Legge elettorale, la strada per Walter sembra sempre più in salita

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Legge elettorale, la strada per Walter sembra sempre più in salita

09 Gennaio 2008

Walter Veltroni continua a
perseguire la sua missione impossibile. Ma la strada per la riforme appare
sempre più in salita ogni giorno che passa e gli ostacoli sul cammino di un
accordo sempre più numerosi e difficili da aggirare.

E così l’augurio
che Silvio Berlusconi invia da Antigua al segretario del Partito Democratico risuona
come un invito involontariamente beffardo. “Io aspetto – dice il presidente
azzurro – ma Walter metta d’accordo i suoi”.

Il consiglio equivale,
ovviamente, a una sorta di missione impossibile. Tanto più che la settimana in
corso rischia di mettere ulteriormente sotto i riflettori la distanza che
divide i partiti di entrambi gli schieramenti. La stessa riunione andata in
scena lunedì nel loft del Partito Democratico tra i massimi dirigenti della
nuova creatura politica non ha contribuito a dissipare le nebbie. Veltroni ha,
infatti, messo l’accento sulla necessità di ripartire dalla bozza Bianco ma ha
anche fissato alcuni paletti irrinunciabili. Per il sindaco di Roma il testo
della bozza al Senato deve prevedere il voto unico e non disgiunto, il recupero
dei resti e il premio di maggioranza al partito più forte. Una serie di puntualizzazioni
ad alto rischio che ha sollevato immediatamente le perplessità di D’Alema,
Rutelli, Rifondazione, centristi e piccoli partiti in generale. Una barriera di
sbarramento decisamente nutrita e agguerrita a cui fa da contraltare
l’interesse e il sostanziale plauso di Forza Italia per la proposta veltroniana.

Fatto sta che la matassa
appare sempre più intricata. E certo non contribuiscono a rendere il quadro più
limpido la bocciatura senza appello che arriva da An e le richieste di
modifiche della bozza richieste a gran voce dall’Udc, fermo nell’invocare l’eliminazione
del premio al partito che prende più voti.

Le critiche, però, arrivano anche
dagli alleati di maggioranza. Cesare Salvi (Sd) chiede di vedere il nuovo testo
base, avere il tempo di leggerlo per appurare che siano eliminati gli “imbrogli
e i trucchi che favoriscono solo Pd e Berlusconi”. I Verdi definiscono la bozza
Bianco “una provocazione, evidente frutto dell’accordo tra Berlusconi e
Veltroni” che vogliono “utilizzarla per arrivare al referendum evitando che il
Parlamento lavori ad una proposta seria”. E anche Rifondazione chiede di
eliminare gli elementi che “servono a contrabbandare un sistema di fatto
bipartitico”. Tuona anche l’Udeur che con Clemente Mastella minaccia: “La bozza
Bianco va rivisitata altrimenti voteremo contro”.

L’iter della proposta,
comunque, va avanti. In Senato si è conclusa la discussione generale ma sul
testo non definitivo perché il relatore, Enzo Bianco, deve ancora sciogliere parecchi
nodi. Martedì prossimo, 15 gennaio, la commissione Affari Costituzionali di Palazzo
Madama tornerà a riunirsi e nel pomeriggio e l’ufficio di presidenza deciderà sui
tempi: Bianco dovrebbe portare il testo base nella versione definitiva già
martedì, il voto potrebbe esserci tra mercoledì e giovedì. Un calendario sul quale la Lega non è d’accordo e
Roberto Calderoli chiede che si aspetti la pronuncia
della Consulta sui quesiti referendari, che dal 16 gennaio si riunisce in
camera di consiglio.

Ma Bianco – relatore di una legge che, dopo un anno e
mezzo dal suo avvio, non è ancora riuscito a essere votata nel suo testo base – a sua volta fa capire che vorrebbe
puntare all’adozione della bozza di riforma elettorale in concomitanza con la
riunione della Consulta che dovrà decidere sulla ammissibilità del referendum.

Nel caso di via libera al testo base, si fisserà il termine per gli
emendamenti, probabilmente entro una settimana, arrivando così intorno al 22
gennaio, anche se il termine potrebbe essere più ampio. Nel programma di
massima, l’esame della commissione potrebbe andare avanti un altro paio di
settimane, con l’obiettivo di licenziare il testo per l’aula nella prima
settimana di febbraio.

Si tratta, però, di un
cammino puramente teorico, di una sorte di esercitazione stlistico-parlamentare
perché è difficile che l’Unione possa ritrovarsi in aula a mettere in piazza le
proprie divisioni senza aver raggiunto quell’accordo che, al momento, appare a
tutti un miraggio lontanissimo.