Libano, crescono i timori di colpo di stato

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Libano, crescono i timori di colpo di stato

14 Luglio 2007

Il Libano si trova al centro di una partita a scacchi molto importante,
giocata dagli Usa, Israele, Siria e Iran. Già lo scorso novembre Hezbollah –
col supporto dei suoi sponsor a Teheran e Damasco – ha organizzato
manifestazioni di massa per costringere il premier Siniora a cedere alla
richiesta di un governo di unità nazionale. La minaccia rappresentata da
Hezbollah non aveva mancato di allarmare sia la Casa Bianca che i governi
europei. Allarmare ma non sorprendere, alla luce della cronica instabilità del
Libano. La guerra tra Israele ed Hezbollah dell’estate dello scorso anno è
stata la sola occasione in cui il mosaico di fazioni e gruppi religiosi che
compone la struttura sociale del paese si è trovato finalmente ad essere compatto,
per quanto contro la legittima reazione dello Stato ebraico allo stillicidio di
provocazioni dell’organizzazione terrorista sciita.

Sulla scia di questi eventi, il Memri (Middle East Media Research
Institute) nei giorni scorsi ha reso noto che alcuni giornali arabi e
israeliani hanno avanzato l’ipotesi dello scoppio di un violento conflitto in
Libano a partire dalla metà di luglio, in corrispondenza d’importanti eventi
politici, come la riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu in merito
all’applicazione della risoluzione 1701 (che chiede la fine delle ostilità tra
Hezbollah e Israele) e la preparazione di un report da sottoporre alle Nazioni
Unite riguardante l’omicidio del primo ministro libanese Rafik Hariri.

Guarda caso, il 5 luglio l’agenzia stampa iraniana IRNA ha reso nota l’intenzione delle
autorità di Damasco di procedere al rimpatriare dei cittadini siriani residenti
in Libano. La notizia è stata ripresa dal giornale arabo-israeliano al-Sinara
che riportava fonti libanesi vicine a Damasco. Anche il quotidiano libanese
al-Liwa ha pubblicato la notizia di un probabile ritorno dei lavoratori
e degli studenti siriani nel loro paese d’origine.

Venti di tempesta spirano dunque sul Libano. Mentre secondo l’IRNA
il rimpatrio dei siriani è riconducibile all’ultimatum con il quale il presidente
libanese Emil Lahoud, alleato di Damasco, ha chiesto all’opposizione di agire per
risolvere la crisi politica, al-Sinara e al-Liwa ritengono che il governo siriano necessita di riservisti
per infoltire l’esercito in previsione di un attacco da parte israeliana.

Ma non è tutto. Stando al quotidiano libanese al-Akhbar, vicino
all’opposizione, Hezbollah e il presidente Lahoud hanno minacciato d’instaurare
un governo parallelo se entro il 15 luglio il premier Siniora non cederà alle
loro richieste. In proposito, un anziano membro dell’opposizione ha confidato
al giornale che, nell’eventualità della formazione di un governo parallelo,
l’esercito libanese sarebbe rimasto almeno inizialmente su posizioni neutrali e
che la gran parte delle regioni in cui il Libano è suddiviso si sarebbe
schierata dalla parte del governo illegittimo e non di quello Siniora. 

Il quotidiano di Beirut al-Mustaqbal, legato al fronte antisiriano
detto del 14 marzo (dal giorno dell’omicidio di Hariri), sottolinea che il governo
parallelo avrebbe sotto di sé tutto il Libano meridionale roccaforte di
Hezbollah proprio a confine con Israele e la Siria.

A parere di Nusair al-As’ad, giornalista di al-Mustaqbal, sarebbero in corso delle manovre per
un presunto colpo di stato appoggiato da Teheran e Damasco. La minaccia di dar
vita a un governo alternativo può essere inquadrata proprio in quest’ottica.
D’altra parte, ricorda al-As’ad, il presidente siriano Bashar al-Assad aveva
detto al Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, che la
situazione in Libano si stava rapidamente “evolvendosi verso una guerra
civile”. Una dichiarazione quantomeno sospetta alla luce di quanto sta
accadendo. Sempre secondo al-Mustaqbal, Hezbollah si starebbe preparando
militarmente al colpo di stato nei campi di addestramento nel Libano del sud
(peraltro in piena violazione della risoluzione 1701 delle Nazioni Unite che
richiede la cessazione di ogni attività militare nella regione). al-Mustaqbal
ha poi ventilato un’altra preoccupante ipotesi: la volontà di militarizzare
la valle della  in vista di un possibile
attacco ad Israele. Non si tratta di semplici illazioni o notizie campate in
aria. Nella Beqa’ giungono in continuazione camion che trasportano armamenti e
recentemente si è svolta una parata militare cui hanno partecipato centinaia attivisti
di Hezbollah. Come se non bastasse, la valle ospita numerosi campi di
addestramento che danno ospitalità anche a organizzazioni direttamente legate
alla Siria.

Il governo Siniora corre davvero seri pericoli e in Iran il passaggio
del dossier libanese dalle mani del Segretario del Consiglio di Sicurezza
Nazionale, Ali Larijani, a quelle del ministro degli Esteri, Manuchehr Mottaki,
ne è un’ulteriore conferma. Larijani non vede di buon occhio un’escalation
della conflittualità tra sciiti e sunniti in Libano ed è contrario alle
eccessive ingerenze della Siria negli affari interni libanesi. Ma evidentemente
la posizione di Mottaki e della fazione più interventista dei vertici iraniani
ha avuto la meglio. I timori già espressi tempo fa dal portavoce della Casa
Bianca, Tony Snow, su un possibile golpe dell’asse Iran-Siria-Hezbollah contro
il governo democratico di Siniora, si stanno rivelando fondati.