L’eterno centro di Casini, ma fuori dal Palazzo c’è un’altra Italia
28 Aprile 2016
La “proposta indecente” ormai è chiara: prima alcuni spifferi giornalistici su avances attribuite a Verdini; poi le interviste di Pierferdinando Casini, che delinea con chiarezza il progetto. A ben vedere è il solito, vecchio progetto neocentrista, che dovrebbe assicurare la sopravvivenza a un folto (troppo folto per non essere decimato alle elezioni) gruppo di parlamentari che non ha più una collocazione certa, garantendo intanto a Renzi un appoggio moderato con cui bilanciare le intemperanze della minoranza Pd.
Ma a chi è rivolta la proposta di Casini e (probabilmente) di Verdini? Ovviamente a Berlusconi, individuato ancora una volta come l’unico in grado di rimettere insieme i cocci di un centrodestra spacchettato e spaccato, in cui l’anima salviniana e quella moderata non riescono più a trovare una sintesi, come si vede plasticamente nelle elezioni romane. Si tratta di prendere atto della rottura con Salvini e Meloni, e radunare i dispersi, mettendosi a capo del gruppo degli allergici a populismo ed estremismo. Tutti insieme: da Fitto ad Alfano, da Verdini a Toti, disponibili, nell’idea di Casini, ad allearsi a Renzi per consentire al governo l’eterna politica del doppio forno, guadagnandosi il ruolo di essenziale ago della bilancia.
Ma si è visto come il carattere e lo stile del presidente del consiglio fa sì che l’esistenza di un sostegno a destra serva essenzialmente a lui, per avere piena libertà di movimento e possibilità di maggioranze variabili, mentre al suo eventuale alleato non sarà mai concesso uno spazio politico dignitoso, al massimo qualche utile marginale, qualche poltrona, qualche benefit. Verdini, più diretto, commenterebbe: e allora? In politica primum vivere.
Casini invece avvolge la proposta in un involucro di melassa politica, di auspici per “un ripensamento che eviti la dispersione dei moderati”, di appelli perché chi sostiene Renzi e chi vuole fare un’opposizione non populista si incontri “ora o mai più”. E suggerisce: conviene a tutti e due, a Renzi, “impegnato in una marcia tutt’altro che trionfale contro i cinquestelle” e a Berlusconi, per cui questa è “l’unica possibilità di tornare protagonista”. Non c’è stato, solo poco tempo fa, l’accordo del Nazareno? E non si può far rivivere quell’età dell’oro? Conviene a tutti….come non ricordare gli anni belli della prima repubblica vissuti all’ombra del consociativismo? Berlusconi sarà protetto per quanto riguarda le aziende, Renzi potrà liquidare, dopo D’Alema, anche Bersani & company.
Le sirene cantano, sussurrano canzoni melodiose nelle orecchie dei protagonisti. Sarà per questo che il rude Salvini è intervenuto ieri attaccando a sorpresa Berlusconi, accusandolo di badare agli affari suoi e di aver rinunciato a fare una vera opposizione. Ma il rischio della proposta di Casini, che ha bisogno del vecchio leader perché la legge elettorale non sarà modificata, e i gruppi nati dalla frammentazione del centrodestra sono troppo deboli, è nel consenso. La stanchezza dell’elettorato, la disaffezione nei confronti del rottamatore che ha rottamato solo a proprio beneficio, è ormai evidente.
Quello di Casini è ancora una volta un progetto che nasce tutto dentro al palazzo, e si esprime in calcoli politici di corto respiro. Un progetto nato senza considerare, fuori da Montecitorio, il mondo che è cambiato, e cambia, in modo radicale. Serve qualcuno in grado di interpretare paure e bisogni davvero nuovi, di frenare il distacco e persino il rancore popolare nei confronti della politica. A Casini si potrebbe rispondere con le parole di Gaber: “c’è solo la strada su cui puoi contare, la strada è l’unica salvezza. C’è solo la voglia, il bisogno di uscire, di esporsi nella strada, nella piazza…”