L’esilio dei neocon potrebbe finire presto (anche grazie a Liz Cheney)
03 Ottobre 2009
di Carl Franzen
Non fate caso a quello che sta accadendo oggi. Dopo un breve esilio, il neoconservatorismo potrebbe tornare in auge… o comunque essere rivendicato da alcuni conservatori. Attualmente a dominare la stampa è Bret Stephens, l’editorialista del Wall Street Journal, convinto che la filosofia politica dei “falchi” che ha condotto alla gloria l’amministrazione Bush continui a esercitare un fascino crescente su coloro che sono insoddisfatti di Obama. Stephens non è il solo a pensarla così. Con un’amministrazione che si trova ad affrontare un numero sempre maggiore di sfide politiche a livello internazionale, alcuni critici orientati a destra sostengono che il neoconservatorismo sia uscito dal guscio. La prossima sfida: convincere chiunque altro. Infatti i commentatori si chiedono se al neoconservatorismo dovrebbe essere data una nuova immagine.
• La “Fiducia nel Potere” è meglio della “Speranza”. Abitualmente immune al fascino di Obama per le nazioni ‘ribelli’, Stephens afferma che, per cominciare, i neoconservatori avevano le loro ragioni. "Da quando il pendolo ha iniziato a oscillare verso una politica estera basata su poco più della semplice attrazione personale del presidente, c’è poco da meravigliarsi che il mondo si stia guardando intorno in cerca di alternative. Inizia ad essere compresa meglio e in ogni occasione una visione del mondo in cui il potere dell’America provveda ancora un margine di manovra tra libertà e tirannia, prosperità e disordine. E il ripensamento su quella visione avviene persino in Francia".
• “Un’analisi realistica” è meglio di “Un pensiero illusorio”. Sulla rivista Commentary, Jennifer Rubin concorda, rimproverando il blaterare di Obama. “Le passate esperienze, l’attuale realtà geopolitica, i precedente storici, e il senso comune – dice Rubin – non vengono in alcun modo messi in evidenza dall’attuale presidenza. Invece stiamo puntando su una retorica trasparente e su di una fiducia pura nel dialogare con gente che chiaramente non vuole farlo con noi (o che sarebbe felice di dialogare mentre si comporta esattamente come gli pare). E ci sono molti casi che dimostrano questa condizione di stallo. Così sembra che ‘realismo’ si stia riducendo a un pensiero illusorio e ad una considerevole dose di inerzia”.
• Gli ebrei liberali stanno commettendo un errore. Sull’American Thinker, Larry Greenfield rende omaggio a due esponenti di spicco del mondo ebraico e neoconservatore – Irving Kristol e Norman Podhoretz, spiegando che la loro visione è diventata centrale all’interno del moderno conservatorismo. L’autore invita gli “ebrei liberali”, turbati dalla politica di Obama in Medio Oriente, a sposare il pensiero neocon. “Il neoconservatorismo dovrebbe essere analizzato e rispettato per i suoi meriti come un ricco e profondo contributo al conservatorismo moderno”, scrive Greenfield . “I case study dei patriarchi neoconservatori, Kristol e Podhoretz, ispirano celebrazione e contemplazione. Possa la stagione religiosa che ci troviamo a vivere invitare quegli ostinati ebrei americani che si oppongono ideologicamente al neoconservatorismo a cercare anche loro un qualche tipo di penitenza”.
• L’astro nascente del neoconservatorismo. Mark Leibovich, uno dei giornalisti del New York Times, descrive la figlia di Dick Cheney, Liz, come una delle prossime icone neocon. Liz ha difeso l’uso del waterboarding fatto dall’amministrazione Bush e anche la controversa testimonianza di suo padre. Leibovich lascia intendere che Liz potrebbe presto correre per qualche incarico ufficiale, sebbene fino adesso non si sia ancora impegnata in niente: “Ciò che è chiaro è che la signorina Cheney, come minimo, è diventata un punto di riferimento dei conservatori sulla sicurezza nazionale. Più in generale, è stata promossa ad astro nascente del Partito Repubblicano, non scostandosi troppo dal ‘marchio di famiglia’".
• Senti chi parla. Philip Weiss raccoglie le recenti opinioni dei neoconservatori sull’Iran e le prende sistematicamente di mira sul suo blog Mondoweiss. Anche Andrew Sullivan, una delle firme dell’Atlantic , non sembra impressionato: “Quello che i neoconservatori non sembrano capaci di capire è che la ‘mano tesa’ dell’America nei confronti dell’Iran non è un sintomo di debolezza, bensì di forza. La scelta di Obama è servita a scoprire il bluff degli iraniani ed ha nuovamente focalizzato l’attenzione globale sul problema reale – che non è l’egemonia dell’America ma la follia di Teheran, spingendo la palla più avanti di quanto sia mai avvenuto sotto l’amministrazione Bush e con Cheney”.
• Ma che significa allora il termine ‘neoconservatore’? Si chiede il giornalista del “Cato Institute” Justin Logan, che analizza gli scritti recenti dei neoconservatori cercando di unificarne i dogmi teoretici. Dice di aver trovato una serie di materiali largamente contradditori, “incoerenti”e intellettualmente sprezzanti: “Discutere se il neoconservatorismo sia in se stesso una teoria delle relazioni internazionali sembra una specie di esercizio da salotto delle stesse relazioni internazionali; non sappiamo se si tratti o meno di una teoria; se davvero si tratti nient’altro che di liberalismo; eccetera… ma quello che sarebbe realmente utile avere è un’affermazione chiara di quello che sia il neoconservartorismo, che possa essere analizzata nel merito. Fino a quando ciò non accadrà saremo lasciati soli a indovinare oppure, nel migliore dei casi, a venir fuori con quelle strane teorie complottiste su Leo Strauss e l’Università di Chicago che circolano su Internet”.
© The American Wire
Traduzione Alma Pantaleo