Lettera aperta al Capo dello Stato

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Lettera aperta al Capo dello Stato

24 Maggio 2007

Lettera aperta al Capo dello Stato

 

 Sig. Presidente,

                 prima di svolgere attività politica ho avuto l’onore di lavorare per circa 12 anni nella magistratura ordinaria, svolgendo prevalentemente le funzioni di giudicante penale. Quell’esperienza mi ha insegnato che la parola di un pubblico ufficiale ha un peso superiore rispetto a quella di qualsiasi altro testimone; per disattendere quanto attesta l’ultimo degli agenti di polizia giudiziaria – soprattutto se l’attestazione è rivolta all’autorità giudiziaria ed è regalmente riportata a verbale – è necessaria una rigorosissima prova contraria. Il Comandante Generale della Guardia di Finanza non è l’ultimo degli agenti di polizia giudiziaria; ha reso dichiarazioni all’autorità giudiziaria; esse sono raccolte in un verbale; quel verbale è stato da lui sottoscritto. Quelle dichiarazioni sono per legge oro colato, fino a quando qualcuno non ne dimostri la falsità. Falsità che peraltro andrebbe dimostrata anche per le altre deposizioni di alti ufficiali della G.d.F., oggi pubblicate da quotidiani, che confermano i particolari esposti dal Gen. Speciale.

 Sig. Presidente, il “coro muto” di chi attende che passi il tempo e che la gente si dimentichi, fa male alla Guardia di Finanza, alla magistratura italiana, a quella correttezza istituzionale cui Ella opportunamente richiama tutti con lodevole frequenza. In base a quali ragioni il Presidente del Consiglio, e con lui l’intero Governo, ritengono chiusa questa vicenda? Come può l’Avvocato generale di Milano, che ha raccolto le dichiarazioni del Gen. Speciale, sostenere che considerazioni come quelle che mi permetto di sottoporre alla Sua attenzione sono “polemiche pre-elettorali”? Rientra nei compiti della magistratura fare valutazioni del genere? O quei compiti non prevedono piuttosto avviare le indagini per accertare l’accaduto, nell’interesse di tutti, in primis del Vice-ministro Vincenzo Visco? Come è possibile che il Procuratore generale di Milano spieghi che non c’era motivo di indagare, dal momento che il Gen. Speciale aveva negato di essere vittima di un abuso d’ufficio? Da quando la qualifica giuridica di un fatto, e l’eventuale imputazione, competono alla presunta parte offesa, e non invece al magistrato?

E quando Visco obietta che gli ufficiali dei quali aveva ordinato il trasferimento sono rimasti al loro posto, delle due l’una: o la sua richiesta era illegittima, se non proprio illecita, e allora va punita (e in ogni caso il suo autore non può restare al Governo); o era legittima, e allora è il Gen. Speciale a dover essere punito, perchè non vi ha dato esecuzione. Come dicevano i nostri Padri, tertium non datur; aggiungo: et si daretur, tertium non est silentium! Per questo, Presidente, continuo a confidare nel Suo intervento, a tutela delle Istituzioni. Con ogni ossequio

 

Alfredo Mantovano

Senatore della Repubblica