L’effetto voto spinge Pdl e Pd a riaprire il dossier sulla legge elettorale

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L’effetto voto spinge Pdl e Pd a riaprire il dossier sulla legge elettorale

08 Maggio 2012

Il voto ha squadernato tutto. Gli equilibri interni ai partiti di maggioranza e i tavoli sulle riforme. Anzitutto quello sulla legge elettorale che sembrava ben avviato e ora destinato a ripassare dal ‘via’.

Sul tavolo verde della politica si punta su due fiches: la ricostruzione dei partiti il cui sistema tradizionale per certi versi è stato messo in discussione dal test amministrativo e il cammino delle riforme (costituzionale ed elettorale) che la “strana” maggioranza di Monti si è impegnata a portare a termine in questa legislatura, ben consapevole che alla necessità per il paese se ne aggiunge una di specie: la credibilità e dunque la sostanza stessa delle forze politiche. Riduzione dei parlamentari, più poteri al premier, superamento del bicameralismo perfetto, iter parlamentare più celere sui provvedimenti legislativi, nuovo sistema di voto: impegni sottoscritti da ABC anche se, pare di capire, l’acronimo ormai non piace più a nessuno dei tre e tanto per stare alle parole di Alfano, di vertici comuni non ce ne saranno più.  L’impegno di ciascuno certo resta, ma serve un approfondimento sul come.

Cambiare il sistema elettorale, ora più che mai, è la via da percorrere se, come rileva Gaetano Quagliariello “il voto delle amministrative è stato uno stress-test che questa legge elettorale che stavamo esaminando con le altre forze politiche non è riuscita a superare”. Detto questo, per il vicepresidente dei senatori Pdl adesso “si pone il problema di aprire una riflessione e rimettersi attorno a un tavolo per un approfondimento”.

Di sicuro nel quartier generale del Pd si sono portati avanti. I big democrat tornano in pressing sul doppio turno abbandonando così l’ipotesi di un proporzionale corretto previsto dalla bozza Violante che l’effetto-voto rischia di mandare in soffitta e sulla quale c’era stato un primo abboccamento tra le forze politiche anche se Alfano, proprio lunedì, ha smentito qualsiasi idea di intesa bipartisan. La proposta rilanciata dai democrat è quella di una legge elettorale maggioritaria “con collegi uninominali e doppio turno” spiega Vannino Chiti per “far decidere ai cittadini con il loro voto, maggioranze di governo ed eletti in parlamento”.

Dal canto suo, il Pdl riflette su quale direzione prendere e come fare sintesi tra le diverse componenti del partito. Già, le anime pidielline. Che in queste ore sono di nuovo in fibrillazione. Se da alcuni esponenti di spicco sono arrivate aperture sul doppio turno (vedi Gelmini), è nella galassia aennina che si registrano i malumori più evidenti nel doppio versante del sostegno all’esecutivo Monti e sul come riformare il sistema di voto.

Nel primo caso basta leggere le dichiarazioni di Maurizio Bianconi, matteoliano doc, ma pure quelle di La Russa e Gasparri per comprendere come il livello di tolleranza nei confronti della politica economica dettata dai Prof. a Palazzo Chigi sia arrivato quasi agli sgoccioli. Bianconi lo dice chiaro: “Ormai non si tratta più di staccare la spina al governo Monti. Il Pdl deve riattaccare quella col proprio elettorato”, perché non ci si può stupire se “la gente fa fatica a votarci nel momento in cui sosteniamo chi ha fatto dell’Italia il paese più tassato d’Europa e dopo aver spiegato per anni che non avremmo mai alzato le tasse”. Non la pensa allo stesso modo l’ex An Alfredo Mantovano convinto del fatto che non si possa fare “zig zag a nostro piacimento, ora Monti va sostenuto. Se mai il problema è farsi valere sui contenuti, a cominciare dalla questione dell’accesso al credito”.

Quanto al trend elettorale, l’ex sottosegretario all’Interno invita ad affrontare le difficoltà del momento ma si interroga ad esempio sulla ragione per la quale “non sono state indette dappertutto le primarie per la scelta dei candidati? Bisogna pensare a nuove regole”. Stoppa sul nascere tentazioni di scaricare le responsabilità sulla segreteria Alfano perché “non si può cambiare segretario in continuazione. Il partito promesso da Angelino il giorno del suo insediamento va semplicemente realizzato. Non credo a nuovi predellini, pensiamo al presente, guardando al futuro”. Alemanno rilancia: non si possono scaricare le responsabilità su Alfano che si è appena insediato” ma al tempo stesso sollecita il congresso del partito in autunno per “rimettere in moto tutto il partito”.  

Quanto alle legge elettorale, nelle file aennine c’è perfino chi continua a sponsorizzare il Porcellum convinto che sia il male minore. Malumori pure tra gli ex forzisti della prima ora (vedi Crosetto, Brunetta, Martino). Per avere un’idea chiara è sufficiente il botta e risposta al fulmicotone tra Giancarlo Galan che spara alzo zero sul “cerchio magico Cicchitto-La Russa-Gasparri” e Massimo Corsaro (larussiano doc) che invita l’ex ministro dei beni culturali a “offrire le sue braccia all’agricoltura” dopo averlo accusato di “inadeguatezza” per aver “messo in ginocchio Forza Italia in Veneto facendo crescere la Lega”.

C’è poi l’iniziativa di un gruppo di parlamentari pidiellini capitanati da Giorgia Meloni, prima firmataria di una proposta di legge elettorale che domani sarà depositata alla Camera e che prevede la correzione del Porcellum introducendo “il voto di preferenza e rimodulando l’attribuzione del premio di maggioranza al Senato, calcolato su base nazionale e non più regionale per garantire maggiore stabilità ai governi”.

Al netto dei malumori e delle rivendicazioni post-voto, per Alfano si apre una fase molto delicata: fare sintesi tra le spinte delle diverse componenti, tenere unito il partito e giocare la partita (politica) col governo Monti per rivitalizzare un elettorato che con questo voto ha mandato messaggi chiari.

Acque agitate anche nel Terzo Polo. Specie dalle parti di Fli dove gran parte dei maggiorenti, più o meno apertamente, chiede di capire da che parte andare e invoca una discesa in campo di Fini. Se i centristi non giudicano “da dimenticare” la performance alle amministrative guardando al ‘modello Musso’ a Genova e rilanciando l’urgenza del progetto Polo della Nazione (o come si chiamerà), in casa futurista i dubbi non mancano. Fini non avrebbe speso commenti positivi sulla prova elettorale arrivando a chiedere una ‘verifica profonda’ tra alleati.

Il ragionamento dei futuristi suona così: abbiamo messo in campo la macchina e comunque tenuto il punto nei comuni dove Fli si è presentato col suo simbolo, ma ciò che manca – a detta dei più – è il carburante: cioè Fini che lascia lo scranno più alto di Montecitorio per metterci la faccia guidando il partito che ha fondato, dopo la scissione dal Pdl.

Ma dalle parti di Montecitorio, almeno per ora, ci si ferma alla “verifica profonda” nel Terzo Polo.