Leggere WikiLeaks per scoprire i dubbi degli americani sul “caso Calipari”
21 Dicembre 2010
WikiLeaks riapre il caso di Nicola Calipari, l’agente dei servizi italiani ucciso dal “fuoco amico” americano in Iraq dopo aver liberato la giornalista Giuliana Sgrena, il 4 marzo del 2005. Il dispaccio inviato dall’ambasciata Usa a Roma all’Amministrazione Bush, due mesi dopo, mostra soddisfazione verso l’atteggiamento del governo sulla vicenda: “Berlusconi ha riaffermato i punti di maggiore rilevanza per noi,” sottolinea l’ambasciatore Sembler, “l’incidente non è stato intenzionale, le relazioni fra Italia e Usa rimangono forti, e l’Italia sarà ancora coinvolta nel suo impegno in Iraq”.
Non siamo un Paese che si tira indietro, insomma, anche quando è l’America a metterci in difficoltà. Washington ne è al corrente. Forse per questo motivo, Sembler si raccomanda con la Casa Bianca di “non criticare punto per punto” il nostro rapporto sulla morte di Calipari, perché questo atteggiamento provocherebbe delle “conseguenze asimmetriche” sulle relazioni transatlantiche. Un governo Berlusconi troppo sbilanciato verso gli americani rischierebbe di apparire “sleale” di fronte all’opinione pubblica. L’effetto sarebbero delle “severe conseguenze” sulla permanenza delle truppe italiane in Iraq. Ma perché l’ambasciatore si preoccupa tanto?
Sembler segnala ai suoi superiori "la determinazione del governo e degli investigatori italiani nel dribblare ogni critica sul ruolo di Calipari stesso, che li ha spinti a ignorare una questione che sembra ovvia agli investigatori americani: come mai fra trenta automobili che attraversarono il posto di blocco, quella notte ne venne colpita solo una?". L’ambasciatore pare accreditare la tesi che in quella notte maledetta la pattuglia del soldato Lozano si vede piombare incontro la Toyota Corolla a velocità sostenuta, sulla stessa strada in cui si era mosso poche ore prima uno dei pezzi grossi delle forze di occupazione americane in Iraq, John Negroponte. Forse per questo la pattuglia era al buio e non rispetta alla lettera le regole d’ingaggio. Lozano spara.
La scena ha toni concitati. La macchina degli italiani avrebbe potuto essere scambiata per un’auto-bomba ed è improbabile che dei semplici soldati siano stati informati sulla missione segreta dell’agente italiano. Quando si accorgono del terribile errore, i Marines cercano di soccorrere Calipari morente e trasferiscono la giornalista in ospedale. Sembler sa che in America ci sarebbero fior di studi legali pronti a difendere Lozano e a smontare pezzo per pezzo il racconto della Sgrena. L’ambasciatore si aspetta che la stampa Usa più aggressiva scateni una campagna in difesa del soldato, come effettivamente avverrà qualche tempo dopo, per esempio in questa intervista al New York Post, che a leggerla sapendo che a parlare è l’uomo che ha ucciso Calipari in certi passaggi appare decisamente sgradevole. Così avverte la Casa Bianca invitandola a tenere un basso profilo.
Ieri Palazzo Chigi ha replicato stizzito alla pubblicazione del dispaccio: "Ancora una volta i resoconti di Wikileaks attribuiti all’ambasciatore americano in Italia corrono il rischio di accreditare posizioni, non solo mai assunte dal governo italiano, ma esattamente contrarie alla verità. (…) Le valutazioni personali di diplomatici americani a Roma si sono trasformate in presunte ‘posizioni ufficiali’ che il governo italiano non ha invece mai assunto". Una posizione dura, che fa riemergere versioni e verità contrastanti.