Legge elettorale, prendere atto del fallimento del modello uninominale
14 Settembre 2021
Dalle elezioni politiche del 1948 sino a quelle del 1992 (undici tornate elettorali), il sistema proporzionale aveva consentito la formazione di Governi che rappresentavano la maggioranza degli italiani sia nel voto popolare che in Parlamento.
Ma contestualmente all’assalto dei magistrati di Mani Pulite ai cinque partiti che erano stati la spina dorsale di queste maggioranze (DC, PSI, PSDI, PRI, PLI) nel 1993 Mino Martinazzoli, neo eletto Segretario della DC, convocò i gruppi parlamentari alla Camilluccia per annunciare una svolta epocale: dopo più di quaranta anni di convinta adesione al sistema proporzionale il partito si convertiva ad un sistema maggioritario incardinato per il 75 per cento in collegi uninominali ed il resto con il sistema proporzionale corretto con lo scorporo dei voti dei vincenti i collegi uninominali (il cosiddetto Mattarellum).
In quella occasione presi la parola assieme a Guido Bodrato e Francom Ciliberti per lanciare l’allarme sul risultato nelle Regioni Rosse dove la sinistra avrebbe vinto tutti i collegi uninominali (come poi effettivamente avvenne), ma ci venne risposto che noi avremmo fatto il pieno di deputati al sud.
Nel dibattito venne posta un’altra importante questione relativa al fatto che, scartata l’ipotesi di un doppio turno alla francese, nel collegio chi prendeva ad esempio il 34 per cento dei voti diventava deputato, mentre magari due competitori con il 32 per cento l’uno erano fuori dalla corsa, pur avendo totalizzato sommandoli il 66 per cento dei voti.
Questa scelta avrebbe inevitabilmente comportato la scomparsa del centro che sarebbe stato risucchiato da una parte o dall’altra, senza peraltro garantire che il sistema fosse in grado di garantire una maggioranza in Parlamento che rappresentasse la maggioranza degli italiani.
Ed infatti dal 1994 al 2018, sia che vincesse il centro destra sia che vincesse il centro sinistra, la maggioranza parlamentare del dopo elezioni (governi Berlusconi e Prodi compresi) rappresentava non la maggioranza ma una minoranza degli elettori, con migrazioni bibliche di deputati e senatori da una parte all’altra del Parlamento in base alle convenienze del momento.
Manca circa un anno e mezzo alle prossime elezioni politiche e la drastica riduzione del numero dei Deputati e Senatori impone di mettere mano alla legge elettorale.
Alla luce delle considerazioni sopraesposte non sarebbe il caso di prendere atto che il sistema di elezione uninominale è stato un disastro e che i cittadini italiani votano già con il sistema proporzionale e la libertà di esprimere preferenze i consiglieri comunali, quelli regionali e i parlamentari europei?
O ancora una volta sarà qualche segretario di partito a decidere a tavolino da Roma chi imporre in un Collegio, umiliando la rappresentanza democratica locale con personaggi pronti poi a qualunque giravolta nella speranza di essere di nuovo eletti?