L’Europa riconosca che le banche popolari finanziano l’economia reale

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L’Europa riconosca che le banche popolari finanziano l’economia reale

19 Gennaio 2012

Ieri sono stati auditi presso la Camera dei Deputati i rappresentanti dell’Associazione Nazionale fra le Banche Popolari nell’ambito dell’esame della proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento, della Proposta di direttiva sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale degli enti creditizi e delle imprese di investimento.

Nell’ambito dell’audizione è stata ribadita con forza l’inopportunità di dare seguito a norme che mortifichino il pluralismo delle forme d’impresa, che rappresenta un principio di democrazia economica e una risorsa per gli stessi mercati.

Al riguardo è stata sottolineata la capacità del modello di banca popolare cooperativa di svolgere, in particolare nelle fasi recessive come l’attuale, una importante funzione anticiclica continuando a sostenere, non senza difficoltà, famiglie ed imprese.

Nel suo intervento il Presidente di Assopopolari, avv. Carlo Fratta Pasini, ha espresso la posizione dell’Associazione nei confronti di una normativa del tutto omologante: "Le nostre osservazioni sono riferite principalmente all’insufficiente considerazione delle peculiarità strutturali delle Banche Popolari e Cooperative nella disciplina europea sui requisiti di capitale".

Ha poi proseguito: "In ottica generale sussistono due aspetti della riforma che intendiamo rilevare criticamente e sui quali l’Assopopolari e l’EACB (European Association of Co-Operative Banks, ndr.) hanno già manifestato il loro dissenso presso le istituzioni europee. Il primo riguarda la scelta di assoggettare i principali contenuti della proposta di revisione ad un Regolamento, che come tale ha efficacia normativa immediata in ciascuno degli Stati membri, impedendo ai Parlamenti dei singoli paesi dell’UE la possibilità di modulare i dettami della riforma in base alle specificità dei modelli di sviluppo delle rispettive economie".

"Il secondo aspetto – sostiene Pasini –  riguarda l’assenza di una qualche considerazione per il principio di proporzionalità, in forza del quale la regolamentazione prudenziale dei singoli Paesi riconosce da tempo la diversità degli intermediari creditizi in termini di dimensione, forma giuridica (banche commerciali, cooperative, ecc.), complessità operativa e propensione al rischio".

"Nella definizione della riforma – ha concluso Pasini – la Commissione Europea ha disposto vincoli uguali per tutti, tanto per le banche propense al rischio, quelle cioè che hanno dato origine alla crisi, quanto per le quelle retail, che come le Banche Popolari e Cooperative non hanno mai smesso di finanziare l’economia dei territori di riferimento".