L’Europa dice addio alla lampadina a incandescenza. Ma avrà fatto bene?

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L’Europa dice addio alla lampadina a incandescenza. Ma avrà fatto bene?

03 Settembre 2012

Da domenica 1 Settembre in Europa non saranno più vendute, e meno che mai prodotte, le storiche lampadine a incandescenza che ci hanno accompagnato rischiarandoci per oltre un secolo. Infatti, oltre 12 anni fa, un rinnovato interesse per la salvaguardia ambientale convinse unanimemente che fosse necessario eliminare progressivamente, anno dopo anno, questo tipo di lampadine avendo come data limite proprio il primo giorno del Settembre 2012.

La ragione di questa scelta era determinata dal fatto che questo tipo di lampadine sono responsabili di consumi energetici non più accettabili in una logica fortemente orientata, e giustamente, al risparmio energetico e alla riduzione delle emissioni dei gas serra, prima fra tutti la CO2.

Il periodo nel quale l’accordo fu siglato giustificava questa scelta corroborata dalla volontà di aiutare il consumatore a ridurre la sua bolletta energetica su una linea, come quella dell’illuminazione, comune a tutti e certo non eliminabile.

Non poco questa decisione fu dovuta ai risultati e alle stime catastrofiche sul futuro che ci aspettava presentati dall’IPCC, la Commissione ONU che studiava i cambiamenti climatici. Questo gruppo di scienziati e di economisti terrorizzò il mondo con le sue previsioni di eventi drammatici che si sarebbero dovuti verificare in pochissimi anni come, ricordiamo, per esempio lo scioglimento dei ghiacci dell’Himalaya o l’innalzamento del livello delle acque degli oceani. Fu anche assegnato loro il Premio Nobel, per la Pace evitando fortunatamente il premio per meriti scientifici visti i dubbi sollevati da più parti. Alla fine si scoprì che in non pochi casi questi signori baravano sui dati aggiustandoli per meglio sostenere le loro tesi. La conseguenza di questi comportamenti ha determinato una loro completa perdita di credibilità dequalificando anche vari temi seri sui quali avevano invece giustamente attirato l’attenzione dei politici e del grande pubblico.

Sono anni ormai, almeno tre, che, da icona di primo piano costantemente presente e osannata su tutti i media mondiali, l’IPCC è scomparso quasi del tutto dall’attenzione della gente, mostrando anche scarso peso nelle liturgie annuali delle Nazioni Unite sul clima. Esempio qualificante, in negativo, di come non sia possibile imbrogliare in settori scientifici di punta perché, oltre alle evidenti implicazioni deontologiche, chi bara sui dati è sotto la lente minuziosa dei competitors pronti a coglierti in fallo non appena possibile, così come è avvenuto in questo caso specifico.

Comunque, il messaggio che bisogna ridurre l’emissione di gas serra e ottimizzare i consumi energetici era serio e ha funzionato coinvolgendo l’Europa nella scelta di politica energetica e industriale che ha portato all’eliminazione totale delle lampade ad incandescenza a favore di quelle a vapori di mercurio o delle alogene. Questi nuovi modelli consentono un risparmio di energia che può arrivare sino al 70-80 %  rispetto a quella necessaria per ottenere la stessa illuminazione da una lampadina a incandescenza.

Dobbiamo festeggiare per questo apparente successo della ragione che determina la morte definitiva e la cancellazione dal mercato delle lampadine a incandescenza?

In effetti, a mio parere al di fuori del coro, bisogna considerare una serie di fattori  e i problemi relativi che ne conseguono lasciandoci dubbiosi, con la speranza di compiere un errore di valutazione.

Andiamo con ordine: come tutti ricordano, le lampadine a incandescenza sono costituite da un’ampolla di vetro nella quale al vuoto che si faceva nel passato si è preferito piuttosto introdurre un gas inerte per evitare incidenti ed esplosioni in caso di rottura dell’involucro. All’interno, su un sostegno di vetro, è montato un sottilissimo filo di tungsteno che, al passaggio della corrente all’accensione si riscalda sino a diventare incandescente e produce luce.

Dal punto di vista dell’impatto ambientale tutto il materiale non è pericoloso; unico neo è quello che fa consumare non poca energia durante il suo esercizio.

Le lampadine di nuova concezione che siamo obbligati a usare dal 1 Settembre contengono, come elemento illuminante, vapori di mercurio e funzionano più o meno come i tubi al neon: un loro vantaggio certo è la riduzione consistente dei consumi energetici a parità di potere di illuminazione; a questo si aggiunge una durata di vita media che è stimata in media intorno alle 7-8 volte maggiore di quella delle lampade tradizionali. Sin qui, e non poche, sono le note positive, ma, come sempre c’è anche un altro aspetto tecnico che va considerato.

A quanto sembra, non è noto né esistono indicazioni in merito, di quanta sia l’energia che è necessaria per produrre una lampadina rispetto a quelle ad incandescenza e, quindi, quale il costo non solo economico ma anche ambientale della suddetta produzione.

A questo primo si aggiunge un secondo problema ancora più rilevante che è quello del reale inquinamento che le nuove lampadine producono; infatti, devono essere smaltite secondo precisi vincoli di legge e in siti specifici proprio perché contengono il mercurio che è una sostanza altamente tossica. Anche per questo problema non è chiaro il costo economico per unità né quello relativo allo smaltimento.

Si è cominciato ad affrontare il problema relativamente da poco tempo; sono stati creati consorzi di raccolta e di smaltimento ad hoc. Già lo scorso anno in Italia sono state raccolte alcune centinaia di tonnellate di mercurio ed altri materiali ma, va detto, che purtroppo non tutte le lampade esauste sono state effettivamente recuperate per cui è prevedibile che una percentuale, anche se non quantificabile, siano state eliminate nelle normali discariche di RSU.

Certamente si stanno facendo progressi nella sensibilizzazione dell’utenza, in particolare coinvolgendo anche i grandi Centri commerciali come potenziali siti di raccolta.

In definitiva, se si sommano i costi energetici di produzione unitaria e quelli ambientali di smaltimento non è poi così chiaro se i cittadini ci abbiano effettivamente guadagnato: soltanto tra alcuni anni sarà possibile stilare un bilancio ragionato e vedere se la somma algebrica dei vari addendi risulta positiva.

Un guadagno certo, per ora, lo stanno già facendo comunque i produttori visto che le lampadine ad alta efficienza hanno un costo che è di tre o quattro volte maggiore di quelle a incandescenza.