Lega Araba: al vertice di Riyadh riparte il processo di pace in Medio Oriente

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Lega Araba: al vertice di Riyadh riparte il processo di pace in Medio Oriente

28 Marzo 2007

Alla vigilia del summit della Lega Araba che inizia oggi a Riyahd,
il segretario di Stato americano, Condoleeza Rice, dà una spinta significativa
al processo di pace tra israeliani e palestinesi. Alla sua terza visita in
Medio Oriente dall’inizio dell’anno, il capo della diplomazia Usa è riuscito a strappare
un accordo tra il premier israeliano, Ehud Olmert, e il presidente palestinese,
Mahmoud Abbas, che prevede incontri bilaterali ogni due settimane per riavviare
le trattative di pace. “Le parti inizieranno a discutere lo sviluppo di un
orizzonte politico coerente con la creazione di uno stato palestinese secondo
la road map”, ha spiegato il
segretario di Stato. “Non siamo ancora ai negoziati sullo status finale, sono
discussioni iniziali per costruire la fiducia tra le parti”. Fiducia duramente messa
alla prova dal nuovo esecutivo di unità nazionale palestinese, ancora una volta
una palese emanazione di Hamas. La Rice si è impegnata a proseguire i suoi frequenti
viaggi nella regione mediorientale, allo scopo di incontrare regolarmente sia
Abbas che Olmert, “qualche volta insieme, qualche volta separatamente”. Per il momento israeliani e palestinesi dovranno discutere
questioni immediate come il rafforzamento della tregua, la libertà di
spostamento dei palestinesi nei Territori, l’apertura dei valichi e altri passi
in avanti necessari ad accrescere la fiducia reciproca. Solo in seguito si
addentreranno nella definizione di un “orizzonte politico” per i palestinesi.

La Rice ha anche auspicato che dal
vertice di Riyadh giunga un segnale positivo nei confronti di Israele. La Lega
Araba, infatti, è intenzionata a ripresentare l’offerta di pace formulata dal re saudita Abdullah nel 2002, ma “nel testo iniziale e senza emendamenti”. Il piano prevede il ritiro di
Israele sui confini del ’67 in cambio del riconoscimento arabo e il ritorno dei
profughi palestinesi (oltre 4 milioni) non nel loro futuro Stato indipendente
ma all’interno di quello ebraico. Per Israele la proposta saudita è quindi inaccettabile,
perchè non è garanzia di confini sicuri e difendibili e perché l’ingresso in
massa dei palestinesi nel suo territorio minerebbe irrimediabilmente il
carattere nazionale dello Stato ebraico. Tuttavia, il governo israeliano guarda
con favore all’iniziativa araba per rilanciare i negoziati. Il premier Olmert considera il piano di Abdullah una “base su cui
lavorare” e ha dichiarato che “non esiterebbe” a presenziare al vertice della
Lega Araba, qualora fosse invitato a parteciparvi. La speranza è che gli arabi rendano
più flessibile la loro posizione fino a fare un passo indietro sulla questione
del ritorno dei profughi. La comune esigenza di contrastare l’ascesa sciita e
l’espansionismo iraniano, è alla base della momentanea convergenza diplomatica
tra Israele e il fronte dei Paesi sunniti. L’azione dell’Arabia Saudita, in
particolare, ha riacquisito dinamicità nel quadrante mediorientale. Abdullah ha
ristabilito il rapporto di preminenza con Hamas, consacrando l’accordo della
Mecca da cui è scaturito l’attuale governo di unità nazionale palestinese; sostiene
con forza il governo libanese guidato da Siniora proteggendolo da Hezbollah e
intende spezzare l’asse Siria-Iran, riportando Damasco sul versante arabo. La
distensione con Israele, infine, serve a riprendere le redini del conflitto tra
gli arabi e lo Stato ebraico e ha il benestare di Washington. L’auspicio
americano è di riunire allo stesso tavolo israeliani e palestinesi con il
quartetto tradizionale (Usa, Ue, Onu e Russia) e il nuovo quartetto formato da
Arabia Saudita, Giordania, Egitto ed Emirati Arabi. Secondo molti analisti, si
tratta oggi dell’unica alternativa in grado di sbloccare la fase di stallo che
si è creata tra il governo Olmert e quello palestinese.