L’Euro come il gioco dell’oca: a ogni giro si torna al punto di partenza
06 Giugno 2012
di Daniela Coli
Angelo Panebianco è uno scienziato politico serio e per questo suscita perplessità un editoriale banale come “Una distanza insostenibile” (Il Corriere, 4 giugno) dove attribuisce la crisi dell’euro e dell’Unione europea alla perdita della memoria delle guerre e delle barbarie per la fine di un ciclo generazionale. Panebianco è studioso solido e conosce libri e articoli di John Mearsheimer, la personalità più interessante del pensiero politico americano degli ultimi vent’anni e forse l’unico in grado di sostituire Morgenthau, per il quale, la caduta del muro di Berlino e dell’Urss, da noi tutti salutata con gioia, ha segnato la fine del sistema bipolare basato sulle deterrenza nucleare. Nel 1990 Mearsheimer in Back to the Future, articolo oggi piuttosto attuale, prevedeva (e si augurava) la Germania potenza economica e militare della “regione” Europa.
La notizia data da Der Spiegel della costruzione in Germania di sottomarini con testate nucleari per Israele confermerebbe la previsione di Mearsheimer. Per Mearsheimer una potenza economica egemone diventa inevitabilmente anche potenza militare egemone, sia la Cina, sia la Germania. Per la teoria di Mearsheimer non è possibile una potenza egemone globalmente – l’impero globale teorizzato in Empire da Tony Negri, nuovo guru delle università americane – ma un ordine multipolare dove ogni regione è egemonizzata da una potenza economica e militare. La teoria di Mearsheimer ha come modello gli Stati Uniti: da potenza regionale diventano potenza dell’Occidente intervenendo in una regione, l’Europa, dove era in corso un conflitto per l’egemonia (prima e seconda guerra mondiale).
Dopo il 1990 per Mearsheimer si entra in un periodo di anarchia internazionale, non nel meraviglioso mondo dell’hegeliano Fukuyama dove la storia era finita e la democrazia liberale si sarebbe diffusa su tutto il pianeta sulle ali del progresso tecnologico e politico. Mearsheimer previde una rapida e vittoria nella prima Guerra del Golfo, ma, come Morgenthau si era opposto alla guerra del Vietnam, si oppose alla guerra in Iraq nel 2003. Per Mearsheimer la sconfitta delle guerre di Iraq e Afghanistan comporterebbe la liquefazione della Nato, che nel periodo della guerra fredda aveva protetto l’Europa da attacchi esterni e da conflitti interni. Mearsheimer ha avuto polemiche per la teoria del condizionamento della politica estera americana da parte della Israel Lobby (composta non solo da ebrei, ma anche da cristiani e atei) e considera la guerra in Afghanistan e in Iraq risultato di tale influenza, ma, come ha osservato Tony Judt, gli americani avrebbero invaso l’Iraq in ogni caso, perché parte del progetto di espansione nel Mediterraneo e nel Caucaso.
La tragedia delle grandi potenze è, come afferma lo stesso Mearsheimer, di tendere all’impero globale e questo genera inevitabilmente caos e guerre di ogni tipo. Mearsheimer, come tutto il realismo politico americano, ha in Tucidide il proprio padre e Tucidide mostra nella Guerra del Peloponneso come una civiltà possa autodistruggersi per la stasis, conflitti di ogni tipo, imprevedibili.
La situazione attuale è complessa e oscura: non sappiamo neppure se tra un mese ci sarà ancora l’euro e cosa accadrà nel Mediterraneo e in Caucaso. L’euro sembra diventato il gioco dell’oca: una volta finisce per la Grecia e l’effetto domino travolge l’economia occidentale, un’altra finisce per l’Italia, poi per la Spagna e quindi si ritorna alla casella iniziale. Ferruccio de Bortoli si è accorto solo pochi giorni fa che un’azienda meccanica della Brianza si finanzia pagando il denaro quattro volte più caro della concorrente tedesca. Sapevamo che adottare una moneta unica per economie tanto diverse sarebbe stato entrare in un tritacarne: quando si è firmato Maastricht speravamo che l’Europa ci avrebbe costretto a cambiare, ma non siamo cambiati, ed è quindi inutile prendersela con la Germania, che fa una politica di realt politik, come ha sempre fatto, e, come diceva Croce durante la prima guerra mondiale a chi lo tacciava di germanofilo, dovremmo solo imparare a farla anche noi, magari meglio dei tedeschi.
La Germania, come la Gran Bretagna,fa il proprio interesse, ed è quindi inutile rimproverarle di avere usato l’Europa per riunificarsi e non volere accollarsi il debito dei paesi più deboli. I tedeschi dell’ovest non furono contenti di fare sacrifici neppure per risollevare quelli dell’est, dopo la riunificazione, poi prevalse la gioia e l’orgoglio della riunificazione. Noi italiani, poi, abbiamo sempre qualche problema col Sud debole e attribuiamo ai meridionali l’incapacità di controllare le spese, accusandoli di tutto e di più. Chiediamoci se saremmo pronti a fare sacrifici per i tedeschi se oggi ci trovassimo noi nella loro condizione e loro nella nostra o se non approfitteremmo anche noi di una situazione a nostro vantaggio, lasciandoli nei loro guai e magari traendone vantaggio.
In questo momento occorre una grande capacità di ripensare il nostro modello di sviluppo, compreso il nostro welfare, e ciò può venire solo da uno sforzo collettivo. Si è tanto parlato di patriottismo quest’anno e i patrioti si vedono nei tempi duri. Passare il tempo a chiedersi cosa avverrà nel Pdl o nel Pd o cosa faranno i grillini è abbastanza inutile, perché la nostra politica dipende da equilibri esterni, su cui abbiamo purtroppo poca capacità di incidere al momento. Lasciamo il papa deplorare l’egoismo dei più potenti che prestano denaro ai più deboli con tassi di usura, noi dobbiamo usare la politica e il nostro problema oggi è proprio l’assenza di una visione strategica del ruolo dell’Italia nel mondo e delle alleanze a noi convenienti, ovvero la mancanza di una cultura politica adeguata. Forse mai come in questo periodo si sente il logoramento di tutta una generazione di opinion makers, degli editorialisti del Corriere, come di Repubblica e della Stampa, come se non avessero più niente da dire dopo la scomparsa di Berlusconi dalla scena politica e non sapendo cosa scrivere continuano a parlarne come Galli della Loggia, senza accorgersi di quanto accade intorno.