Lettera di una cattolica sul NO

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Lettera di una cattolica sul NO

02 Dicembre 2016

Questa lettera è stata inviata a un giornale diocesano, che ha preferito non pubblicarla. Così la ospitiamo noi, sulle pagine dell’Occidentale. 

Caro Direttore,

quando qualche settimana fa ho deciso di cercare di capire quali sarebbero state le modifiche alla nostra Costituzione su cui il 4 dicembre saremo chiamati a votare, Le confesso che non mi aspettavo di leggere un testo così complicato e difficile. Tuttavia, dopo aver “decodificato” gli articoli modificati, e dopo averli compresi, il mio stupore è quadruplicato. E ora Le spiego perché. 

Credo sia noto a tutti come la nostra Carta Costituzionale sia stato il frutto di un grande lavoro di condivisione che, agli albori della nostra Repubblica, i padri costituenti hanno deciso di fare. La storia ne è testimone: allo stesso tavolo si sedettero comunisti e cattolici, liberali ed esponenti del partito d’Azione, socialisti e rappresentanti dell’Uomo Qualunque, che al termine di una guerra che aveva stremato la nazione e lacerato il paese, decisero di mettere il bene comune davanti alle ideologie di partito. Il risultato di questo dialogo proficuo è un sistema di pesi e contrappesi che per quasi settant’anni ha difeso e protetto la nostra libertà. 

Sì, occorre ricordarlo, i 139 articoli della nostra Costituzione sono il cuore del nostro vivere insieme. Magari non ce ne rendiamo conto, ma il nostro modo di vivere quotidiano è scandito proprio da quelle norme. La Costituzione non è una delle tante leggi che intasano il nostro sistema legislativo, è LA LEGGE. Nessuna norma potrà essere in contrasto con quanto in essa stabilito, e qualora così non fosse la Corte Costituzionale, a norma dell’art. 136 della Costituzione, ne dichiarerebbe l’incostituzionalità e tale norma cesserebbe di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione della Corte. 

È quello che pochi giorni fa è successo con la norma che riformava delle pubbliche amministrazioni: è stata dichiarata incostituzionale poiché nella parte in cui prevedeva la nomina dei dirigenti da parte dell’esecutivo violava il titolo V della Costituzione. Direttore, mi creda, io non sono tra i difensori accaniti della Carta Costituzionale, penso anzi che essa debba essere aggiornata ed adeguata ai nostri tempi, tuttavia questa riforma non è condivisibile né nei modi né nei contenuti. 

Ed ecco finalmente giunti al perché del mio stupore: mai avrei creduto che i cattolici non fossero uniti nel dire un secco e vigoroso NO a questa riforma. Cosa direbbero i nostri padri costituenti di fronte alla totale distruzione di quell’equilibrato meccanismo di tutela e rispetto che avevano creato con tanta fatica?  Come possiamo permettere – da cattolici – che le modifiche alla nostra Costituzione vengano fatte senza condivisione? Come possiamo accettare questa terribile politica di esclusione nei confronti di chi la pensa diversamente dal presidente del consiglio? Come possiamo, proprio noi, che dovremmo vivere in comunione coi fratelli, permettere che la norma fondamentale della nostra vita venga modificata senza condivisione? 

Una qualsiasi modifica alla Carta Costituzionale dovrebbe poter ricevere un sì unanime. Purtroppo così non sarà. E non potrà mai esserlo finché le diverse anime del nostro paese non prenderanno parte ad uno stesso tavolo e non si confronteranno con fatica e con lealtà, fino ad arrivare ad un testo condiviso. Questo dovrebbe essere l’unico modo di fare politica che noi cattolici dovremmo accettare, soprattutto quando si parla di Costituzione: la politica dell’inclusione.