la flessibilità del mercato del lavoro con un’altrettanto forte tutela sociale. Occorre ridurre il distacco tra il mercato del lavoro e l’istruzione, la scuola, come sta cercando di fare il ministro Gelmini e la sua riforma dell’Università. Occorre, infine, alzare i salari per far ripartire i consumi e affermare, nella concretezza, la dignità della persona e del suo lavoro, il cui valore si misura anche nel salario, che per questo non deve scendere sotto il minimo della sopravivenza sociale. L’economia sociale di mercato può essere un contributo in più per l’Italia nell’affrontare con serietà e lungimiranza il nostro sistema produttivo e sociale.