Libano: Hezbollah sconfitta alle urne, esulta la coalizione antisiriana
08 Giugno 2009
Questa mattina l’Hezbollah ha riconosciuto la sconfitta. La formazione politico-militare sciita sostenuta da Siria e Iran, che si era presentato alle urne alleato con gli altri sciiti di Amal e con i cristiano-maroniti del generale Michel Aoun (il vero sconfitto di questa tornata elettorale), non ce l’ha fatta a superare le forze del “14 Marzo”, la coalizione filo-occidentale guidata dal sunnita Saad Hariri, figlio di Rafik, l’ex premier brutalmente assassinato nel 2005, alleato dei partiti cristiani di Geagea e Gemayel e dei drusi di Jumblatt.
Il risultato elettorale, ancora non del tutto ufficiale (ma sono stati scrutinati circa il 90 per cento dei seggi) darebbe 71 seggi al movimento del 14 Marzo, lasciandone 57 all’opposizione. L’affluenza è stata alta, tanto che è stato evidenziato come siano andate a votare anche persone malate.
“Il 14 marzo ripete la sua vittoria ottenendo la maggioranza”, titola al Mustaqbal, il giornale legato ad Hariri. “I nostri avversari hanno perso e il Libano ha vinto”, scrive Asharq al Awsat, uno dei più diffusi quotidiani del mondo arabo che fa capo all’Arabia Saudita – a sua volta sponsor del movimento 14 marzo.
“I lealisti si aggiudicano la maggioranza dei seggi in parlamento – ha aperto stamattina la tv di Hezbollah, Al Manar – e l’opposizione riconosce il risultato”. Nonostante la sconfitta, Hezbollah ha confermato il suo assoluto predominio nel Sud e nella Valle della Bekaa, dove, sempre secondo Al Manar, c’è stato un vero e proprio “plebiscito” per il Partito di Allah.
Non va sottovalutato l’esito su base confessionale del voto che, ancora una volta, conferma la complessità del puzzle libanese e di conseguenza la divisione tra le varie comunità, sunniti, sciiti, cristiani. Non a caso la stampa filo-Hezbollah parla di un “parlamento spaccato”. Ad essere divisa è soprattutto la comunità cristiana, con i fedelissimi di Aoun pesantemente ridimensionati mentre si rafforzano le componenti cristiane legate al 14 Marzo.
Il voto, fortunatamente, non è stato macchiato da episodi di violenza, nonostante le piazze del Paese si siano riempite di militanti delle diverse formazioni politiche che agitavano i loro colori. I malumori e le scaramucce, quando sono avvenute, sono state sedate dall’imponente schieramento di polizia e forze dell’ordine che hanno vegliato sulle urne.
I problemi, se mai, potrebbero sorgere adesso. Se infatti non si dovesse dar vita a un governo di unità nazionale che includa Hezbollah, prosecuzione di quello in carica guidato dal premier Siniora, frutto degli accordi di Doha del maggio 2008, i miliziani sciiti potrebbero riprendere la strada dell’intimidazione e della violenza per raggiungere i propri scopi. Il capo dello Stato, Michel Suleiman, è favorevole a un tale esito, malgrado la portata dei risultati delle urne consentirebbe alla coalizione vincitrice di governare in piena autonomia, senza dover concedere ad Hezbollah alcun diritto di veto sulle sue decisioni. Dello stesso parere di Suleiman sembra essere il leader druso Walid Jumblatt, che ha indirizzato un chiaro messaggio ai suoi alleati: “Non isolate gli altri partiti”. Hariri, che aveva detto "chi vince governa e chi perde sta all’opposizione", poche ore fa ha affermato che "in queste elezioni non ci sono né vincitori né vinti, ha vinto il Libano", aprendo, almeno in apparenza, all’ipotesi del governo di unità nazionale.
Va comunque considerato che il destino del Libano è legato ad un contesto geopolitico più ampio in cui svolgerà un ruolo determinante la prossima tornata elettorale in Iran.