Lettera di un padre sulla violenza contro le donne. Riceviamo e volentieri pubblichiamo
25 Agosto 2023
di Ugo Grassi
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera di un padre, Ugo Grassi, in risposta all’articolo “Uomini e donne: quell’asimmetria di fondo con cui fare i conti”, apparso su Micromega il 21 agosto scorso. Micromega scrive giustamente che cultura ed educazione sono strumenti fondamentali per “sostenere e promuovere la libertà femminile”, insieme alla necessaria prevenzione della violenza sulle donne, violenza che va condannata sempre in modo totale. La premessa dell’articolo, però, per cui gli uomini “non rappresentano un’anomalia, ma sono espressione estrema e violenta” di quella asimmetria dei rapporti evocata da Micromega, non convince Grassi, che risponde in questo modo.
Ho letto l’articolo su Micromega in tema di violenza sulle donne. Per motivi personali e professionali mi sono molto interessato alla questione, soprattutto in ordine al profilo psicologico, se non psichiatrico degli autori di violenze sia sulle donne, sia all’interno delle famiglie. Mi permetto di osservare che, a mio giudizio, l’articolo non mette a fuoco il problema e lo legge in chiave iperfemminista. Partiamo da un dato. La violenza cieca, bestiale, richiede mancanza di empatia. Lasciamo da parte il “bravo ragazzo che si fa trascinare” . Il ladro, il rapinatore ha un fine “razionale”. Chi uccide una donna (ma anche chi la stupra) in un quadro di relazione personale è pervaso da un disturbo. Che sia un borderline, che sia un narcisista, c’è sempre materia per lo psicologo. “Oggettificare” un essere umano presuppone totale mancanza di empatia. Esige una anaffettività profonda. ATTENZIONE. Queste patologie non elidono per nulla la capacità di intendere e volere. Essi scelgono di fare il male.
Arrivo al punto: questi disturbi crescono e si alimentano in famiglie disfunzionali per le più svariate ragioni. Ed è ben noto agli operatori del settore che questi ragazzi sono spesso protetti, giustificati dalle famiglie e dunque anche dalle madri. Quelle donne che nell’articolo si ricorda essere spaventate se di notte sul marciapiede con loro cammina un uomo, quando madri possono diventare delle ‘fiancheggiatrici’ di quegli stessi mostri che temono. No. Qualcosa non torna. Il problema è più grave di come semplicisticamente viene affrontato e non può ridursi alla solita colpa collettiva dei maschi. Così non si va da nessuna parte. Evitiamo quindi banalità se vogliamo davvero andare alla radice di questa oscena mattanza. L’autrice ha ragione quando parla di educazione, di cultura. Ma se davvero si pensa di poter lasciare fuori anche le donne (oltre gli uomini, ovviamente) da questo processo di crescita, allora si andrà poco lontano.
“So che a molti – specie fra gli uomini – questa frase non piacerà ma è necessario dirsi le cose per come stanno: questi uomini non rappresentano un’anomalia…”, si legge nell’articolo. Mettere le mani avanti non trasforma un’affermazione nella verità e non rende chi la scrive depositario della Verità. Sono padre di una sedicenne. La amo moltissimo, e credo che qualunque padre (se in condizioni di normalità psichiatra) possa dire lo stesso. Qualunque cosa dovesse accaderle accadrebbe anche a me. Io in quanto padre di una ragazza sono dunque anche donna. Parafrasando Kennedy: “Ich bin eine Frau”.