L’emergenza nel porto di Pescara riguarda tutta la Regione

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L’emergenza nel porto di Pescara riguarda tutta la Regione

02 Marzo 2011

di V. F.

Parola d’ordine: risolvere l’emergenza. Perché il porto di Pescara non può più aspettare. E soprattutto non possono più aspettare gli operatori: diporto, pesca, traffico merci rappresentano settori fondamentali per l’economia dell’intera regione. “La situazione è effettivamente grave e per le istituzioni è arrivato il momento di assumersi le proprie responsabilità”. Ad affermarlo è il consigliere regionale del Pdl Federica Chiavaroli, impegnata in prima linea nella difficile situazione del porto di Pescara.

Il problema, purtroppo non nuovo, è rappresentato dall’insabbiamento dei fondali, che in alcuni tratti assicurano a mala pena una profondità di trenta centimetri. Troppo poco per consentire l’agibilità necessaria e indispensabile per il bacino. La Regione ha già varato un provvedimento per lo stato di emergenza ed è stata avanzata la richiesta di un commissario straordinario. Inoltre una campagna di dragaggio è già stata avviata nei mesi scorsi, ma 2mila metri cubi di fanghi da rimuovere non miglioreranno molto la situazione. E’ evidente che si tratta di misure tampone. Solo un primo passo in vista di una soluzione definitiva.

“Il problema del porto di Pescara è molto complesso – spiega Federica Chiavaroli – . Ed è vero anche che in passato sono stati commessi degli errori. I problemi derivano dalla struttura stessa del porto, concepita male sul nascere. La soluzione quindi andrebbe ricercata al livello strutturale, ma la situazione ora impone di risolvere l’emergenza, visto che le barche non riescono più nemmeno ad entrare nel porto”. Che fare quindi per scongiurare il rischio che le attività collaterali giungano al collasso?

“Dobbiamo gestire l’emergenza – spiega Chiavaroli – cercando soluzioni economicamente sostenibili”. Il problema principale è quello dello smaltimento dei fanghi dragati, che secondo le nuove analisi dell’Arta, non possono essere rigettati in mare, come è accaduto fino a poco tempo fa con la vasca di colmata e la discarica a mare. Bisognerebbe, quindi, chiarire la natura degli stessi fanghi per capire se una volta trattati possono essere rigettati in mare.

Se così fosse, infatti, i costi del dragaggio diminuirebbero vertiginosamente e quindi si potrebbe risolvere il problema dragando il porto con le risorse già stanziate. “Questo è un punto sul quale è fondamentale fare chiarezza – sottolinea infatti il consigliere Chiavaroli – . L’Arta ora ha dato una classificazione diversa ai fanghi, giudicati come rifiuti pericolosi. Non è possibile che nel breve volgere di qualche mese i fanghi si siano trasformati da sabbia a rifiuto pericolosissimo! Abbiamo ascoltato pareri tecnici che però ci hanno in qualche modo rassicurato, in quanto sembrerebbe che la pericolosità sia limitata allo stato superficiale".

"Quello che serve, prima di tutto, è quindi una analisi del materiale dragato per verificare se effettivamente la parte inquinata sia solo quella superficiale. Una volta effettuata la campionatura dei fanghi si potrà agire in duplice direzione: la parte pericolosa sarà trattata con appositi macchinari; l’altra potrà essere rigettata a mare. Per fare tutto questo è indispensabile però la nomina di un commissario a cui vadano dati pieni poteri. Abbiamo individuato in Adriano Goio la persona adatta a ricoprire questo incarico, a questo punto la sua nomina non è più rinviabile. Risolviamo l’emergenza in tempi stretti perché poi avremo da affrontare la vera questione ovvero quella nuovo Piano regolatore portuale. Siamo di fronte ad una grave carenza infrastrutturale, inaccettabile per una città come Pescara, per la quale l’area portuale può e deve rivestire una valenza strategica dal punto di vista economico”.