L’Europa promuove l’Italia ma chiede misure per la crescita

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L’Europa promuove l’Italia ma chiede misure per la crescita

13 Settembre 2011

Prima a Bruxelles, poi a Strasburgo. Il Cav. incassa dall’Europa una pagella con buoni voti anche se l’esame va ancora superato a pieni voti, specie sul capitolo crescita, mentre in Italia impazza il tormentone per il mancato appuntamento coi pm di Napoli sull’affaire Tarantini-Lavitola. Strano paese, il nostro.

Adesso non contano più le misure per rispettare le prescrizioni europee e mettere il paese al riparo dagli speculatori e il più lontano possibile dallo spettro Grecia, non conta neanche più cavalcare l’ondata di malumore popolare per una manovra ‘lacrime e sangue’ (per gli amanti delle statistiche la più pesante – oltre cinquanta miliardi – nella storia della prima Repubblica, più pesante di quelle targate Amato e Prodi).

No, adesso l’unica cosa che conta è far passare un messaggio, soprattutto a Bruxelles: il premier scappa dai pm e ha talmente paura di incontrarli che  s’inventa il summit internazionale, contribuendo così a danneggiare ulteriormente l’immagine dell’Italia. Ragionamento alquanto paradossale.

Per mesi, infatti, le Cassandre del ‘buttiamolo giù con ogni mezzo’ lo hanno accusato di tacere sulla manovra, di stare arroccato nel Palazzo mentre Tremonti stringeva la vite, di non dire una parola sui tagli, di non spiegare al paese in che situazione siamo e come si pensa di uscirne. Quando (era ora)  Berlusconi lo ha fatto, oltretutto intestandosi (nel bene e nel male) la paternità dell’intero impianto, comprese le ultime modifiche su Iva ed età pensionabile per le donne (con buona pace di Tremonti e Bossi) e quando va da Barroso e Van Rompuy a dire che l’Italia non è la Grecia, in un contesto europeo dove la Germania fa la voce grossa ma poi si scopre che calcola il suo debito pubblico con parametri tutti suoi (vedi l’articolo di Massimo Mucchetti sul Corsera) o la Francia che pretende di dettare le condizioni mentre è alle prese con le sue tre principali banche in affanno perché sovraesposte coi titoli di Atene, si dice che è solo una mossa per evitare il faccia a faccia coi magistrati. I quali proprio oggi hanno indicato alcune date possibili, dal 15 al 18 settembre, paventando indirettamente anche una valutazione ‘al momento’ sulla possibile richiesta di accompagnamento coatto.

E allora, se si rispettano le prescrizioni europee si dice che la manovra l’ha scritta Bruxelles e che il governo è ‘commissariato’ dall’Ue; se si va a dire ciò che si è fatto e a ribadire che l’Italia non è la Grecia, si grida ugualmente allo scandalo perché era meglio passare prima dai pm di Napoli.  Strano paese, il nostro.

Di questa manovra si potrà dire tutto il male del mondo – è legittimo in democrazia –, un po’ a torto e un po’ a ragione, ma spingersi a sostenere come oggi fa la sinistra che è un flop totale e un paravento dietro il quale il Cav. tenta di nascondere le due vicende giudiziarie ha quantomeno dell’incredibile. Come il sit-in di protesta organizzato dal Pd di Bruxelles a pochi metri dalla sede del Consiglio Ue mentre il premier incontrava Barroso. In quella sede si parla di Italia, non dei guai giudiziari del premier.

Berlusconi riceve l’apprezzamento di Van Rompuy per la “manovra ambiziosa” che però adesso va tradotta in fatti, oltre alla conferma di “passi importanti per l’Italia e quindi per l’Europa” e un progetto che “va nella giusta direzione”. Ma ai vertici dell’Eurozona, il premier chiede e sollecita il raggiungimento di una governante economica comune, perché – è il ragionamento – siamo tutti sulla stessa barca, nessuno escluso. Il punto è proprio questo:  “in Europa non c’è una politica estera unica, non c’è una governance economica unica, ne’ una politica della difesa”.  Poi passa al contrattacco e il messaggio è per un’opposizione che si attacca perfino alla crisi internazionale per tentare la spallata.

“In Italia in questo momento ci troviamo di fronte ad un paradosso – dice non senza un certo imbarazzo di  Van Rompuy – perchè l’opposizione pur condividendo con la maggioranza la volontà del pareggio di bilancio per il 2013, che oggi qui confermo, e quella di inserire in Costituzione l’obbligo del pareggio del deficit, critica la manovra con un unico desiderio: dare una spallata al governo, senza rendersi conto che così darebbero una spallata all’Italia e con la chiara intenzione di rovinare l’immagine del presidente del Consiglio e rovinando così l’immagine del Paese”. Tutto questo nonostante il fatto che il governo ha accolto alcune proposte dell’opposizione (vedi la spending review targata Pd).

Il Cav. assicura a Van Rampuy nuove misure su fisco e crescita, che il presidente del Consiglio Ue giudica “essenziali per dare fiducia ai mercati”. Ed è anche su questo che l’Italia sarà misurata nei prossimi giorni. Stesso clichè nel faccia a faccia con Barroso e con Buzek, durato più del previsto: Berlusconi non rinuncia a un passaggio sul delicato capitolo delle pensioni sottolineando che se l’Europa “decidesse di dare indicazioni a riguardo i governi sarebbero felici di aumentare l’aumento dell’età per andare in pensione perché obbligati, mentre ora sono in grandi difficoltà perchè se aumentano l’età, perdono voti”.

Poi l’altro passaggio, quello di domani a Montecitorio col voto di fiducia sul provvedimento: “Il parlamento approverà una manovra per 54 miliardi. Il voto rappresenta un segnale importante, perchè i saldi di finanza pubblica sono stati migliorati nel passaggio parlamentare. Non c’è stata nessuna retromarcia nel percorso di approvazione. In tre giorni e mezzo abbiamo formulato una manovra per cinque punti di Pil e abbiamo raccolto le suggestioni di tutti, anche da parte del Pd. Domani sarà approvata senza cambiamenti dopo la fiducia".

Il Cav. ripete che il paese è in grado di sostenere “il suo debito pubblico, che è elevato, ed è eredità dei governi passati, e di pagarne gli interessi”. Ancora: l’Italia ha “banche assolutamente solide e un Pil che è formato da sei milioni di imprenditori e quindi, mettendo insieme debito pubblico e risorse private, siamo appena appena al di sotto della Germania e prima di tutti gli altri paesi europei”.

Domani, dunque, il voto alla Camera: ultimo banco di prova non solo su un pacchetto di misure riviste e corrette in tre mesi, ma anche per la tenuta della maggioranza. Al netto del ‘partito’ dei malpancisti.