“L’Esercito Ombra” di Al Qaeda colpisce in Afghanistan
11 Febbraio 2009
Il benvenuto dato dalla guerriglia afgana all’inviato del presidente Obama, Richard Hollbroke, non poteva essere dei più fragorosi e drammatici. Uno spettacolare attacco condotto da una squadra di martiri ha colpito ieri mattina il Ministero di Giustizia, nel cuore del potere a Kabul, un obiettivo considerato irraggiungibile sino a pochi anni fa. All’inizio si era parlato anche di attacchi contro il palazzo presidenziale, ma per fortuna le voci sono risultate infondate. Poco importa, i due obiettivi distano solo poche centinaia di metri. E così la guerriglia ha messo a segno un nuovo colpo nella sempre più insicura Kabul mostrando la sua vera agenda all’amministrazione Obama. Dopo questo attacco, l’Afghanistan è diventato più che mai il fronte principale della guerra al terrorismo. Eccone la conferma.
Ma qual è il vero nemico? Talebani, Al Qaeda, Hekmatyar? E, soprattutto, la guerriglia pensa con un’unica testa? Sicuramente quello che abbiamo di fronte è un nemico determinato, motivato e, soprattutto, in grado di colpire ovunque, persino nella blindatissima area dei palazzi governativi e delle ambasciate della stessa Kabul. Questo dimostra un salto qualitativo notevole. L’attacco di ieri mattina è stato rivendicato dai talebani, e pare che tutti i membri del commando sucida fossero pachistani. Un indizio che porta ad una prova di responsabilità? Forse, più semplicemente l’ennesima dimostrazione di quanto in realtà i due paesi, Afghanistan e Pakistan, debbano essere considerati due facce della stessa medaglia, ovvero due fronti dello stesso conflitto. Anche perché i principali gruppi della guerriglia hanno basi e centri di comando – come esattamente accadeva durante l’occupazione sovietica – in territorio pachistano. E da qui possono colpire indistintamente in Afghanistan, ma anche nello stesso Pakistan o in India. Un fatto ormai noto del quale NATO e americani si sono ormai fatti una ragione.
E’ per questo che adesso la cosa più preoccupante è in realtà un’altra: l’assieme di segnali che dimostrano come tra i diversi gruppi della guerriglia afgana starebbe aumentando la cooperazione e il coordinamento. Qualcuno si è spinto addirittura oltre fino a parlare di una struttura di comando unitaria che stabilisce e assegna gli obiettivi e coordina tutte le azioni. Difficile trovare conferme e anche le stesse agenzie d’intelligence sembrano navigare sulla questione al buio. Il salto qualitativo però è evidente così come altrettanto evidente è l’unità d’intenti tra tutti i gruppi.
Probabilmente è proprio Al Qaeda che armonizza gli sforzi e tenta di tenere unito il fronte della guerriglia. Non solo, dunque, il consueto lavoro di copertura ideologica e politica, ma anche un lavoro operativo forte di anni di esperienza maturata su più fronti del jihad internazionale. Dopo la sconfitta in Iraq, l’organizzazione è tornata a concentrare in grande stile i propri sforzi nuovamente sull’Afghanistan e sul Pakistan, dove, rispetto agli anni precedenti, sembra essersi data una nuova struttura, più flessibile, meno gerarchica e in grado di adattarsi con rapidità all’evoluzione degli scenari.
Tale struttura sembrerebbe avere anche un nome, Lashkar al Zil (“Esercito Ombra”), e sarebbe una sorta di erede di quella che al tempo del regime talebano era la famigerata “Brigata 55”, la brigata internazionale di Al Qaeda. I suoi organici sono costituiti come allora da arabi, filippine, uzbeki, ceceni ecc., ma nei suoi ranghi oggi sarebbero integrati anche elementi locali appartenenti ai talebani, sia dell’ala pachistana del Tehrik e-Taliban sia dell’ala afgana, ed alla rete di Haqqani, l’altro asse portante della guerriglia. Secondo nostre fonti, Lashkar al Zil sarebbe organizzato su tre o quattro brigate per un totale di alcune migliaia di uomini.
Tutta l’infrastruttura addestrativa e di supporto logistico è localizzata nelle aree tribali pachistane, la Provincia del Nord-Ovest e le FATA. Secondo l’intelligence americana, in queste aree sono presenti oltre 150 campi ed altri 400 siti definibili di supporto. Di questi, solo una quarantina sono da considerarsi strutture permanenti, a testimonianza della grande flessibilità che la nuova organizzazione si è voluta dare. Il dispositivo logistico e addestrativo è integrato da chilometri di postazioni difensive, tunnel e capisaldi, una struttura scaglionata rivelatisi molto ostica per i militari pachistani impiegati nelle operazioni in queste aree. Le loro testimonianze lo confermano. Talebani e qaedisti combattono molto bene, ma soprattutto, combattono come una forza organizzata e non come una semplice milizia. Hanno ottime armi e addirittura sistemi di comunicazione migliori rispetto ai loro. E pure gli stessi cecchini si sono dimostrati molto più affidabili e letali.
Gli uomini del Lashkar al Zil sarebbero inoltre dietro a due dei più sanguinosi attacchi in stile commandos compiuti dalla guerriglia negli ultimi tempi in Afghanistan. In uno di questi, la scorsa estate, qaedisti, talebani e membri dell’Hezb e-Islami hanno assaltato una base avanzata americana nella provincia di Nuristan uccidendo nove militari statunitensi. I miliziani per poco non sono riusciti a conquistare la base e l’attacco è stato respinto solo grazie all’intervento dell’Aviazione. Un’ azione replicata poco dopo contro i parà francesi nella valle di Surobi, alle porte di Kabul, che è costata la vita a dieci militari.
Tornado all’attacco di ieri mattina, è possibile che dietro ci sia veramente lo zampino di Al Qaeda. Se non nell’esecuzione, quanto meno nella preparazione. Del resto l’organizzazione ci ha abituato a spettacolari azioni ispirate ad un altrettanto spettacolare regia. Al di là delle responsabilità, è sempre più chiaro che in Afghanistan ci stiamo trovando di fronte ad una guerriglia molto forte, organizzata e composta da diverse realtà. E forse dotata di un’unica testa.