Lettera del Papa: speranza per  la Cina

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

Lettera del Papa: speranza per la Cina

04 Luglio 2007

Un alto funzionario dell’ufficio questioni religiose di Pechino si pronuncia con una frase piena di speranza: “Se si ristabiliranno le relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e la Repubblica popolare cinese, il Vaticano guadagnerà un paese, ma la Cina guadagnerà il mondo”.

Sembra dunque che la lettera di Papa Benedetto XVI abbia liberato i cattolici cinesi, nonostante il “volto impenetrabile” delle autorità del paese.

La MISNA ha intervistato sul tema un sacerdote della cosiddetta “Chiesa ufficiale”, ovvero la Chiesa ufficialmente riconosciuta dallo Stato. Nonostante abbia chiesto di mantenere l’anonimato, il sacerdote mostra un esplicito consenso: “Ammiro la saggezza del Papa, la lettera risponde molto bene a diversi aspetti di una situazione concreta e dà consigli saggi per risolvere problemi reali. La paragonerei quasi a una lettera di San Paolo! È piena di carità, non contiene condanne né esclusioni, ma un tentativo di abbracciare tutti nell’unità della Chiesa. Non segnala tanto aspetti negativi, ma insiste nel minimo comune denominatore di dottrina sulla Chiesa e soprattutto sull’unità, la carità e la riconciliazione”.

Il passato vede contrapporre i due principali gruppi della chiesa cinese, che non sempre hanno avuto relazioni fraterne. Negli Anni ’80, infatti, alcuni vescovi della “Chiesa clandestina” inviarono a Roma una proposta in tredici punti con cui si tentava di chiarire quali dovessero essere le relazioni tra i due gruppi. Tra le varie pretese si volevano considerare totalmente illeciti e invalidi i sacramenti celebrati dai membri della “Chiesa ufficiale”. Nel 1988 da Roma partì, dunque, una “Direttiva in otto punti”. Il documento, giunto clandestinamente in Cina, mirava a mitigare quella proposta. È presumibile che il testo provenisse dal cardinale Tomko, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli; ma, secondo una fonte molto bene informata e vicina al Vaticano, che ha chiesto di essere mantenuta anonima, “il documento non aveva firma né sigillo né data di promulgazione, il che rende dubbia la sua validità ufficiale”. Nonostante questo per molte persone in Cina rappresentò una strada da seguire.

Nell’entusiasmo il sacerdote intervistato dalla MISNA dichiara: “È una gioia che abbia cancellato gli otto punti perché erano fonte di dolore e divisione, non dell’unità che voleva Gesù. Erano una condanna non necessaria e ingiusta”. Infatti la lettera del Papa ai cattolici della Repubblica popolare cinese annulla tutte le precedenti disposizioni e privilegi speciali e specialissimi.

La fonte MISNA, vicina al Vaticano, ha spiegato che un “privilegio specialissimo” concesso ai vescovi cinesi fedeli a Roma durante l’epoca più difficile della Rivoluzione Culturale era quello di garantire la continuità dell’esistenza della Chiesa in Cina attraverso l’ordinazione di vescovi, anche se priva della nomina di Roma. Bastava infatti informare il Santo Padre dopo l’ordinazione. Ogni vescovo diveniva perciò responsabile non solo per la sua diocesi, ma anche dell’esistenza di un vescovo di una diocesi vicina. Ma da questo privilegio derivarono presto numerosi abusi che crearono problemi anche alla Santa Sede. Alcuni vescovi iniziarono a viaggiare per tutta la Cina ordinando vescovi in modo deliberato. Si crearono perfino situazioni imbarazzanti in cui Roma pianificava una nomina, ma la fretta di un vescovo locale, lo autorizzava ad ordinare velocemente un’altra persona per l’incarico.

La lettera del Papa ha posto fine a tutto questo: “Considerando in primo luogo alcuni positivi sviluppi della situazione della Chiesa in Cina, in secondo luogo le maggiori opportunità e facilitazioni nelle comunicazioni e, da ultimo, le richieste che diversi Vescovi e sacerdoti hanno qui indirizzato, con la presente Lettera revoco tutte le facoltà che erano state concesse per far fronte a particolari esigenze pastorali, sorte in tempi veramente difficili”. Il sacerdote cinese intervistato dalla MISNA non ha timore a mostrare la sua contentezza: “Con questo la lettera cancella privilegi che erano fonte di grande conclusione e che aveva indotto alcuni membri della ‘Chiesa clandestina’ a pensare di essere superiori ai più. Il Papa riconosce le sofferenze che hanno patito molti cristiani e li elogia per la loro fedeltà. Ma ora ci chiede un nuovo sacrificio: accettare compromessi e sacrifici in ragione dell’unità”.