Legge 40: quando i giudici “correggono” la volontà popolare
12 Giugno 2017
Dodici anni fa, il 12 e 13 giugno 2005, è accaduto un fatto unico a livello internazionale: si è data l’opportunità del voto popolare su una legge che regolava la fecondazione assistita, entrando nel merito di questioni concretissime riguardo la modalità di mettere al mondo bambini. Si chiedeva, mediante il voto a quattro quesiti, se si volesse una legge più o meno restrittiva, dopo un lungo periodo di totale anarchia e guadagni facili nel settore.
Sappiamo come è andata: interpellata nel merito, molto chiaramente la maggioranza abbondante degli italiani ha scelto di mantenere la legge 40 così come era, nella versione dipinta come oscurantista e antiscientifica dalla quasi totalità di intellettuali, vip, opinion leaders e, ovviamente, dai partiti di sinistra.
E’ stato un grande esercizio di democrazia: ricordo bene che chi, come noi, ha lavorato per l’astensione, ha passato mesi a organizzare incontri pubblici sul tema, sempre affollatissimi, mentre molto spesso chi voleva affossare la legge si ritrovava con quattro gatti (uno per ogni quesito referendario). L’astensione, come ricordiamo tutti, fu enorme: con solo il 25.9% dei votanti, quello contro la legge 40 è stato il referendum più disertato della storia della repubblica italiana, e possiamo ben parlare di astensione consapevole.
Un importante esercizio di democrazia, quindi, la consultazione popolare di 12 anni fa, tra l’altro vivamente consigliata da tutti i comitati di bioetica che, in qualunque nazione, invitano sempre nei loro documenti a un dibattito pubblico per allargare la discussione su tematiche spesso ostiche ai più. Ma un’indicazione autorevolissima in merito viene anche dalla famosa Convenzione di Oviedo, l’unica “Carta bioetica” internazionale che abbiamo, prodotta dal Consiglio d’Europa nel 1997, sempre ipercitata. All’art.28, infatti, la suddetta Convenzione recita: “ Articolo 28 – Dibattito pubblico – Le Parti di cui alla presente Convenzione vigilano a che le domande fondamentali poste dallo sviluppo della biologia e della medicina siano oggetto di un dibattito pubblico appropriato alla luce, in particolare, delle implicazioni mediche, sociali, economiche, etiche e giuridiche pertinenti, e che le loro possibili applicazioni siano oggetto di consultazioni appropriate”.
Ma tanta democrazia non è piaciuta ai sedicenti paladini dell’autodeterminazione e della libertà di ricerca scientifica, molto più sensibili agli stimoli del mercato e degli affari: con il pubblico supporto di grandi centri privati di fecondazione assistita – pecunia non olet – e ammantati dalla nobile richiesta di diritti per tutti, una lobby di giuristi e avvocati ha avviato una serie di contenziosi giuridici per demolire la legge che un Parlamento aveva votato e un referendum confermato, a furor di popolo.
Tutto legittimo, per carità, lobby compresa – usiamo volutamente questo termine perché i nomi degli avvocati sono sempre gli stessi per tutti i contenziosi – che ha potuto continuare ad avvalersi della piena disponibilità degli stessi circoli di potere e della connessa stampa che inutilmente avevano sostenuto il referendum abrogativo, ma che imperterriti hanno continuato un poderoso, costante lavorìo di disinformazione.
Negli anni in cui la legge 40 è stata in vigore nella sua interezza abbiamo dovuto sorbirci una quantità impressionante di bugie e falsità gridate ai quattro venti e fatte passare come oro colato, e guai a chiamarle fake news. Prima ci hanno detto che con questa legge nascevano meno bambini con le tecniche di fecondazione assistita, confrontando i numeri dei nati “in provetta” dopo la legge con quelli di prima, dimenticando però di dire che prima della legge, non essendoci, appunto, alcuna legge e alcun registro, nessuno era in grado di contarli. Hanno poi detto che togliendo il limite massimo dei tre embrioni da trasferire le gravidanze sarebbero aumentate – falso, come è evidente dai dati ufficiali. Le gravidanze per ciclo di trattamenti sono restate sostanzialmente invariate in tutti questi anni.
Hanno poi detto che il divieto di distruggere embrioni in laboratorio ci avrebbe reso buon ultimi al mondo nella ricerca scientifica, e ci avrebbe impedito di lavorare a favolose terapie che avrebbero sicuramente curato patologie terribili. Invece è stato dato il Nobel a un giapponese che ha scoperto l’alternativa alle cellule embrionali, un Nobel vinto a tempo record, e le suddette cure favolose le stiamo ancora aspettando.
Hanno anche cercato di propinarci la balla degli embrioni chimera uomo-animale, sempre per le suddette favolose cure di patologie terribili, con tanto di tour italiano dei sedicenti scienziati all’avanguardia, presentati con tutti gli onori alla Università La Sapienza a Roma e pure in Parlamento, e quando i suddetti scienziati hanno cambiato mestiere perché non hanno trovato nessuno al mondo disponibile a investire nella loro ricerca, tanto era evidentemente fasulla, su tutta la faccenda è calato un rigoroso quanto tombale silenzio, e una contagiosa amnesia impedisce tuttora di riparlarne.
Ma il mercato della fecondazione assistita è stato sempre più pressante, insieme alla propaganda mediatica, e il quadro politico è mutato radicalmente. Dieci anni dopo l’approvazione della L.40, nell’aprile 2014, la Corte Costituzionale ha eliminato uno dei suoi punti chiave togliendo il divieto alla fecondazione eterologa. Successivamente è stato ampliato l’accesso alla fecondazione assistita anche a coppie fertili purché colpite da patologia genetica, per consentire la diagnosi preimpianto degli embrioni e trasferire in utero solo quelli sani.
La fecondazione eterologa adesso in Italia è praticata, mentre la diagnosi preimpianto è in un limbo: non è più reato praticarla, ma la legge richiesta dalla Consulta ancora non c’è, e quindi non ha alcuna regolamentazione. L’eliminazione del limite massimo di tre embrioni da trasferire ha provocato un aumento esponenziale di embrioni crioconservati, problema planetario che nessuno è in grado di risolvere, se non distruggendoli quando non più richiesti dai genitori.
E’ ancora valido il divieto della ricerca che distrugge gli embrioni: su quello abbiamo vinto un contenzioso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (caso Parrillo, e chi scrive ha fatto parte del collegio di difesa del governo italiano), e la Corte Costituzionale ha detto che se si vuole cambiare anche questo punto bisogna passare per il Parlamento. Infine, pur mantenendo il divieto e le sanzioni all’utero in affitto, di fatto la giurisprudenza italiana lo ha sdoganato per altra via.
Il grande esercizio di democrazia di dodici anni fa non ha retto alle pressioni del mercato e dell’ideologia: la reazione allo schiaffone referendario di 12 anni fa è stata forte, ma non democratica. La legge 40 su diversi punti importanti continua a tenere, nonostante tutto. E soprattutto un Parlamento diverso da quello attuale, che rispecchiasse la maggioranza moderata del paese, potrebbe di nuovo cambiare la rotta.