“Let’s Roll”, gli eroi come Lance Orton hanno salvato gli Usa dal Terrorismo

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“Let’s Roll”, gli eroi come Lance Orton hanno salvato gli Usa dal Terrorismo

06 Maggio 2010

Oltre che un grande artista, Andy Warhol è stato un profeta della contemporaneità. Nel 1968, il maestro della pop art affidò al catalogo di una mostra una delle massime simbolo del secolo scorso: “In the future, everyone will be world-famous for 15 minutes”. Una visione ribadita alla fine degli anni settanta: avevo ragione, disse Warhol, e confermo che tutti avranno il loro quarto d’ora di celebrità. Peccato che Andy se ne sia andato prima di assistere al boom della comunicazione di massa. Perché con le televisioni all-news, con i giornali on-line e con YouTube, oggi le possibilità di godere di quindici minuti di gloria sono molte più che negli anni settanta. Dall’11 settembre 2001, ad esempio, si sono moltiplicati gli “eroi della porta accanto”: uomini comuni, costretti a seguire il proprio istinto in situazioni straordinarie; personaggi del tutto normali, diventati – complici i mass media e quello “spirito americano” risorto dalle ceneri di Ground Zero – vere e proprie leggende nazionali. In alcuni casi, lo vedremo, per molto più di 15 minuti.

L’ultimo eroe balzato agli onori della cronaca si chiama Lance Orton. Lance è un afroamericano, veterano del Vietnam: tornato dalla guerra, racconta, “nessuno mi ha dato un lavoro”. Ecco perché, ventidue anni fa, Orton si riscopre venditore ambulante, prima di stabilirsi definitivamente a Time Square con un banchetto carico di magliette. Come sia diventato un eroe, è storia recente. Sabato scorso, il venditore nota qualcosa di strano: “Ehi, mi son detto, chi cavolo posteggia qui in zona vietata, proprio davanti alla mia bancarella?”. Orton nota anche del fumo e, stupito, avverte la polizia: quella macchina è piena di esplosivo. Poche ore dopo, il sindaco Bloomberg celebra il venditore in diretta mondiale: “È l’eroe di Times Square, l’uomo che ha salvato New York da una tragedia”. I giornalisti lo assediano, ma lui – claudicante per una ferita di guerra, con un panama calato sulla testa – fa spallucce: “Se sono orgoglioso della mia azione? Certo, amico. Sono un veterano”. Per i cittadini della Grande Mela, Lance ha un solo messaggio: “See something, say something”. Se vedete qualcosa, parlate. È questa, da New York a Roma, l’unica ricetta efficace contro il terrorismo metropolitano.

In parte simile è il caso di Jasper Shuringa: cambia il contesto, ma il “nemico” è sempre il terrorismo. Shuringa, 33 anni, è un regista olandese con in tasca un biglietto per il volo Northwest 253 Amsterdam-Detroit del 25 dicembre 2009. Come Lance Orton, anche il regista nota qualcosa di strano: un passeggero a lui vicino, il nigeriano Umar Farouk Abdulmutallab, sta armeggiando con uno strano oggetto. Senza esitare , si alza e lo blocca: “Pensavo volesse far cadere l’aereo”, racconta Jasper alla Cnn, “cercavo esplosivo sul suo corpo. Ho trovato alcuni oggetti che stavano fumando, e ho cercato di spegnere il fuoco”. Abdulmutallab, che effettivamente voleva far saltare in l’aereo su ispirazione di Osama Bin Laden, viene fermato in tempo dal ragazzo olandese. Un eroe, anche se involontario: “Quando senti uno scoppio su un aereo, ti svegli subito, credetemi. Io ho semplicemente saltato. Non ho pensato a niente. Mi sono alzato e ho cercato di salvare l’aereo”. Una storia americana, rilanciata prontamente in tutto il mondo dalle ospitate di Shuringa alla Cnn e a “Good Morning America” dell’Abc.

Se sul volo Northwest 253 tutto è finito bene, su quello United 93 dell’11 settembre 2001 qualcosa non ha funzionato. Quella mattina alcuni attentatori avrebbero voluto dirottare l’aereo su Washington: dopo aver colpito le Twin Towers e il Pentagono, al Qaeda era pronta a colpire un altro edificio simbolico (forse il Campidoglio). Ma i passeggeri non ci stanno. Uno di loro – Todd Morgan Beamer, 32 anni, manager della Oracle Inc. – riesce a comunicare telefonicamente con un call center: dall’altro capo dell’apparecchio c’è una donna, Lisa Jefferson, testimone di una rivolta raccontata molto bene dal regista Paul Greengrass in “United 93” (2006). Beamer racconta che a bordo c’è una vittima, e che insieme ad altri passeggeri sta pensando di attaccare i dirottatori: le ultime parole dell’uomo – “Are you guys ready? Let’s roll” – sono entrate nella storia. L’aereo precipita e il sacrificio dei passeggeri evita una strage molto più grande. Quelle parole, “Let’s roll!”, diventano il simbolo della resistenza al terrorismo, e uno slogan per i soldati americani schierati in Afghanistan. Due semplici parole di cui l’America andrà sempre orgogliosa.

Per concludere la rassegna vale la pena di ricordare un pilota, Chesley Sullenberger III, autore del più classico dei gesti eroici: un atterraggio d’emergenza. Nel gennaio del 2009, Sullenberger è al comando del US Airways Flight 1549: dopo il decollo dall’aeroporto La Guardia, però, due uccelli finiscono nei motori dell’aeromobile. Il pilota deve fare qualcosa, in fretta: “Per cercare di salvare la vita dei 150 passeggeri a bordo e dei miei quattro membri di equipaggio – racconta poi – dovevo atterrare sul fiume”. Il resto della storia è documentato da video e registrazioni: Sullenberger ha spento i motori, ha cercato la traiettoria più morbida ed è planato sull’Hudson River. Ad applaudirlo, ancora una volta, Bloomberg: “È stata una manovra tanto coraggiosa quanto straordinaria, perché non solo il comandante è riuscito ad appoggiare l’aereo sull’acqua, ma dopo aver dato gli ordini per le operazioni di salvataggio ha anche verificato di persona che sull’aereo non ci fosse più nessuno”. New York ha trovato un altro eroe, omaggiato dalle autorità, dalle televisioni (celebre l’ospitata al David Letterman Show) e – ovviamente – da tutti gli americani.