Leggi le poesie di Vittorio Bodini
12 Luglio 2009
Le poesie che seguono sono tratte dalla raccolta “Dopo la luna”, compilata da Vittorio Bodini nella prima metà degli anni ’50. I componimenti che proponiamo presentano alcuni dei temi cari al poeta: il Salento, la natura, la Spagna. “Dopo la luna” è oggi pubblicato dall’editore Besa di Nardò: a settembre, nella collana “Bodiniana” diretta dal professor Antonio Lucio Giannone, verrà pubblicato un commento all’opera a cura di Antonio Mangione.
Come un polpo sbattuto
Come un polpo sbattuto ancora vivo contro lo scoglio
si arricciolavano i miei pensieri
a Bari fra le barche verdi e gli inviti
favolosi dei venditori
di quella iridescente pena; ma io
non avevo che una moneta
d’impazienza e di notte,
una moneta nera dei paesi
dell’interno, che soffoca le case
fra orizzonti di corda su cui oscilla
la tarantola – un’altra pena; e tu un’altra,
quando dicesti: la pietà è più forte
dell’amore. Più rapida è volata
che il mio odio la mano sulla tua guancia.
Lecce
Biancamente dorato
è il cielo dove.
sui cornicioni corrono
angeli dalle dolci mammelle,
guerrieri saraceni e asini dotti
con le ricche gorgiere.
Un frenetico gioco
dell’anima che ha paura
del tempo,
moltiplica figure,
si difende
da un cielo troppo chiaro.
Un’aria d’oro
mite e senza fretta
s’intrattiene in quel regno
d’ingranaggi inservibili fra cui
il seme della noia
schiude i suoi fiori arcignamente arguti
e come per scommessa
un carnevale di pietra
simula in mille guise l’infinito.
Madrid
Lo stagno senza viole
dove morì Pilar,
Pilar dalle ascelle implumi
che esigeva l’amore come un credito,
non lo voglio vedere.
Andiamo a Fuencarral.
Andiamo a Plaza Santa Ana.
Gamberi e Manzanilla,
olive verdi e alici.
S’accendano tutte le luci
e gli occhi delle madrilene.
Estate. I grandi piatti
Estate. I grandi piatti di conserva
sulle terrazze
e il fumo che dai camini
nella luce s’invetria.
Ritrovano le cose nel sonno umano
il silenzio ch’è la loro forma.
Rivive così la vuota
carcassa d’un grillo
in una morte o delicata speranza.
Le formiche avanzano. Brilla
il coperchio come un re,
d’una scatola di latta.
E si ode il fiato sottile delle costellazioni,
quello dei santi nelle campane di vetro
sui freddi marmi dei comò.
Arcieri nelle grotte
saettano tori
e amori senza labbra,
occhi dalle palpebre lievemente arrossate
da un’intima congiuntivite.
I pini della Salaria
Attento. Ogni poesia
può esser l’ultima.
Le parole s’ammùtinano.
Comincia un insolito modo
con le cose di gl1ardarsi
d’intendersi
scavalcando le parole
in una vile dolcezza.
Ahi, e avevo un cuore
che voleva abbaiare
tutte le notti
alla luna e alle pietre.
Sì, i cappellini d’edera
dei lampioni notturni,
le coppie che s’abbracciano
nelle macchine ferme…
Che posto troverò per voi
nella memoria,
per voi e per le colme cupole
che ammaìna Roma nell’ombra?
I pini della Salaria
non hanno pigne
da far scoppiare al fuoco,
pigne calde da mettere
nel cavo petto dei morti.
Da Dopo la luna,
1952-1955