L’emendamento Regeni e l’olio d’oliva

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L’emendamento Regeni e l’olio d’oliva

01 Luglio 2016

Che c’entra l’emendamento sulle sanzioni all’Egitto per il caso Regeni, appena passato in Senato, con il ddl votato alla Camera che recepisce la normativa Ue sull’olio extravergine di oliva? Il senato ha approvato l’emendamento al dl missioni all’estero, bloccando la vendita di pezzi di ricambio per i caccia F16, componenti destinate all’Egitto, una mossa che, a quanto pare, sembra aver soddisfatto la presidente Boldrini e il ministro Gentiloni.

Peccato che il Cairo non dovrà certo accattonare per trovare quei pezzi da qualche altra parte nel mondo: si tratta quindi dell’ennesimo schiaffo tirato dall’Italia al “regime” egiziano, come piace dire a molti. Schiaffo che viene dopo il ritiro del nostro ambasciatore al Cairo e che deriva dal pregiudiziale atteggiamento italiano verso l’Egitto sul caso Regeni, come se per noi il caso in questione fosse già risolto, il verdetto di colpevolezza su Al Sisi emesso inequivocabilmente tanto da votare appunto le “sanzioni”. Avessimo seguito la stessa strada con l’India, infischiandocene delle questioni economiche che c’erano in ballo, forse avremmo riportato a casa i Marò qualche anno prima.

Peccato che l’Egitto rappresenti oggi e sotto tanti punti di vista un partner importante. Un Paese con cui fare affari (Eni), che può darci una mano a contenere la immigrazione illegale dalla Libia, e che, cosa ancora più importante, può bloccare i foreign fighters di ritorno da “Sirak” (Siria e Irak), ora che Isis sembra sia stata messa sotto torchio; uno Stato che, forse unico nel quadrante insieme alla Giordania, non vuole ributtare a mare Israele. E proprio mentre Israele si riappacifica con la Turchia ed Erdogan decide di incontrare Putin, noi che facciamo? Continuiamo a prendercela con l’Egitto. 

La domanda è d’obbligo: l’Italia ha uno straccio di politica estera e c’è una razionalità nel modo in cui gestiamo le relazioni internazionali? Oppure, come sembra guardando al cosiddetto “emendamento Regeni”, il governo tratta questioni di politica estera come se fossero vicende di squisita politica interna, avallando le “sanzioni” per placare la sinistra che rumoreggia in parlamento e nelle piazze?

Fin qui l’Egitto. C’è poi la storia dell’olio extravergine di oliva. Quello che stiamo mandando al macero votando una legge che, pur di ottemperare alle direttive europee, apre a una deregulation selvaggia nel comparto agricolo, sfavorendo i nostri produttori e rischiando di portare sulla tavola degli italiani prodotti non controllati, che a differenza del nostro olio non hanno date di scadenza precise. 

Un bel colpo inflitto alle eccellenze agroalimentari italiane, ai consumatori e pure ai difensori del biologico, che tante simpatie sembra(va)no avere proprio a sinistra. Dunque cos’è che lega il cosiddetto emendamento Regeni alla vicenda sull’olio d’oliva? Nel primo caso, pur di tacitare gli indignados, il governo subordina a questioni di politica interna spicciola la nostra politica estera (non è andata così con l’India forse perché alla sinistra i Marò interessavano poco). Nel secondo caso, dimostriamo invece tutta la nostra subalternità all’Europa.

In tutti e due i casi, governo e parlamento non riescono a tutelare il nostro interesse nazionale. Facciamo i forti con i deboli e i deboli con i forti. Ma nessuno s’indigna per questo.