L’Europa al bivio

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L’Europa al bivio

14 Giugno 2015

Ucraina, “Grexit”, profughi e rifugiati. Oggi l’Europa è a un bivio, ferma davanti a enormi questioni di frontiera. Si può proseguire sulla strada seguita fino adesso, gli Stati Disuniti d’Europa, oppure prendere la direzione opposta per dare alla Ue una vera legittimazione democratica. «E’ un discorso storico che riguarda i destini di questo secolo,» dice all’Occidentale l’onorevole Paolo Tancredi. «Dopo due Guerre mondiali, milioni di morti e disastri inenarrabili, torniamo a dividerci e giochiamo in difesa, abdicando al ruolo che l’Europa può svolgere nel mondo».

Si prenda l’immigrazione: i negoziati vanno avanti in modo serrato ma non ci si può aspettare risultati immediati perché «è una battaglia che possiamo vincere solo passo dopo passo convincendo gli altri partner, ricordandoci che il vero obiettivo è la revisione dei trattati». Vedremo se nel 2016 si riuscirà a modificare Dublino.

Nel frattempo la maggioranza dei tedeschi non ritiene “Grexit” un problema. I greci non vogliono onorare i debiti che pure hanno contratto durante anni di malgoverno. I francesi negano di aver chiuso Schengen ma presidiano la frontiera col Belpaese. Per non dire della Gran Bretagna pronta al referendum per uscire dall’Unione e decisa a bloccare l’ingresso dei cittadini comunitari provenienti dall’Europa Orientale. I polacchi dal canto loro preferirebbero avere solo rifugiati cristiani, mentre se stiamo agli ultimi dati di Mannheimer gli italiani – in particolare settentrionali anziani poveri e meno istruiti – non transigono più sul binomio accoglienza-sicurezza. 

Vogliamo parlare della politica estera? Obama e Putin contano sulle divisioni nella Ue per imporre ognuno la propria agenda in Ucraina, inasprire o annacquare le sanzioni. Ogni Paese europeo va per conto suo in base al vento che tira nei sondaggi e in politica interna. Ecco perché l’unica alternativa resta dare alla Ue più legittimazione democratica.

Angela Merkel vada a fare campagna elettorale nei Paesi di Eurosud per convincerli che i bilanci in ordine, la riforma del lavoro e la ristrutturazione del welfare non sono semplicemente austerity ma la base per una seria politica della crescita. Se David Cameron davvero ritiene che il blocco dell’Europa Orientale sia il bastione atlantico del contenimento russo, allora vada a spiegare a bulgari e romeni perché Londra gli chiude la porta in faccia. Matteo Renzi si faccia un giro tra Madrid, Parigi e Berlino per raccontare quanto ha già fatto da sola l’Italia per l’accoglienza, quanto sta facendo e che se il nostro Paese si tirasse indietro sarebbero guai per tutti.

A quel punto, gli europei scelgano e votino un vero primo ministro e un governo europeo. Chi governerà dovrà rendere conto agli elettori delle cose fatte e dei risultati ottenuti. Gli elettori a loro volta non potranno lamentarsi se hanno scelto leader incompetenti o sono rimasti a casa alimentando l’astensione. Un governo europeo del resto converrebbe a tutti, come dimostra il fenomeno migratorio: i flussi i spostano a seconda dell’occorrenza e adesso che in Libia sale la paura dell’Isis da Lampedusa si devia verso Grecia e Bulgaria, attraversando i Balcani per risalire verso l’ambito Nord Europa.

«Sulla Grecia sento dire cose assurde,» sottolinea Tancredi, «tipo che i greci sparerebbero sui migranti. Le cose stanno diversamente. L’emergenza si sta spostando nelle isole greche, penso a Lesbo, dove arrivano tantissimi profughi, siriani soprattutto, la situazione si aggrava moltiplicando il rischio di nuove Lampedusa. In Grecia il peso degli ingressi incide molto più di quanto avvenga qui da noi se si pensa al rapporto tra la popolazione dei rispettivi Paesi. Per non dire delle pesantissime ricadute sul turismo e l’imminente stagione estiva in un settore che incide per il 40 per cento sul Pil greco».

Che farà l’Europa se i flussi cambieranno direzione? «Cosa faremo noi italiani,» si chiede Tancredi, «se il problema non ci riguarderà più da vicino? Ci comporteremo anche noi come hanno fatto gli altri Stati europei? Lo so, sono considerazioni molto tristi sul presente e sul futuro dell’Unione,» conclude con amarezza il parlamentare.

«Il presidente del consiglio Renzi non sbaglia quando dice che il futuro sta nei rapporti tra Europa e Africa ma se l’Europa non muoverà un dito saremo travolti. Quale sarebbe la risposta davanti a uno scenario simile? Ridividerci tra stati e staterelli? Per un po’ Paesi forti come Germania e Regno Unito ne guadagnerebbero ma sul lungo periodo diventerebbero anch’essi ininfluenti nel concerto globale». Il problema dunque non è solo la redistribuzione di profughi e asilanti ma governare il fenomeno migratorio in un framework che tenga dentro tutto: questioni sociali, economiche e relazioni internazionali. «Se l’Europa si divide sarà il trionfo di una politica miope».