
L’eterna infanzia della sinistra

12 Giugno 2020
C’è un filo rosso che percorre la politica italiana, o meglio il gusto e la propensione di quel “ceto medio riflessivo” che ha poco alla volta rimpiazzato la classe lavoratrice come riferimento ultimo della sinistra. La potremmo chiamare la propensione per l’infanzia, per quell’età che ci sembra di ricordare come spensierata ma che forse tanto tanto in fondo non lo era. Certo, sarebbe una bella cosa se l’infanzia evocata richiamasse quella sana “ingenuità” con cui sarebbe utile avvicinarsi al mondo, quello stupore o capacità di sorprenderci che in ultima analisi significa che abbiamo rimosso i pregiudizi e le gabbie mentali in cui ci siamo rinchiusi e che non ci fanno più godere e capire la realtà. Ma purtroppo, per la sinistra, non è così. Anche l’infanzia è da quelle parti un’ideologia, la necessità di affermare le proprie idee come le migliori e indiscutibili, le uniche moralmente accettabili. Tutto iniziò, per quel che mi pare di ricordare, con i Girotondi. Il nuovo millennio aveva appena fatto trionfale il suo ingresso, evitando quel bug tanto temuto ma non il Cavaliere, che era appena tornato al potere con “cattive idee” per la testa: indurre i magistrati con le loro sentenze a perseguire i reati e non i nemici politici e far sì che tutti gli italiani capissero che un indagato è innocente fino a quando non giunge una sentenza. La risposta “morale” fu l’accerchiamento dei Palazzi di giustizia da parte di professori fiorentini, indignati di professione e signore dei salotti del centro storico: cittadine e cittadini (come in roigoroso ordine è ora opportuno dire) che, dandosi la mano, cantavano tutti insieme in circolo correndo queste strofe: “giro giro tondo / casca il mondo / casca la terra / tutti giù per terra”. E alla quarta strofa a terra appunto tutti si buttavano: segno di una dimestichezza col suolo che sarebbe tornata utile quasi vent’anni dopo quando diventerà obbligo per il buon cittadino inginocchiarsi in pubblico per mostrare i suoi vividi sentimenti antirazzisti. D’altronde, non era da piccoli che ci inginocchiavamo anche noi davanti ai nostri genitori per chiedere perdono delle birichinate fatte. Giuravamo anche di non farle mai più, anche se in cuor nostro sapevamo che non era vero e che presto saremmo ricaduti in tentazione (promesse vane da ragazzini, e da politici come certi attuali piuttosto che da marinai!). Nell’infanzia poi, di solito, si guarda a chi ha qualche anno più di noi, agli adolescenti, prefigurando quella semilibertà dai genitori da loro acquisita e che un po’ da gradassi o bulletti tendono ad esagerare ai nostri occhi.
Gli eleviamo a nostri eroi. Proprio come ha fatto la sinistra mondiale con la sedicenne svedese Greta Thunberg, persino chiamata a illustrare senza contraddittorio le sue discutibili tesi 2scientifiche” nei Parlamenti di mezzo mondo e anche davanti all’Assemblea dell’ONU. È proprio in onore a Greta e alle sue idee adolescenziali (nel senso che andrebbero di molto affinate) che la sinistra italiana ha infine scoperto il mezzo di locomozione pe il nostro futuro da “poveri ma belli”: il monopattino.
Attempati manager, dismesse le borse di pelle e le auto di servizio, con lo zaino a tracolla (che orrore estetico!), si apprestano, con la compiacenza di sindaci illuminati, a scorrazzare come felici bambini sulle strade delle nuove smart city. E qualcuno, se avrà la fortuna di vivere a Roma, potrà pure provare il brivido dell’avventura o del rally: fra buche da evitare e sacchetti dell’immondizia trasbordanti da scansare. Il modello intellettuale di riferimento diventerà la Sardina, che non avrà fatto due anni di militare a Cuneo ma sicuramente ne avrà passati due in Spagna per un Erasmus da cui ha appreso tutto su Aldo Moro “martire della mafia”, . Non c’è nulla da fare, tutto converge: l’infantilismo, per parafrasare Lenin, è la fase suprema del sinistrismo.