L’effetto-Ahmadinejad sugli arabi che vivono tra noi

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L’effetto-Ahmadinejad sugli arabi che vivono tra noi

26 Settembre 2007

Nel forum del New York Times alla domanda se gli Stati Uniti stiano vivendo la fine dell’impero romano si risponde che l’America è la patria della democrazia e non sarebbe affatto democratico non fare parlare Ahmadinejad alla Columbia.

La risposta non fa una piega: se Cleopatra avesse avuto un aereo non avrebbe perso tempo con Cesare e Antonio, ma con galli, germani,  iberici o  britanni.  Ahmadinejad avrà il suo discorso all’Onu come Kruscev  e poi volerà in Venezuela da Hugo Chavez, che è già stato tre volte in Iran e durante l’ultima visita ha avuto il permesso per l’avvio della  costruzione di un complesso petrolchimico misto.

E’ stato John Coatsworth, il decano della Columbia, a invitare Ahmadinejad e Coatsworth è importante per gli studi sull’America Latina e sul Messico. In questa manche ognuno gioca le sue carte e le mosse sono repliche di partite già viste. Di nuovo c’è la Columbia e il decano che avrebbe invitato anche Hitler per evitare la guerra e l’Olocausto. Anche questo già visto in Gran Bretagna. Alla Columbia Ahmadinejad dice che gli arabi non hanno ucciso ebrei durante la seconda guerra mondiale e fa una gaffe sui gay. La Columbia  rappresenta una parte importante dell’ebraismo contrario alla guerra in Iraq, spesso critico con Israele, che scrive sul New York Times, sulla New York Review of Books e viene definito antisemita dall’American Jewish Committee.

Anche le polemiche tra gli ebrei americani sono storia, basta pensare a Hannah Arendt, democratica, liberal, caustica con Israele, inviata del New Yorker a Gerusalemme  per il processo Eichmann a Gerusalemme nel ’61. Cleopatra non avrebbe sedotto Cesare, ma anche Cesare si sarebbe dato da fare con i vicini di Cleopatra e oltre le Alpi. Dopo la guerra dei sei giorni gli americani scoprirono l’importanza di Israele, fino allora erano stati cauti a parlare del passato tedesco per timore di perdere un pedina essenziale in Europa.

Adesso il problema è la guerra in Iraq, in Afghanistan e gli alleati europei, soprattutto la Germania, alleata leale degli Stati Uniti, ma riluttante a discorsi di guerra. L’immagine del soldato crudele e nazista schiaccia i tedeschi e prima di sparare un colpo in Afghanistan telefonano a Berlino per avere il permesso. Giorni fa il New York Times ha pubblicato 116 foto inedite di ufficiali delle SS, ausiliarie e medici tedeschi – perfino Joseph Mengele – a Auschwitz nel luglio del ’44. Le foto sono state inviate dall’Holocaust Memorial Museum ed erano state donate più di 61 anni fa da un ufficiale dell’intelligence americana. Le foto sono apparse anche sui giornali italiani:  uomini e donne “normali”, sorridenti, non diversi dagli americani in divisa di allora. L’umanizzazione del nemico, appunto la banalità del male e lunedì la Columbia ha vissuto un momento arendtiano.

La frase più importante di Ahmadinejad alla Columbia è stata però quella sui fratelli iraniani accanto ai fratelli iracheni occupati dalla potenza nemica. Adesso il problema è l’effetto della frase di Ahmadinejad sui tanti arabi che vivono insieme a noi in tutto l’Occidente. Questo non è affatto banale e purtroppo non è risolvibile delle risorse scenografiche di New York.