L’Europa perde il ruolo di mediatore con Israele

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L’Europa perde il ruolo di mediatore con Israele

04 Dicembre 2012

L’Europa si dice molto preoccupata, ma si vede di lato un sorrisetto di malvagio compiacimento. Parigi, Londra, Stoccolma hanno invitato per spiegazioni gli ambasciatori israeliani, anche la Germania condanna. L’Italia per bocca del premier Mario Monti, esprime il suo sdegno in maniera molto pesante anche perchè si unisce alla Francia parlando di “colonizzazioni” israeliane e si preoccupa riconoscendosi nelle dichiarazioni di un persoinaggio che con Israele ha sempre avuto un’antipatia così profonda da comparare a suo tempo l’eccidio terrorista di Tolosa alla morte dei bambini a Gaza, la signora Ashton!

Monti e il resto dei leader europei, dopo aver tutti o quasi votato a New York contro Israele si aspettavano forse che Israele felice e contento della decisione dell’Assemblea Generale opponesse un dolce sorriso. Invece Israele ha reagito, e l’Europa insorge, non sembra capire che ha provocato lei la reazione: no, Israele è cattivo, molto cattivo, cattivissimo, anche se l’ONU l’ha appena aggredito con la risoluzione che stabilisce unilateralmente lo Stato palestinese, senza trattative, senza che Abu Mazen abbia mai riconosciuto lo Stato Ebraico e abbia mai dato garanzie di sicurezza, cancellando tutti i trattati.

Ieri, alla notizia che Israele ha deciso di costruire tremila unità nei pressi di Ma’aleh Adumim, un insediamento molto vicino a Gerusalemme, stabilito e sostenuto da Ytzchack Rabin, l’Europa si è sentita chiamata a proseguire la sua crociata antisraeliana, invece di aprire una riflessione sull’evidente fatto che il voto all’ONU lungi dall’aprire nuove vie verso la pace, alimenta la tensione dell’area. Un Paese attaccato da tutte le parti non può che cercare di mettersi al riparo. Chi conosce il terreno sa che la parte detta E1 non impedirebbe, come ora si sostiene, la continuità di uno Stato palestinese, e sa anche che M’aleh Adumim era una delle zone stabilite da Clinton per i famosi “swap” territoriali, e che persino l’autore dell’iniziativa di Ginevra Yossi Beilin ha sempre sostenuto l’annessione di quel cocuzzolo posto fra Gerusalemme e Jerico.

Preoccuparsi per il “colonialismo” israliano è una forma di incitamento, piuttosto il nostro governo ha il dovere di preoccuparsi del rapido decadimento dell’Europa e dell’Italia dal ruolo di possibili mallevadori per un processo di pace che così intensamente diciamo di auspicare. Ci siamo giuocato questo ruolo, Israele ha subito un attacco concentrico cui ha risposto certamente con un sussulto di orgoglio su cui si può discutere, ma quale diritti invochiamo con le nostre grandi preoccupazioni, che non abbiamo dimostrato all’Assemblea Nazionale? Se si parla con gli israeliani disillusi dall’Europa, la domanda che fanno è: “Ma l’Europa non lo sa che cessammo, su richiesta di Abu Mazen, di costruire per dieci mesi aspettando che tornasse alla trattativa, e l’attesa è stata vana? E non è giusto assicurare la via d’accesso al nostro traffico anche militare dalla Valle del Giordano a Gerusalemme, invece di lasciarla, in mancanza di accordi, nelle mani di chi con noi non vogliono nemmeno parlare?”.

L’Italia sembra convinta di aver compiuto un gesto che finalmente la rimette in riga con i paesi europei, e la propensione per i Paesi arabi è stata sempre caratteristica dell’UE. Oggi poi, nell’incertezza la tentazione di abbracciare i Paesi delle rivoluzioni arabe è grande, e in genere il prezzo richiesto è quello dell’abbandono di Israele. Se guardiamo Bersani che ha annunciato il viaggio in Libia come primo gesto dopo la vittoria, si capisce bene come Laurence d’Arabia sia una sindrome (ma lui teneva per gli ebrei!) tipica della sinistra tradizionale, e lo è in tutta Europa.

Due appuntamenti all’orizzonte: la reazione degli USA, che sarenno certamente negative dopo l’aiuto dato a Israele all’ONU, ma fino a qual punto? Al secondo posto, la riunione dei ministri degli esteri europei il 10 dicembre, che di certo scoverà un’altra pesantissima formula di condanna. Ma tutto questo Israele se lo aspetta. Quello che semmai fa specie è che la campagna elettorale trascini l’ex primo ministro Ehud Olmert insieme a Tzipi Livni, tornata alla politica con un nuovo partito, a immedesimarsi tanto con l’Europa e a dare addosso al loro primo miniustro Netanyahu, dato che ambedue hanno sempre sostenuto le costruzioni di Ma’aleh Adumim… Ma, già, ci sono le elezioni il 22 gennaio.

Tratto da Il Giornale