L’educazione sportiva deve cominciare dalle “scuole calcio”
09 Gennaio 2009
Caro Paolo,
dimmi che tipo di persone sono i beniamini dello sport più seguito dalla società e ti dirò di quale società si tratta. Ho pensato che anche questo aspetto fosse utile da approfondire per continuare questa nostra analisi “viscerale” della società che ci circonda. E mi sono venuti in mente, per contrasto, e questo è grave e adesso ti dirò il perché, lo sport a stelle e strisce e il calcio italiano….
In questi giorni stavo guardando per l’ennesima volta la replica della partita che ha consegnato l’anello di campioni n.b.a, e quindi del mondo, ai Boston Celtics (la mia squadra del cuore). Ebbene all’inizio della partita, c’è stata l’esecuzione dell’inno americano… e il clima che da quel palazzetto via tubo catodico giungeva ai miei sensi, era da brividi. Infatti dopo i soliti riti pre partita che fanno da sfondo alla presentazione delle squadre, arrivano alcuni soldati con la cantante di turno e la bandiera americana….e un silenzio religioso cala nell’arena…
Inizia l’inno e tutti i giocatori, (compresi gli internationals che non sono così pochi ultimamente) assumono un atteggiamento consono alla situazione. I visi concentrati che ascoltano trasportati le patrie note.. Si vede l’attaccamento… Un po’ diverso dal nostro di inno che viene cantato da sì e no due calciatori su undici…. Seguito con visi più incantati che assorti pronti solo a cogliere l’attimo per trasmettere messaggi più o meno velati alla telecamera, pro cabala, quando a loro, finalmente, toccherà l’inquadratura….
Anche l’atteggiamento in campo è diverso… Negli sport americani, dal basket al football, se ne danno, eccome se se ne danno, ma non lo fanno vedere. Anzi una volta colpiti non simulano, fanno di tutto per stare in piedi e non far vedere di avere subito il colpo… Questione di orgoglio, “pride”… E non è una questioni di sport diversi… Mi ricordo che ai mondiali de Rossi aveva rotto lo zigomo ad un giocatore degli Stati Uniti… E quello tranquillamente, dopo essere stato medicato, è rientrato senza sbraitare o bisogno di vendetta…. Da noi, sì, è un po’ diverso… lo sappiamo… Lo vediamo tutte le domeniche. Nonostante ciò in America, non ci sono mai risse fra giocatori… anche perché l’unica che ho visto è costata la squalifica di un anno dai campi…
Da noi invece, a fine partita, altro che terzo tempo… Il risultato di atteggiamenti del genere? Beh, tifoserie "calde" in entrambi i casi, ma in America si tifa per la propria squadra e non contro l’altra… Da noi ci si diverte così… In America gli stadi sono pieni di famiglie e bambini.
Oltre oceano, fuori dallo stadio non ci sono tafferugli con la polizia o carabinieri… Da noi invece.. Ma come biasimare i nostri tifosi quando ci sono squadre che vantano giocatori che fomentano atteggiamenti del genere in campo e fuori dal campo… Ti racconto solo questa.. Allora, intervista scherzosa ad un giocatore di una provinciale della serie A: che lavoro avresti voluto fare se non fossi diventato un calciatore? A-carabiniere; B-pornodivo; C-capomafia? Ebbene sapete cosa ha risposto il “cives”? "Beh pornodivo direi proprio di no, il peggio di tutti è carabiniere quindi direi capomafia…." No comment…. Con che faccia poi riprendono i tifosi come chi la sa lunga e ha la coscienza pulita e spinti dai mass media lanciano messaggi di pace fra le tifoserie…. Bah un’altra cultura… da noi invece….
Diego
Caro Diego,
in quanto tifoso del Milan, sono estraneo a questi discorsi. Da un po’ di anni a questa parte infatti, il Milan va in giro per l’Europa (e per il mondo) a dare lezioni di sportività. E’ vero che negli ultimi anni per noi è stato facile essere sportivi grazie alla grande serie di successi in campo nazionale e soprattutto internazionale. E’ facile essere sportivi quando si vince. Tuttavia anche nell’ultima eliminazione (mi duole ricordare) dalla Champions League contro l’Arsenal abbiamo dato segno di essere una squadra elegante e sportiva! Era il 4 marzo 2008.
Anche qui lo zio Silvio ha fatto un gran bel lavoro! La società funziona. Guarda Dida, dopo quella figuraccia che ci ha fatto fare con il Celtic, è diventato ufficialmente riserva. La società funziona davvero.
Ma lasciamo stare il Milan. Il problema di cui parli lo vedo anche io, specialmente se penso alla mia brillante carriera calcistica (brillante davvero!).
Ho giocato a calcio per 10 anni. In questi 10 anni ho avuto 7 allenatori. Ma quasi mai ho sentito parlare di spirito d’amicizia, rispetto dell’avversario, onestà di comportamento, sport come metafora della vita (qui forse chiedo troppo!).
Alcuni allenatori istigavano al sacrificio per raggiungere la vittoria, ma questo suonava molto male senza tutto il resto. Da tutti ho sentito recitare la frase: “si vince e si perde tutti insieme.” Più che un incitamento a fare gruppo, però, nella maggior parte dei casi era un tentativo di giustificare la presenza in squadra di qualche scarparo o, peggio ancora, di nascondere qualche piccolo fenomeno. Nessuno mi toglie dalla testa che anche qui ci fosse qualcosa che puzzava di sinistra. Comunque a fare gruppo dovevamo pensarci da soli.
Ricordo una volta, giocavamo contro la prima in classifica. All’ultimo minuto faccio il gol del 4 a 3 (quel giorno feci una doppietta), vado ad esultare davanti alla faccia di un avversario che mi aveva provocato per tutta la partita; lui mi dà un pugno nello stomaco, io glielo restituisco in pieno volto, beccandomi l’unico cartellino rosso della mia carriera. Ebbene, placati gli animi e rientrati negli spogliatoi, i compagni di squadra mi guardavano quasi fossi un eroe (non per i 2 goal che avevo fatto, ma per il cazzotto che avevo dato!), a parte qualcuno che mi prendeva per il culo per avermi salvato dai cazzotti di tutti gli avversari corsi verso di me al momento dell’esultanza beffa!
Quindi mi chiedo: se l’educazione sportiva non comincia dalla “scuola calcio” come si può pretendere che allo stadio non si vedano certi spettacoli deprimenti? Se allo stadio chi sbaglia non viene punito, come si può evitare che l’errore non venga ripetuto? La tolleranza zero di Maroni è forse un buon inizio. Ma il problema, se lo vogliamo veramente risolvere, riguarda la costruzione di una cultura dello sport che purtroppo non abbiamo e per la quale non mi sembra che ci si impegni come si dovrebbe.
Paolo