Legnini da Orlando, caso chiuso? Morosini: “Mie parole manipolate, attacchi durissimi”
11 Maggio 2016
Il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, sembra buttare acqua sul fuoco nello scontro tra giudici e politica, dopo il caso Morosini. “Non era un caso da risolvere perche’ non c’era da metterci una pietra sopra, e’ una vicenda chiarita”, ha detto Legnini alla fine dell’incontro con il ministro della Giustizia Orlando.
“Morosini mi ha detto che non si riconosce nelle affermazioni che gli sono state attribuite e ha preso le distanze”, aggiunge Legnini riferendosi ai giudizi espressi dal membro del Csm su riforme, magistrati e sullo stesso Consiglio superiore della magistratura, apparsi in una intervista che Morosini aveva subito smentito.
Da parte delle toghe servono “condotte che mettano gli organi istituzionali al riparo da polemiche”, chiede il ministro Orlando, che la scorsa settimana aveva definito il caso di “rilevanza istituzionale” e che ieri ottiene da Legnini l’impegno a vigilare perche’ “i pareri del Csm siano strettamente legati alla funzione istituzionale”.
“Consoni alle finalita’ dell’istituzione con considerazioni tecnico-giuridiche. Il che non esclude che il Csm possa fare considerazioni critiche”, aggiunge Legnini. Sulla eventuale partecipazione dei magistrati alla campagna sul referendum costituzionale, Legnini ha invitato i giudici alla cautela e indicato la strada di un codice di autoregolamentazione per i consiglieri del Csm.
Morosini, intervenendo al plenum del Csm, dice di essere stato vittima di “un’inaccettabile manipolazione delle sue parole” e poi,nonostante la sua smentita, di “attacchi durissimi e reiterati”: “una cosa che non potrei perdonarmi e’ se da questo episodio incredibile, derivasse l’occasione per discutere di limitazioni dei diritti personali non solo dei consiglieri superiori ma di tutti i magistrati italiani”.