Legge elettorale, Renzi gira in tondo ma l’Unità se la prende con Alfano
21 Dicembre 2013
“La legge elettorale è la priorità delle priorità ed entro gennaio dobbiamo farcela”, dice Renzi. Dall’Unità apprendiamo anche altro: che “segnali importanti” sono stati il passaggio della riforma dal Senato alla Camera, “come sottolinea Debora Serracchiani”, e “il calendario della Commissione affari costituzionali guidata da Francesco Paolo Sisto di Forza Italia”. Che il Renzi intervistato dal Tg4 guarda oltre il perimetro della maggioranza “per non avere veti, stop e rallentamenti”, che il Pd è “indisponibile” a legare la riforma elettorale “al progetto più ampio (ma assai più lungo) delle riforme costituzionali” e che non c’è la “necessità di chiudersi in una specifica soluzione tecnica”. Si descrive l’emozione della “giovanissima deputata Maria Elena Boschi” in visita dal Capo dello Stato (“è stato molto cordiale, disponibile, davvero carino”), fino all’affondo: “Nuovo Centrodestra minaccia di far saltare il governo se il Pd non trova un accordo di maggioranza” e alla conclusione: “Il rischio di voto anticipato non è da escludere”.
Si potrebbe obiettare alla governatrice Serracchiani che la riforma comunque dal voto del Senato dovrà passare; che qualche scrupolo su un presidente di Commissione eletto con il Pdl nella maggioranza e rimasto al suo posto con Fi all’opposizione – è il caso di Sisto ma non solo il suo – l’Unità potrebbe anche farselo; che durante l’incontro tra Napolitano e la Boschi il presidente ha voluto parlare di superamento del Senato e riforma del Titolo V cioè di quegli argomenti che nello schema del velociraptor fiorentino “allungano i tempi” rispetto alla inderogabile legge elettorale. Ma a lasciare basiti nella ricostruzione del giornale voce dei democratici è il tentativo di addossare ad Alfano l’eventuale fallimento delle trattative, perché, addirittura!, Ncd vuole un confronto nella maggioranza e non giochini con maggioranze variabili. L’impressione è al contrario che il segretario del Pd oscilli tra la volontà di fare una riforma con i partner che sostengono responsabilmente il Governo e la tentazione di chiudere al volo un accordo con chi ci sta, siano Forza Italia o i 5 Stelle, anche se non si capisce bene quale sarebbe la proposta: se il Mattarellum aggiornato, il doppio turno con voto di lista, il modello spagnolo… del resto abbiamo capito che “non bisogna chiudersi in specifiche soluzioni tecniche”. L’importante è accusare Nuovo Centrodestra di voler far saltare il Governo.
Eppure il Pd prima ha chiesto all’Esecutivo di fermarsi sulle riforme perché occorreva trovare un accordo con il segretario che sarebbe uscito vincitore dalle Primarie, mentre adesso accusa i partner di maggioranza di immobilismo e tratta con gli emissari forzisti e grillini… L’impressione è di nuovo che Renzi voglia usare la legge elettorale come uno strumento per tenere sulle spine il Governo ma – sapendo che se non si facesse la riforma si tornerebbe a votare con un proporzionale puro, che non gli è congeniale – da qualche giorno ha preso a girare in tondo. Dice di non voler badare ai cavilli e prova a mettere in concorrenza alleati e oppositori, anche se poi la Boschi sulla Stampa sostiene che in Forza Italia non è ancora maturata una posizione unitaria; sa che di tentativi, falliti, di andare al voto anticipato con una legge fatta su misura è lastricata la strada della Seconda Repubblica, ma nonostante tutto deve dare ai suoi l’impressione di voler fare presto, subito, “adesso!” (ha anche anticipato di due mesi l’elezione dei segretari regionali del partito). Si dice “allergico” ai palazzi romani, senza accorgersi che, con il suo navigare zigzagante, rischia qualcosa in più di un gesto di scortesia istituzionale o di un proporsi generico e facilone, ovvero ricadere in quella politica malmostosa che sembrava odiare tanto. Per cui siamo arrivati al paradosso del Pd che deve capire quale tipo di “Sindaco d’Italia” abbia in mente Ncd…
La realtà è che facendo in fretta, e male, la sera delle elezioni rischiamo un’altra volta di non sapere chi ha vinto. Di non avere ancora una seria riforma della legge elettorale. Di continuare ad avere due camere che fanno le stesse cose e troppi parlamentari. Di salutare in modo irriguardoso il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Ricadendo nelle identiche condizioni del recente passato: una crisi istituzionale aggravata da quella economica. Allora addio ripresa, addio stabilità e addio crescita. E perché no, addio Renzi.