L’editoria inglese contro Murdoch: è lui il vero Grande Fratello
13 Ottobre 2010
Schiera di scudi alti contro Rupert Murdoch. Sì perché il magnate dei media, già proprietario dell’ “impero di carta” News International – che conta al suo interno di più di un terzo dei quotidiani nazionali, vantando la presenza del Sun, del News of the World, del Times e del Sunday Times –, vuole allungare le mani sulla BSkyB, la società che possiede Sky nel Regno Unito, acquisendone il 61% del capitale. E in Gran Bretagna già si parla di “Grande Fratello mediatico” e di “momento Berlusconi” targato Uk.
I chief executive dei maggiori gruppi televisivi e giornali britannici si sono riuniti bipartisan in una sorta di “Santa Alleanza” per frenare l’inarrestabile ingordigia del tycoon dell’informazione, inviando una lettera al ministro per le Attività Produttive, Vince Cable, nella quale si chiede l’intervento del Governo. Si tratta di un unicum storico: è la prima volta che gruppi dei media che rappresentano interessi e posizioni politiche diverse si alleano contro un nemico comune.
La petizione, sottoscritta dai Ceo del Guardian, del Daily Mail, del Mirror, del Daily Telegraph, e di Channel 4 e BBC, chiede che venga posto il veto sul takeover. Tecnicamente, quella di cui parliamo, è un semplice incremento delle quote già in possesso di Murdoch, ma di fatto il controllo totale del gigante locale delle trasmissioni via satellite – di cui Rupert possiede già il 39% –, oltre che di diversi giornali, gli darebbe troppo potere e limiterebbe la concorrenza e la diversità nel settore, limitando, così, la “pluralità”del sistema mediatico. Il problema, per gli editori, sta nel fatto che il totale controllo da parte da parte dello squalo di Melbourne di BSkyB, pur non alterando l’equilibrio del sistema da un punto di vista societario, genererebbe un’enorme concentrazione degli utili – che al momento vanno a fondi pensione americani e britannici. Denaro che potrebbe essere investito in operazioni di bundling: fusioni di contenuto tra il video (Sky) e la carta (Sun, Times, Sunday Times, News of the World). Generando quindi una potenza di fuoco – specialmente sul nascente mercato dell’informazione digitale portatile – impareggiabile.
Al momento, infatti, l’unico colosso in grado di competere con Murdoch, con un fatturato annuo di 4,8 miliardi di sterline, è l’emittente di Stato BBC. “Murdoch – sottolinea però il Guardian – non è costretto ad attenersi a standard d’imparzialità come invece capita per il servizio pubblico”. Il rischio, dunque, è duplice: oltre alla concentrazione di potere economico, la pay tv in Gran Bretagna varrà 6,95 miliardi di sterline entro il 2014 rispetto ai 5 attuali, vi è anche il possibile condizionamento della sfera politica. Alle elezioni del 2015, infatti, il candidato che riceverà l’endorsement di Murdoch potrebbe avere dietro di sé l’azienda che tira i 2/5 delle copie vendute nel mercato della carta stampata e supera, per quanto riguarda la TV, BBC, ITV e Channel 4 messe insieme. Troppo, insomma. La company di Murdoch replica sottolineando che tratterebbe, invece, solo di una “questione commerciale” e che si stanno “muovendo secondo le regole”. Ma questo non è sufficiente a calmare le acque.
Lo spauracchio di un Berlusconi in salsa british fa rabbrividire l’editoria d’Oltremanica – “Murdoch diventerà il Berlusconi della Gran Bretagna?”, titola l’autorevole Guardian –, ma sarebbe riduttivo avanzare il paragone con il nostro attuale Presidente del Consiglio. Murdoch, infatti, ha molto più potere di Berlusconi, e non concentrato in un solo Paese, ma esteso in tutto il mondo occidentale con il rischio di un monopolio sul mercato editoriale su vasta scala. Senza contare che è ben noto quanto i media mossi dai fili del magnate australiano determinino, per i sottostanti giochi di potere, l’esito delle elezioni in diversi paesi, primo tra tutti la Gran Bretagna.
Un colpo di scena nella questione potrebbe avvenire per mano di Vincent Cable, che potrebbe imporre una nuova regolamentazione interna, ma rimane ancora coperta la carta-Cameron. Il premier inglese potrà tradire il volere di colui che gli ha dato l’apporto necessario a vincere le elezioni dello scorso maggio?