L’Egitto ci ricorda che Al Qaeda non è stata sconfitta
03 Gennaio 2011
L’odio verso l’Occidente, insomma, tenderebbe a placarsi. Sempre l’anno scorso, in un autorevole editoriale apparso su Newsweek, Fareed Zakaria annunciava la sconfitta di Al Qaeda grazie a un risveglio collettivo nel mondo islamico.
Non si può negare che negli ultimi dieci anni siano stati fatti importanti passi avanti nella lotta ai paradisi del terrore: oggi non ci sono più stati come l’Emirato islamico dell’Afghanistan che offrivano un riparo ufficiale ai fedeli di Bin Laden. Dopo l’11 Settembre la “Base” è stata divelta dall’Afghanistan e schiacciata in Iraq, e il fatto stesso che l’internazionale jihadista oggi sia costretta a spingersi in altri luoghi del mondo politicamente instabili oltre che geograficamente inaccessibili, scossi da faide religiose e sommovimenti a sfondo nazionalistico – dal Sahara alla Somalia e lo Yemen –, potrebbe essere interpretato come un segnale di debolezza di fronte alla pressione del globocop americano.
Il Wall Street Journal mostra come in Europa, nell’ultimo mese, fra Svezia, Gran Bretagna, Danimarca, Olanda, siano stati arrestati decine di jihadisti. Gli obiettivi erano i soliti: il giornale danese Jyllands-Posten che ha pubblicato le vignette su Maometto, la Borsa di Londra e l’ambasciata Usa in Gran Bretagna. Una considerazione positiva possiamo permettercela, suggerisce il WSJ: l’intelligence dei Paesi europei, coordinandosi con quella Usa, ha ottenuto buoni risultati, sventando nuovi attacchi sul suolo occidentale. Martellata dai Droni tra Afghanistan e Pakistan, e sotto tiro in Iraq, la dirigenza jihadista non riesce più a garantire un training adeguato ai kamikaze.
Ma ciò non vuol dire che le diverse “costole” di Al Qaeda abbiano cessato di rappresentare un pericolo per gli islamici stessi o per i cristiani, come ha dimostrato l’attentato contro i copti di Alessandria. Al Qaeda è ancora saldamente presente, a vari livelli, nel mondo arabo e musulmano, sia nei Paesi che si dicono alleati degli Usa, sia in quelli che contrastano apertamente l’Occidente.
Per non dire dei sauditi e delle petrocrazie del Golfo. Dopo l’11 Settembre, Casa Saud ha cercato di migliorare il suo appeal agli occhi della Casa Bianca e i dispacci della diplomazia americana pubblicati da WikiLeaks riconoscono il ruolo svolto dalla casa regnante per contrastare le sacche di consenso verso Al Qaeda. Questi sforzi non cancellano le lapidarie parole del segretario di stato Hillary Clinton, convinta che il terrore, almeno quello finanziario, passi ancora dal Golfo e dai banchieri della morte tollerati a corte. Finché ad essere sradicato non sarà il network economico che permette ad Al Qaeda, ai Talebani, o a gruppi come Laskar al-Taiba (quelli dell’attacco a Mumbai) di sostenersi, l’impegno militare e gli sforzi diplomatici dell’Occidente saranno vanificati.
L’Iran, infine, che vorrebbe autoaccreditarsi come lo Stato guida dell’Islam, capace di stabilizzare un’area che va da Gaza all’Afghanistan, appare un alleato silenzioso e per questo ancora più prezioso per i jidadisti. In Iran è stato ucciso uno dei figli di Bin Laden, di un altro si sa che viene protetto da Teheran, entrambi dopo il 2001 hanno contribuito alla campagna qaedista per rovesciare la monarchia saudita.