L’effetto positivo del piano-Draghi mostra che l’Italia crede nell’Europa

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

L’effetto positivo del piano-Draghi mostra che l’Italia crede nell’Europa

07 Settembre 2012

La mossa di Mario Draghi di far acquistare illimitatamente alla BCE i bond europei ha fatto sentire il suo enorme peso tanto sui mercati finanziari quanto nel panorama politico europeo. La decisione era nell’aria, nonostante il veto della Germania, che esce sconfitta politicamente da una battaglia estenuante, nella quale, alla fine, si è trovata da sola.

Analizziamo nel dettaglio la decisione e i suoi effetti. La strategia di Draghi è quella di creare una linea finanziaria di difesa europea contro la minaccia di elevati spread, che mina alla radice la possibilità di raggiungere gli obiettivi di finanza pubblica degli stati membri, in primis il pareggio di bilancio, recentemente ridiscussi all’interno delle istituzioni europee e formalizzate nella recente riforma dei trattati europei. Con un costo di finanziamento del debito elevato, deve essere chiaro, nessuna opera di risanamento finanziario è possibile. Questa, in sintesi, la premessa dalla quale i vertici della BCE sono partiti. In particolare, le tensioni sugli spread che si sono create nell’ultimo anno in Italia e Spagna hanno fatto intendere come i valori che gli spread avevano raggiunto ultimamente, finanziariamente insostenibili, erano destinati a permanere nel lungo periodo e a minare la stabilità dell’Euro.

Da qui, la paura giustificata di un aumento strutturale del costo di finanziamento del debito, con il rischio di possibili e continui salvataggi tramite il fondo salva-stati che avrebbe dovuto essere pagati dai paesi finanziariamente più solidi. Uno scenario insostenibile per tutti, tanto per i paesi costantemente sotto la minaccia di elevati spread, quanto per quelli che avrebbero dovuto pagare per il salvataggio. In sintesi, un costo sistemico per l’intera Unione Europea, dove a perdere sarebbero stati tutti. Se ne è reso conto Mario Draghi, che ha intuito come solo la BCE poteva fare uscire l’Europa da questa spirale perversa. Non l’ha capito la Germania, che ha continuato a sostenere una politica di rigore assoluto dei conti, senza capire come non potevano più essere le politiche fiscali a riportare gli spread a livelli sostenibili. Chiusi nella loro ottusità, i politici tedeschi non hanno saputo ascoltare le voci provenienti non solo da Roma, ma anche da Parigi, da Madrid e dalle istituzioni internazionali, quali l’OCSE. Non sorprende quindi che nel voto di ieri Berlino si sia trovata isolata, nonostante la Merkel avesse cominciato a cogliere, negli ultimi mesi, segnali crescenti di isolamento europeo, ma non riuscendo a trovare nella sua maggioranza il sostegno politico sufficiente.

Quanto agli effetti, la decisione ha provocato subito delle conseguenze dirompenti sugli spread. Quello tra BTP e Bund è crollato a 345 basis points, oltre 100 punti in meno rispetto al valore registrato soltanto una settimana fa, un risultato che non si registrava dallo scorso Aprile. E’ crollato anche lo spread tra i titoli di stato spagnoli e quelli tedeschi, oggi pari a 408 basis points (soltanto il 23 luglio scorso il valore era pari a ben 623 punti). In sintesi, il costo di finanziamento del debito in Europa si trova improvvisamente ad essere sceso, con effetti benefici futuri sui saldi di bilancio. A questo punto, con questa potenziale discesa della componente in conto interessi, pensare al pareggio di bilancio nei prossimi mesi non è davvero una utopia. Draghi, da uomo che, a differenza della Merkel, non si è mai espresso contro i mercati, ha intuito come gli operatori aspettassero questa operazione come la manna dal cielo. E i mercati l’hanno premiato con una ondata di acquisti sul mercato, dove le piazze di Milano e Madrid hanno brindato con elevati rendimenti. Anche gli scambi sul mercato valutario hanno premiato l’Euro, tornato sulla soglia di 1,26 contro il dollaro. Una dura lezione di economia impartita dall’italiano a Berlino. E se, nei prossimi mesi, le operazioni di acquisto dovessero abbassare ulteriormente gli spread e il costo di finanziamento del debito, la Germania dovrà essere additata come la principale responsabile della crisi degli spread, poiché, se la mossa di Draghi fosse stata condivisa mesi fa, l’Europa si sarebbe risparmiata miliardi di euro di interessi e qualche punto di crollo del Pil. Una ottusità, quella tedesca, che getta una ulteriore ombra sulla capacità di Berlino di saper pensare in maniera globale agli interessi dell’intera unione e non soltanto a quelli nazionali.

