L’Europa cerca il libero mercato e sbaglia strada

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L’Europa cerca il libero mercato e sbaglia strada

24 Settembre 2007

Europa, se ci sei batti un colpo. E’ un concetto ripetuto tante volte, amici de L’occidentale. Ebbene, l’Unione Europea, ancora convalescente dall’infelice esperienza costituente, ha battuto ben quattro colpi negli ultimi giorni: caso Microsoft, caso energia e separazione della rete gas, Enel-Endesa, Autostrade-Abertis. Il vostro Winston si è subito incuriosito. E’ il segnale di una improvvisa risurrezione delle istituzioni comunitarie? O addirittura il primo affacciarsi di una nuova dimensione politica dell’Europa che, dall’utopia della Costituzione, più saggiamente è approdata al sarkoziano mini-Trattato? Non sarei così ottimista. Piuttosto andrei a guardare di cosa si tratta. Ed è operazione tanto più interessante in Italia, dove l’intellighenzia non guarisce affatto dalla tentazione di esaminare queste vicende solo in chiave di mitizzazione ed europeismo di maniera.

L’interesse di questi eventi sta invece proprio in ciò che sottendono: vale a dire i due principali problemi identitari dell’Unione Europea ai nostri giorni. Problemi che, si badi, sono la quotidianità del lavoro brusselese e quindi vengono ben prima degli sviluppi costituzionali. Il primo, che sta nel caso Microsoft, riguarda l’idea di libertà di mercato che l’Europa unita deve perseguire. Il secondo, manifestatosi negli altri tre casi, riguarda la forza della comunità di imporre la libertà nel mercato unico agli Stati nazione. Il primo evento, in sintesi, è la conferma, da parte del Tribunale comunitario, della decisione della Commissione, la quale aveva sanzionato Microsoft per aver “legato” media player al sistema operativo windows e per aver opposto il segreto industriale a chi voleva conoscerne i segreti per unirvi i suoi prodotti accessori. Qui non si tratta affatto di celebrare, come ha fatto l’ex commissario Monti, la forza dell’Europa, ma solo di capire se questa è davvero l’idea giusta, ossia la strada per difendere la libertà di mercato dopo l’allargamento a 25.

Per capire tuttavia è indispensabile ricordare altro: ad esempio, che negli Stati Uniti Microsoft è stata assolta da accuse equivalenti; che la decisione europea rischia di trasformare la tutela della concorrenza nella tutela dei concorrenti (mentre in Italia, col nostro Antitrust, sembra addirittura trasformarsi nella tutela del “povero” consumatore!); che il tema è delicatissimo, perché mette al confronto, da una parte, l’esigenza di evitare che l’impresa dominante si espanda troppo, ma, dall’altro, quella di favorire lo sviluppo tecnologico e la ricerca. Sono due idee di libertà diverse, sulle quali deve aprirsi un confronto serio: una, quella americana, porta a restringere la sfera di intervento dell’antitrust; la seconda, quella europea, confessa una ispirazione egalitaria ed una dimensione tecnocratica e (mi si passi il termine, ma sono un inguaribile liberale!) anche un po’ dirigista. Ed è tutto da vedere se, come è stato scritto, sia la seconda quella che giova al benessere dei consumatori. Per proteggere le invenzioni e la ricerca non serve affatto, come dicono sul Sole del 22 settembre Gambardella e Pammolli, una disciplina della proprietà intellettuale separata dall’antitrust come quella che c’è in USA. Dimenticano costoro che la disciplina “separata” in Italia c’è già: è la proprietà sui beni immateriali, tra cui brevetti e invenzioni. Il problema è un altro, ed è che, seguendo la strada europea, l’antitrust si espande molto, forse troppo, e finisce per creare una sorta di espropriazione del brevetto: devi svelarmi come hai fatto a fare windows, così dopo vi unisco i miei prodotti e, magari, poi propongo un mio sistema operativo concorrente. Ma così facendo, come si fa a remunerare l’innovazione? Se poi aggiungiamo che la sentenza del Tribunale arriva quando ormai la questione media player è bella e sepolta, perché nel frattempo (pensate un po’, grazie alla novità tecnologica!) è arrivato il mondo Ipod, comprendiamo che forse negli States non avevano visto poi tanto male sul caso Microsoft e che è solo necessario rendere i mercati autenticamente contendibili “a colpi di invenzioni ed idee vincenti”.

La seconda questione è nota a tutti. Sono risorti (ammesso che fossero mai deceduti) gli Stati nazione e, con essi, le loro politiche economico-industriali. Quindi, in singolar tenzone si contrappongono, da un lato, la difesa ad oltranza dei colossi nazionali dalle scalate altrui e, dall’altro, gli sforzi della Commissione di attuare libertà di circolazione e di concorrenza nel mercato europeo e, quindi, di favorire anche le scalate. Oggi, la Commissione ci sta provando, bacchettando Italia e Spagna (attendiamo con ansia che faccia lo stesso con Germania e Francia vedi il vecchio caso Enel-Suez). Personalmente, le auguro buona fortuna. Però, cari amici, il primo ed il secondo problema vanno a braccetto. Come può l’Europa trovare la forza di imporre il libero mercato agli Stati nazione, se non è chiaro qual è la sua idea di libero mercato? Se sui nostri giornali neppure ricordiamo che esiste una visione dell’antitrust diversa da quella che abbiamo visto nel caso Microsoft e ci limitiamo a celebrare i fasti montiani, come potremo convincere i cittadini europei che la libertà di mercato serve anche quando fa mutare la bandiera del campione nazionale? La mia sensazione è che una idea tecnocratica, pianificatoria e troppo invasiva della tutela della concorrenza rischia di indebolire l’azione della Commissione quando essa cerca di far digerire la ricetta delle libertà agli Stati membri. E’ qui che si dovrebbe manifestare la forza dell’Unione Europea e la vitalità istituzionale della sua idea di mercato, non con decisioni come quella Microsoft.

P.S. Chiudendo l’articolo, come per un miracolo, ho avuto una straordinaria intuizione: ho iniziato persino a capire perché, per alcuni, il liberalismo è di sinistra!