Lele Mora sulle notti di Arcore, “degrado e potere”. Come fare l’indiano
28 Giugno 2013
di redazione
La difesa di Lele Mora prova ad allegerire la posizione dell’agente dello spettacolo nel processo Ruby Bis. E a scaricare sul Cav. ogni responsabilità. "Quasi tutte queste ragazze conoscevano già Berlusconi e Fede, anzi era Berlusconi che le raccomandava a Mora dicendogli ‘falle lavorare, dagli un’opportunita’, una chance’". Dai fasti di Videocracy, quando faceva ascoltare al regista del film le suonerie fascie del telefonino, ora Mora teme di fare un brutta fine: 7 anni induzione e favoreggiamento della prostituzione anche minorile. "Le condotte di Mora non hanno niente a che vedere con gli atti sessuali eventualmente compiuti", dice il difensore, e il talent scout sembra colto da una crisi di coscienza: "Dismisura, abuso di potere e degrado come ha scritto un importante quotidiano", dice rilasciando dichiarazioni spontanee in aula, "Voglio uscire da questa bufera", in cui è finito con Emilio Fede e Nicole Minetti. Il suo legale chiede la "Assoluzione perché il fatto non costituisce reato". Ma c’è una conferma: "E’ vero che andavo alle cene ed è vero che accompagnavo alle cene alcune ragazze ed è vero che ho avuto tramite il dottor Fede un prestito dall’onorevole Berlusconi". Insomma, da dipingere il Cav. come un uomo più buono di Wojtyla, ora Mora fa dietrofont, anzi, fa l’indiano, come se lui fosse un’altra delle tante sedicenti vittime del bunga bunga. Forse dovrebbe rivedersi al ralenty le scene che lo riguardano in Videocracy.