La stampa tedesca si è scagliata contro l’Italia, accusando l’italiano Draghi di aver "italianizzato" l’Euro, come se per anni i tedeschi non lo avessero creato e gestito su misura delle loro esigenze con scelte sbagliate e anacronistiche. I risultati della crescita diffusi qualche giorno fa dall’OCSE per gli stati membri sono la miglior riprova delle scelte sbagliate di una Europa formato Germania.

Da questo punto di vista, l’Italia ha finalmente battuto un colpo, e che colpo, segno che il Belpaese è presente ed è in grado di saper ragionare in ottica europeista. Da questo punto di vista, credo che parte del merito sia da riconoscere anche a quella parte di economisti italiani che hanno da tempo sostenuto e proposto la decisione che Draghi ha preso ieri. E’ giusto ricordare come la teoria della "esogeneità" dell’andamento degli spread alle politiche fiscali era stata proposta inizialmente da alcuni economisti della fondazione Magna Carta e proposta più volte sulle pagine dell’Occidentale ed in seguito sponsorizzata anche dal segretario del PDL Alfano. Una linea inizialmente in disaccordo con Monti, il quale credeva che con manovre finanziarie e con l’aumento delle tasse si potesse migliorare il saldo di bilancio, facendo scendere lo spread verso un valore più sostenibile. Non era soltanto una convinzione sua, ma un po’ quella che la Commissione Europea aveva per l’intera Unione Europea. Soltanto quest’estate anche il premier ha dovuto convergere verso la nostra posizione, dopo che i mercati gli stavano dimostrando con i numeri che le politiche fiscali sortivano un impatto sugli spread pari a zero. Da quel momento, anche lui si è ragionevolmente convinto che l’unica istituzione in grado di salvare l’Europa dall’incubo spread era la BCE. Ed, a riprova di questo cambiamento di posizione, ieri ha ringraziato Draghi per l’operazione, facendo intendere come tra i due ci sia sintonia sulla strategia da seguire. Sicuramente a Monti va riconosciuto il merito di aver saputo creare una alleanza politica con Hollande e Rajoy contro Berlino, nel momento in cui ha capito che la strategia fiscale non stava funzionando, sfruttando le difficoltà che anche Francia e Spagna stavano passando per via dello stesso problema. Una volta avuta la certezza di una alleanza politica europea molto solida, che egli ha saputo abilmente costruire, anche Draghi ha potuto avere il via libera per una azione che, se fosse fallita, poteva costare molto cara al governatore.

In economia, come al solito, sono sempre i dati e il tempo a dimostrare se una politica è giusta o sbagliata. Nonostante la decisione di ieri abbia sortito effetti immediatamente positivi sull’economia (e anche questo, comunque, è già un dato incontrovertibile), sarà necessario aspettare qualche mese per vedere chiaramente l’impatto di questa decisioni su interessi, inflazione e crescita. Ma una cosa, dal punto di vista politico, è comunque emersa in maniera molto evidente: l’Italia nell’Europa ha dimostrato di crederci e, quando vuole, ha dimostrato di saper effettuare delle scelte incisive per il futuro del Vecchio Continente. In Europa, d’ora in avanti, dobbiamo giocare da leader.