Lettera aperta agli italiani in Brasile sul caso Battisti
10 Giugno 2011
Cari Italiani in Brasile,
siete 25 milioni, la più numerosa popolazione di oriundi italiani nel mondo. Sapete che ieri Cesare Battisti è stato liberato dal Supremo Tribunal carioca. Vi scriviamo non per indignarci sulla fine di questa storia, visto che ormai indignarsi è diventato un sport (inter)nazionale. Con tutto il rispetto che dobbiamo alle vittime degli "anni di piombo", infatti, bisogna ammettere che la traginovela di Battisti ci ha stufato, come tante altre vicende di quegli anni bui e sanguinari: dagli imprenditori del terrore come Delfo Zorzi, riparato in Giappone, ai bruciatori di bambini come Achille Lollo, anche lui sfuggito alla giustizia in quel di Rio.
Non vi chiediamo neppure gesti eclatanti tipo organizzare il boicottaggio dei prodotti brasileri o d’incasinare il ricco programma d’interscambio culturale con l’Italia previsto dal Brasile nel 2011, cose del genere lasciamole fare ai contestatori milanesi di Israele. Sappiamo che in ballo ci sono interessi più grandi del piccolo Battisti, e ci mancherebbe pure che un criminale comune (come l’hanno definito i giudici sudamericani) oltre ad accendere gli animi riuscisse anche a deprimere la nostra già scalcagnata economia, allontanandola dalle emergenti tigri sudamericane.
Vi chiediamo solo di riflettere su un paio di aspetti collegati al caso Battisti, e di far sentire, forte e chiaro, la vostra voce, se lo riterrete giusto. La prima questione riguarda la percezione che il governo e il potere giudiziario brasiliani hanno dimostrato di avere del nostro (che è un po’ anche il vostro) Paese. La seconda le condizioni in cui versano i prigionieri italiani che, a differenza di Battisti, in Brasile vengono trattati come schiavi.
Le due questioni s’intrecciano. Per far tornare libero a Battisti ci sono voluti due principi del foro: Luiz Eduardo Greenhalgh, ex deputato e tra i fondatori del Partido dos Trabalhadores di Lula, capace di mediatizzare con grande abilità il processo, e quel Luis Roberto Barroso, tra i più riveriti avvocati costituzionalisti, che ha invece puntato la sua strategia difensiva sui "diritti umani" dell’imputato, dubitando delle condanne inflitte dalla giustizia italiana all’ex membro dei Pac.
Riassumiamo il Barroso-pensiero: "Battisti ha vissuto più di trent’anni una vita produttiva e tranquilla (…). E’ amato e rispettato dalla comunità intellettuale francese (…). Quali sentimenti muovono quell’ammirevole Paese (l’Italia, ndr.) che, dopo decenni, non è ancora riuscita ad approvare una legge di amnistia dei vecchi rancori? (…) Si può immaginare che gli italiani sono alla ricerca di un criminale comune? E qualcuno pensa a qual è il contesto politico in Italia ove quest’uomo andrà a scontare una pena, senza rischio di attacchi alla sua dignità?".
"Battisti è stato un militante del sogno socialista, che ha emozionato i cuori e le menti (…) è una vittima di una spedizione punitiva fuori stagione. Non può liberarsi del suo destino, trofeo simbolico di dispute politiche (…). Nessuno sembra interessato al terrore che lo attende in un carcere politico italiano".
Cari italiani in Brasile, se ci siete battete un colpo. Sui vostri giornali, con le vostre associazioni e grazie ad ogni possibile gruppo d’influenza. L’ideologia dei Barroso è quella di una sinistra che, perso ogni radicalismo, ebbra di potere, giudica altre nazioni e culture in modo romantico e offensivo.
La seconda questione riguarda altri italiani come voi, più di quaranta, che vivono rinchiusi come sardine nelle carceri brasiliane. Costoro non hanno sperimentato la parte garantista e comprensiva della giustizia di Lula, ma quella repressiva ed indecente. Come l’imprenditore arrestato perché aveva baciato troppo affettuosamente sua figlia. Come la mezza dozzina di nostri connazionali accusati di sfruttamento della prostituzione, che aspettano da anni un processo senza poter vedere un console italiano. Sbattuti da un buco di galera all’altro, con tre litri d’acqua alla settimana, un pastone immangiabile, tra scabbia e tubercolosi. Se anche fossero della Sacra Corona Unita, rimpiangerebbero il 41 bis.
Conosciamo qual è la situzione carceraria e dell’ordine pubblico in Brasile ed è veramente ridicolo sentirsi impartire delle lezioni di democrazia da Lula e dai suoi giudici, acquiescenti davanti al potere politico. Cari italiani, date un’occhiata qui se avete a cuore la giustizia in Brasile e non soltanto il caso del "povero Battisti".