L’Europa può sfruttare la crisi russa per la propria sicurezza energetica

LOCCIDENTALE_800x1600
LOCCIDENTALE_800x1600
Dona oggi

Fai una donazione!

Gli articoli dell’Occidentale sono liberi perché vogliamo che li leggano tante persone. Ma scriverli, verificarli e pubblicarli ha un costo. Se hai a cuore un’informazione approfondita e accurata puoi darci una mano facendo una libera donazione da sostenitore online. Più saranno le donazioni verso l’Occidentale, più reportage e commenti potremo pubblicare.

L’Europa può sfruttare la crisi russa per la propria sicurezza energetica

22 Maggio 2009

Si è appena chiuso a Khabarovsk, in Russia, il primo vertice fra l’Unione europea e la Russia dopo la guerra in Georgia dello scorso agosto. Le condizioni politiche ed economiche dei due partner sono profondamente cambiate.  La crisi economica mondiale ha avuto ripercussioni drammatiche per la Russia e ha dato all’Unione europea un inaspettato vantaggio politico rispetto a Mosca. Il vertice di Khabarovsk è l’occasione perfetta perché la UE usi la relativa predominanza economica acquisita in seguito alla crisi economica russa per spingere il Cremlino verso una relazione energetica con Bruxelles più equilibrata e più affidabile.

La UE dovrebbe offrire il proprio appoggio alla Russia per uscire dalla crisi a condizione che Mosca accetti di aprire il proprio settore energetico alle aziende europee. In cambio della propria assistenza, Bruxelles si assicurerebbe un nuovo, enorme mercato per le maggiori aziende energetiche europee. Allo stesso tempo, la UE dovrebbe usare la propria posizione di relativa forza economica per diversificare i propri fornitori. Se le condizioni sociali ed economiche russe dovessero improvvisamente peggiorare, sarebbe di fondamentale importanza per la sicurezza energetica europea poter fare affidamento su gasdotti alternativi a quelli russo-ucraini. Nabucco è la scelta ideale.

La crisi economica mondiale ha colpito la Russia nell’autunno del 2008, scatenando il panico tra gli investitori stranieri: nel solo dicembre del 2008, 130 miliardi di dollari in capitali esteri hanno lasciato il Paese. Il prezzo del petrolio ha iniziato a scendere in luglio: da 143 dollari al barile a sotto 40 dollari in dicembre, spostando gli effetti della crisi dal mercato delle borse, alla vita quotidiana. Nel 2008 beni primari quali il pane, l’olio vegetale e lo zucchero sono tutti saliti in prezzo, il pollo e il latte in particolare sono cresciuti rispettivamente del 44 e 21 percento. Le cose potrebbero peggiorare ancora, prima di migliorare. Per il 2009 il ministero delle finanze russe prevede una contrazione del 2.2 percento del PIL. 

La difficile situazione economica russa pone dei seri problemi sia al Cremlino che a Bruxelles. Secondo la studiosa Lilia Shevstova del Carnegie Moscow Center, la combinazione di tensione sociale ed autoritarianismo potrebbe portare ad un’ondata di populismo: “Se si dovesse verificare una virata a destra, ci troveremmo nella condizione di dover dar ragione ad alcuni degli attuali occupanti del Cremlino, quelli che marmottano cupamente che il regime di oggi è l’acme della civilizzazione a confronto di quello che potrebbe prenderne il posto”.

La UE importa il 42 percento di gas naturale dalla Russia, che tra l’altro fornisce a Bruxelles anche il 33.5 percento di petrolio. La Russia è il primo Paese al mondo per riserve di gas naturale (ne possiede il 26.3 percento). La sua posizione geografica la rende un fornitore ideale e privilegiato per la UE. Tuttavia, la solidità del rapporto energetico tra i due è soggetta a due variabili. In passato la Russia ha ripetutamente utilizzato le proprie forniture di energia a scopi politici. Nel 2006 e 2009 il Cremlino ha sospeso le forniture di gas naturale all’Ucraina per risolvere una disputa relativa ad un aumento dei prezzi, con conseguenze drammatiche per i clienti europei. Non bastasse, le infrastrutture energetiche russe sono obsolete e i siti estrattivi inefficienti. Il che solleva domande inquietanti riguardo la capacità di Mosca di consegnare gas naturale alla UE in modo efficiente e puntuale.

