L’etica di Tremonti e lo spirito del capitalismo

Banner Occidentale
Banner Occidentale
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

L’etica di Tremonti e lo spirito del capitalismo

08 Luglio 2009

Da quando è ridiventato ministro il prestigio e l’autorevolezza di Giulio Tremonti non cessano di aumentare. In Italia, nell’Ue e, se i anche i princìpi del “global legal standard” dovessero essere adottati dai Grandi riuniti a L’Aquila, anche nel mondo. E giustamente ce ne compiaciamo e ne siamo orgogliosi.

Indubbiamente ciò è avvenuto per il modo in cui Tremonti ha affrontato la crisi, per i risultati che è riuscito a far conseguire al fragile e malandato paese di cui è Ministro dell’Economia, ed anche per l’aura culturale che riesce ad infondere nelle sue decisioni economico-politiche. In breve sta riuscendo a gestire la crisi bene, anche perché, allorché lo si sente parlare, si percepisce nettamente che la tecnicità affonda saldamente su una ‘visione del mondo’ non banale, su una “filosofia”, che magari possono non essere condivise, ma che comunque richiedono considerazione. E che, come la sua aria di “professore di Pavia”, ispirano rispetto e fiducia.

Da un po’ di tempo, tuttavia, molte delle sue allocuzioni fanno espliciti riferimenti all’etica ed al suo valore salvifico. Ieri, ad esempio, all’assemblea dell’Abi, Tremonti ha ribadito che "non solo le regole sono fondamentali per il funzionamento dell’economia, ma devono essere lo strumento che trasporta nel mondo dell’economia i valori e i principi etici", e ha ricordato come questo approccio sia in sintonia con la recente Enciclica del Papa.

Per quanto ricca di fascino, l’affermazione si presta tuttavia a qualche rilievo. Soprattutto perché non è espressione di un pensiero rapsodico o ‘debole’, ma di un’idea che Tremonti ha più volte esposto e secondo la quale i guai del mondo son frutto di un’avidità che è, a sua volta, il risultato del calo della tensione etica. Un’interpretazione più o meno esaustiva che è giustamente accostata alle posizioni più o meno recenti del Papa. Soffermandosi su quell’affermazione con maggiore attenzione, viene tuttavia da osservare che senza seguire delle regole (a prescindere dal fatto che siano più o meno ‘etiche’) non si fa neanche il pesto, e viene da chiedersi se per capirne la ‘filosofia’ sia necessario considerare il pubblico a cui è rivolta (gli avidi banchieri), se sia invece un’affermazione di carattere universale circa la relazione tra diritto (regole), economia ed etica, o, ancora, se sia espressione dell’adesione a quella dottrina sociale cattolica secondo la quale l’etica informa di sé diritto ed economia.

In questo caso, sia ben chiaro, nessun problema. Se espressione della Rivelazione, l’etica avrebbe ben diritto di porsi come conoscenza di riferimento, faro, guida, stella polare, etc. Diverso il caso in cui l’etica non sia espressione della parole rivelata. Chi ci garantirebbe, se così stessero le cose, che la conoscenza etica sia superiore a quella dell’astrologia? Quali valori e quali princìpi etici, in questo caso, le regole trasporterebbero nel mondo dell’economia?

Si può indubbiamente pensare alla necessità di tornare a Dio per sfuggire ad un mondo che il relativismo etico ha reso privo di senso ed abitato da malafede, avidità e depravati di vario tipo. Ma perché il ‘ritorno’ abbia un senso occorre anche avere qualche indicazione supplementare sugli effetti benefici dell’introduzione dell’etica nell’economia. Detto diversamente, si deve aspettare che tutti si diventi spontaneamente e contemporaneamente buoni, o si prova ad accelerare il processo ricorrendo a strumenti sulla cui eticità è però lecito avere qualche non fugace dubbio?

Sinceramente non ne ho idea. Ma penso sempre a quanti, soprattutto in questi tempi e nel nostro paese, si richiamano ad imprecisate etiche e alla doverosità di una connessione strettissima tra etica e politica incuranti dell’eventualità che all’eliminazione di un leader politico ritenuto poco etico possa seguire una fase di torbidi politici.

Ed è in considerazione di questo che mi permetto un umile consigli al professor Tremonti, se l’etica di cui parla non dovesse essere fondata sulla rivelazione, lasci l’uso della parola ad altri. I di Lei risultati politici glielo consentono alla grande.

(Raimondo Cubeddu)