Legge di stabilità: sfida liberale allo statalismo del Governo Renzi
10 Novembre 2015
«È una manovra scritta con la mano sinistra, fatta in deficit, non aggredisce né il debito né la spesa pubblica. Non ha nulla a che fare con le ricette liberali e come tale, al di là di singole eventuali misure, ad oggi non può avere il nostro consenso». Gaetano Quagliariello non ha usato mezzi termini nel presentare oggi in conferenza stampa, insieme ai senatori Andrea Augello, Luigi Compagna e Carlo Giovanardi, otto proposte di modifica, condensate in sette emendamenti, alla legge di stabilità targata Renzi.
Un provvedimento, ha spiegato l’ex coordinatore del Nuovo Centrodestra, che nel riproporre «la più classica delle ricette socialdemocratiche», si tiene accuratamente alla larga dai «gangli in cui si annidano le più ampie sacche di statalismo, clientelismo, opacità, spreco, inefficienza e corruzione».
Due terzi dell’ammontare della manovra, prosegue il ragionamento, sono coperti da nuovo debito, utilizzato non per investimenti strutturali ma per continuare a foraggiare la spesa corrente: «un sistema con il quale per decenni si è scaricato il peso del benessere sulle spalle dei propri figli, adagiandosi sul fatto che le generazioni successive non votano, o almeno non in tempo utile a sanzionare politicamente i governi che comprano flessibilità per l’oggi firmando cambiali che scadranno domani».
Un concetto che Quagliariello ribadisce con enfasi: «L’orizzonte della cambiale coincide con l’orizzonte del consenso». Anche se, nel caso della legge di stabilità attualmente all’esame delle Commissioni di palazzo Madama, non bisognerà nemmeno attendere la staffetta generazionale: «con questa manovra in disavanzo usiamo tutti i margini di flessibilità non per fare un grande piano di investimenti, ma per far slittare l’aumento dell’Iva», ha chiosato infatti Augello, il quale si dice sicuro che «Keynes non avrebbe mai detto di indebitarsi per coprire le clausole di salvaguardia».
Con questi emendamenti «vogliamo esercitare un sindacato ispettivo» del Parlamento e qualora l’Esecutivo dovesse dare parere avverso ai tagli di spesa previsti dagli emendamenti, «non sarebbe più il Governo che io ho appoggiato», ha aggiunto Compagna, al quale ha fatto eco Giovanardi: «Il nostro pacchetto di proposte va tutto nella direzione di un taglio effettivo e mirato della spesa, con coperture reali, anziché improbabili "pagherò" a breve scadenza».
Quanto al merito degli emendamenti, essi traggono ispirazione, hanno rivelato i quattro firmatari, dalle proposte contenute nel rapporto di Carlo Cottarelli e dalle ricette di Raffaele Cantone sulla lotta alla corruzione, agendo sulla razionalizzazione degli immobili della pubblica amministrazione e sul loro impiego, oltre che sulla soppressione di «enti inutili e costosi come i consorzi di bonifica e i bacini imbriferi montani». Il pacchetto di misure interviene inoltre sulla razionalizzazione delle società partecipate dagli enti locali, prevedendo sanzioni per gli inadempienti, sull’abolizione dei rimborsi delle spese di trasporto e rappresentanza per i membri delle giunte e dei consigli regionali, sull’introduzione del parametro del costo standard per il funzionamento delle macchine amministrative e burocratiche dei consigli regionali.
È previsto poi il divieto per le regioni di coprire con l’aumento dei ticket la razionalizzazione della spesa sanitaria, e la fusione dei comuni sotto i 3000 abitanti, con la possibilità però di mantenere i municipi, a salvaguardia dei "campanili" come patrimonio identitario del Paese.
Sono proposte di «buon senso» (si calcola possano generare un risparmio strutturale di 1-1,8 miliardi l’anno) per «prosciugare la spesa pubblica, ridurre il debito, combattere lo statalismo e la corruzione», hanno detto in conclusione i quattro senatori, aperte alla sottoscrizione di tutti, e con le quali si chiede al Governo un deciso cambio di rotta: se le ipotesi di modifica verranno accolte, «ne prenderemo atto e il nostro voto si uniformerà». In caso contrario, la legge di stabilità «non avrà il nostro consenso». Nella consapevolezza che ciò comporti «l’interruzione del rapporto organico di sostegno alla maggioranza e al Governo».