L’eugenetica della Turco mette in crisi i cattolici di sinistra

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L’eugenetica della Turco mette in crisi i cattolici di sinistra

L’eugenetica della Turco mette in crisi i cattolici di sinistra

27 Dicembre 2007

Il Ministro della Salute
Livia Turco ha dichiarato che le nuove linee guida della legge 40 sulla
procreazione medicalmente assistita terranno conto di recenti sentenze
giudiziarie: la diagnosi preimpianto degli embrioni – cioè quella tecnica con
cui si prelevano una o due delle otto cellule di un embrione prodotto con la
fecondazione in vitro per verificarne eventuali malattie genetiche – potrebbe quindi
diventare in qualche modo lecita in Italia.

I fatti sono noti: lo scorso
settembre il Tribunale di Cagliari ha stabilito che una coppia di sardi, portatori sani
di talassemia, potesse effettuare la diagnosi preimpianto di un embrione
crioconservato. La sentenza del tribunale di Firenze di una settimana fa va
nella stessa direzione, consentendo la diagnosi preimpianto ad una coppia portatrice
di una malattia ereditaria, stabilendo però anche la parziale inapplicabilità
ed  illegittimità delle linee guida della
stessa legge 40, rafforzando quindi il provvedimento.

E’
bene ricordare che non sono le linee guida a proibire la diagnosi preimpianto:
la legge 40 consente di accedere a tecniche di procreazione assistita solamente
a coppie sterili o infertili – e in quanto infertili le due coppie protagoniste
delle sentenze sono soggette alla legge 40 – e non a coppie malate o portatrici
di malattie ereditarie. La legge 40 dà alle coppie con problemi di sterilità
un’opportunità di diventare genitori, ma non vuole consentire la scelta di
quali figli essere genitori. La legge 40 non permette di scegliere le
caratteristiche dei bambini di cui diventare genitori, non rende possibile
scartare i figli “difettati” e scegliere quelli sani, non ammette che si dica
“tu si, tu no, tu sei adatto, tu non lo sei”. Tanto è vero che nell’art. 13
della stessa legge è esplicito il divieto a “ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni”, dei quali viene
permessa la manipolazione solamente per tutelarne la salute e lo sviluppo.

E
la diagnosi preimpianto  per distinguere
gli embrioni sani da quelli malati, cosa ha di diverso da una selezione a scopo
eugenetico? Non è forse un modo per individuare i sani, e sceglierli, e
scartare i malati e i disabili?

I
giudici dovrebbero aiutare a rispettare le leggi, non a stravolgerne il senso e
le finalità, specie di quelle come la 40, legittimate dal referendum di due
anni fa, che ha registrato l’astensione più elevata della storia del nostro
paese. Un’astensione con un significato politico ben preciso, e cioè che il 75%
degli aventi diritto non ha ritenuto opportuno neppure andare a votare, cioè non
ha giudicato degni di nota i quesiti proposti, dopo una campagna in cui  tutti i media – con l’eccezione dei
quotidiani Avvenire e il Foglio – si erano compattamente schierati per il voto,
e per i quattro sì: basti ricordare il numero dell’Espresso con i “cento sì”,
“ecco l’Italia che dice no alla legge 40”, cento personalità del mondo della cultura
e dello spettacolo a rappresentare quel venticinque per cento che si è recato
alle urne.

Cercare
di cambiare la legge forzandone le linee guida è una furbata che, se sarà
veramente realizzata come annunciato dal ministro, pagherà un altissimo prezzo
politico: come potranno i cattolici presenti nel partito democratico convincere
i loro elettori di poter essere rappresentati in quello schieramento? E come
risponderanno i cattolici del  centro
sinistra attualmente in parlamento, quando i loro elettori chiederanno conto
del comportamento del governo da loro eletto riguardo la legge 40, difesa così
strenuamente e compattamente dal mondo cattolico?

E
tutti coloro che si sono astenuti al referendum di due anni fa, credenti e non,
come giudicheranno uno schieramento politico che non mostra rispetto per la
volontà popolare, e non avendo forza per cambiare una legge né in parlamento né
con una consultazione popolare, si nasconde dietro le sentenze dei giudici?

Se
veramente si cambiassero le linee guida introducendo la diagnosi preimpianto,
avremmo la prima norma eugenetica del post-fascismo introdotta  – surrettiziamente – da un governo di centro
sinistra. Una beffarda nemesi storica.

Se
si legittima il principio della scelta del figlio da parte dei genitori, si
verranno inevitabilmente a creare anche situazioni apparentemente paradossali. Ci
permettiamo ad esempio di suggerire al Ministro Turco e ai membri della
commissione che sta aggiornando le linee guida della legge 40, l’istruttiva
lettura di un articolo del Sunday Times dello scorso 23 dicembre: Jackie
Ballard, a capo del Royal
National Institute for Deaf and Hard of Hearing People (RNID,  la più grande associazione inglese che cura
gli interessi dei non udenti, con nove milioni di affiliati) ha chiesto al
parlamento inglese la possibilità, per i genitori sordi, di scegliere, fra gli
embrioni prodotti in fecondazione in vitro, quelli affetti da sordità, e non
quelli sani. Ballard ha spiegato di non aver intenzione di incoraggiare la
scelta di embrioni malati, ma che “noi vogliamo rispettare, per quanto possibile,
la scelta dei genitori, purché fatta insieme ad un medico in modo che si sappia
esattamente cosa si sta scegliendo”.

Se scelta
dev’essere, perchè questa no?