La politica energetica dell’Unione mira a diminuire la propria dipendenza dalle importazioni attraverso un aumento del 20 percento nella conservazione dell’energia e dell’utilizzo di energie rinnovabili e la contemporanea diminuzione del 20 percento dei gas che causano l’effetto serra, il tutto entro il 2020. Questi obiettivi sono alla base della politica energetica detta del “20-20-20” e introdotta nel dicembre del 2008 dal Parlamento europeo e dal Consiglio. Nonostante sia ambiziosa e omnicomprensiva, la “20-20-20” lascia agli Stati membri dell’Unione un ampio margine di disimpegno e opposizione.

Per poter trarre vantaggio dalla crisi economica in cui versa la Russia e garantirsi una maggiore sicurezza energetica, la UE deve concentrarsi su obiettivi minori che assicurino la compattezza del blocco europeo. Se la UE riuscisse a spingere la Russia ad aprire i propri mercati energetici potrebbe conquistarsi l’indiscusso appoggio di tutti gli Stati membri e delle loro industrie di settore. Questo obiettivo non è nuovo alla politica energetica di Bruxelles. La crisi economica russa offre alla UE una inaspettata occasione per raggiungerlo. L’offerta di aiuti economici e tecnici, magari tesi a migliorare le infrastrutture energetiche russe, potrebbe conquistare il favore del Cremlino. E potrebbe anche rivelarsi difficile da rifiutare in un momento in cui i russi stanno iniziando a dubitare dalla capacità del proprio governo di gestire le conseguenze della crisi.

La UE dovrebbe anche sfruttare il momento di relativa debolezza russa per perseguire una maggiore diversificazione dei propri fornitori, appoggiando lo sviluppo di gasdotti che circumvengano la Russia e l’Ucraina. Nabucco sarebbe un buon inizio. Il progetto è disegnato per connettere la regione del Mar Caspio con il Medio Oriente e l’Egitto attraverso la Turchia, senza attraversare la Russia. Nonostante l’opposizione di quest’ultima, Nabucco sta facendo progressi: all’ultimo summit UE a Praga, l’Egitto e la Georgia hanno deciso di aderire al progetto. Molto resta da fare.

Nel Libro Verde intitolato “Towards a Secure, Sustainable and Competitive European Energy Network” pubblicato alla fine del 2008, la UE sottolinea come una delle difficoltà centrali nella pianificazione e realizzazione di percorsi energetici alternativi sia rappresentata dai: “rischi politici, di sicurezza e non commerciali associati ai progetti per le nuove infrastrutture” e come essi rappresentino: “un enorme disincentivo per le compagnie private che non sono pronte ad affrontare le incognite del ‘fare la prima mossa’”. Se la UE vuole veramente emanciparsi dalla dipendenza energetica russa deve incentivare le industrie nazionali del settore energetico ad investire in gasdotti alternativi a quelli russi. La vulnerabilità economica russa fa si che la UE si trovi in una posizione avvantaggiata per sconfiggere l’opposizione politica contro Nabucco. Ma solo con il totale appoggio (finanziario) di Bruxelles Nabucco potrà finalmente volare  sulle sue ali dorate.

Il vertice di Khabarovsk offre alla UE l’opportunità di ridefinire la propria relazione energetica con Mosca. La relativa debolezza economica russa è un vantaggio consistente per l’Unione. Se la UE dovesse riuscire ad unirsi compatta nel tentativo di aprire il mercato energetico russo alle aziende europee e alla costruzione di Nabucco il vertice di oggi potrebbe davvero dare inizio ad una nuova era nella relazione energetica con Mosca.